L’Editoriale di Andrea Antonuccio
Care lettrici, cari lettori,
apriamo questo numero con l’omelia del nostro vescovo alla Veglia Pasquale, celebrata domenica scorsa alle 5.30 del mattino. Noi di Voce e delle Comunicazioni sociali della diocesi c’eravamo: sia per assicurare le riprese e la trasmissione in streaming, sia per partecipare alla Veglia (un po’ assonnati, almeno all’inizio). Pensavo, in tutta onestà, che non avrei visto molta gente in Cattedrale, a quell’ora. Ebbene, mi sono dovuto ricredere: non c’erano solo volti “conosciuti”, sulla cui presenza avrei potuto anche scommettere. Nel chiarore (e nel silenzio) dell’alba arrivavano via via persone che non avevo mai visto alle celebrazioni del vescovo. E, piano piano, la Cattedrale si è riempita… non completamente, certo, ma al di là delle mie più rosee aspettative.
E allora mi sono chiesto: perché queste persone si sono alzate così presto? Che cosa sono venute a cercare? Con queste domande in mente, ho seguito la celebrazione con più attenzione del solito. Sono rimasto colpito dal silenzio che si era creato in Cattedrale. Tra quei banchi, a quell’ora, dietro quelle mascherine non c’erano i “turisti del sacro”, quelli che vanno a Messa la domenica “per tradizione”. Quelli, per intenderci, il cui silenzio è assenza di parola, non attesa di salvezza…
No, alle 5.30 del mattino, in Cattedrale, c’erano uomini e donne che chiedevano qualcosa al Signore, e per questo si erano alzati prima del solito, magari faticosamente (come è stato per me e per mia moglie). Non c’è stata una parola di troppo, nella Veglia (che è durata quasi due ore e mezza): anche l’omelia del vescovo è stata più breve del solito. Di fronte a un fatto, di fronte all’avvenimento di Cristo risorto non c’è bisogno di fare tanti commenti. Chi, se non un vivo, può farti alzare alle 4.30 del mattino per andare a trovarlo?
Andrea Antonuccio
direttore@lavocealessandrina.it
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