Collegio Santa Chiara
Offrire la mia parola, ascoltare il silenzio, fare servizio: sono questi i tre cardini su cui poggia la proposta formativa che l’équipe del Santa Chiara ha pensato per far vivere agli studenti residenti un momento dedicato alla Quaresima. Tre momenti lungo i 40 giorni che ci separano dalla Resurrezione, per provare a essere più consapevoli di quello che è successo a Cristo e di quello che accade dentro noi stessi. Abbiamo chiesto alla direttrice del Collegio, Carlotta Testa (nella foto qui sotto), e al cappellano don Andrea Alessio (a destra, nella foto in basso) di spiegarci meglio che cosa hanno organizzato.
Carlotta, perché avete deciso di coinvolgere i ragazzi in un percorso di Quaresima?
«Quest’anno abbiamo la fortuna di avere un cappellano al Santa Chiara e la proposta è nata proprio da don Andrea, che ha portato all’attenzione dell’équipe il fatto che nonostante il nostro sia un Collegio laico e aperto a tutte le culture, la nostra appartenenza è molto chiara. È nato quindi il desiderio di accompagnare i ragazzi a vivere questa Quaresima, anche solo per familiarizzare con il concetto, attraverso una proposta in grado di portare “nell’aria”, nei corridoi, un certo tipo di attenzione all’ascolto di sé, alla riflessione e al servire l’altro».
Mercoledì 2 marzo: offrire la parola. Come si è svolto questo primo momento?
«Non si tratta di un gesto che si è concluso quel giorno: la possibilità di offrire intenzioni di preghiera rimane aperta fino a Pasqua. Abbiamo allestito nella nostra Cappella un cesto con dei biglietti e con dei pennarelli e abbiamo invitato i nostri ragazzi a passare di lì, a sedersi e raccogliersi qualche minuto e a lasciare un pensiero, un’intenzione di preghiera su quei foglietti, anche in forma anonima. Su tutte le sedie abbiamo messo il Vangelo, perché chi vuole possa sfogliarlo. Ogni settimana il lunedì, durante la Messa di Collegio apriamo le intenzioni lasciate dagli studenti, le leggiamo ad alta voce e preghiamo per loro».
Vedi già un cambio di atteggiamento nei ragazzi a seguito di questa proposta?
«Si, a questo proposito vorrei raccontare un piccolo episodio legato proprio alle intenzioni di preghiera. Proprio nei giorni in cui abbiamo iniziato la proposta dei “Quaranta giorni”, nella foresteria del nostro Collegio è arrivato un giovane, sempre studente universitario, che si sarebbe fermato con noi per un breve periodo per un tirocinio presso la Borsalino. I ragazzi residenti da più tempo lo hanno conosciuto e accolto. Dopo qualche giorno, la mamma di questo ragazzo mi chiama e mi dice che il figlio è stato colpito da una malattia improvvisa e molto grave e che non sarebbe rientrato da noi perché era ricoverato in ospedale. Parlando con i ragazzi è venuta fuori l’idea di scrivere noi un biglietto per lui nelle intenzioni messe nel cestino in cappella: la parola che abbiamo speso per lui è “guarigione”. Così nelle prossime settimane la sua guarigione sarà nella nostra Messa del lunedì».
E cosa avete pensato per il momento di adorazione?
«Una proposta estremamente semplice: un’esperienza di silenzio e di ascolto di fronte alla presenza di Gesù Eucaristia, guidata da don Andrea con delle letture e alcuni canti. Abbiamo pensato a un momento volutamente “essenziale” per stare davanti al Signore così come si è, con i propri pensieri e fatiche, ma tutti insieme e soprattutto con Lui. L’adorazione è stata vissuta dall’équipe mercoledì 30 marzo come momento di preghiera per i nostri giovani: sia del Collegio sia del mondo intero, soprattutto in questo delicato momento storico».
Domenica 3 aprile: servire il prossimo. Cosa accadrà in questo giorno?
«È l’ultima tappa del nostro cammino di Quaresima: ci teniamo molto perché l’idea è di concludere questo percorso svolgendo un servizio per il prossimo insieme come comunità di Collegio. Abbiamo quindi pensato di andare una domenica pomeriggio a servire la cena per i poveri in Caritas. Prepareremo quello che è necessario per il pasto, lo distribuiremo e staremo con chi verrà a mettersi in coda: è un modo per fare un servizio insieme, per costruire la comunione tra di noi mettendoci a disposizione dell’altro, con grande semplicità. A voce ho già ricevuto parecchie adesioni, spero che aumentino ancora!».
Come stai vivendo tu questa Quaresima?
«Qualche giorno fa ho ascoltato una catechesi che mi ha molto provocato. La domanda che la guidava era: “Chi è per te Gesù?”. Mi sono detta che per questa Quaresima devo rispondere alla domanda “Chi è per me Gesù?” nella vita di tutti i giorni, nelle mie scelte quotidiane».
Parla don Andrea: «C’è bisogno di pregare insieme»
Don Andrea, tu sei il cappellano del Collegio: come nasce l’idea di questo percorso?
«L’ho pensato assieme all’équipe perché mi sono accorto nel corso dell’anno che nei ragazzi c’è un bisogno di spiritualità ma anche per offrire un’occasione di preghiera comune, data la situazione internazionale».
I ragazzi manifestano un interesse nei confronti di qualcosa che li trascende?
«Mi accorgo che alcuni dei residenti in Collegio passano velocemente in chiesa a dire una preghiera, quando non c’è nessuno, mentre altri mi chiedono esplicitamente di portare loro un rosario o di confessarli».
Come sta andando la tua esperienza di cappellano del Collegio?
«Con il tempo vedo che i ragazzi mi avvicinano con molta tranquillità e mi parlano volentieri, spero davvero che questo buon rapporto che ho instaurato con loro possa mantenersi nel tempo. Mi confronto con loro durante gli incontri programmati o nella messa del lunedì, ma chiacchieriamo anche in cucina o nel salone. Mi chiedono perché ho scelto di farmi sacerdote, che cosa faccio durante la giornata, parliamo ovviamente anche della guerra. Le domande più impegnative devo dire che mi sono state rivolte mentre si discorreva di argomenti leggeri, sulla panchina. Per me avere a che fare con ragazzi di quest’età è una novità, quindi cerco di ascoltare molto prima di dire la mia».
Cosa ti sta dando questo percorso di avvicinamento alla Pasqua assieme a loro?
«Mi aiuta a vedere aspetti della Quaresima da altri punti di vista. Gli studenti mi danno l’occasione di confrontarmi su cose che per me sono per scontate: per esempio mi chiedono se ha ancora senso fare il digiuno in questo periodo dell’anno. Le loro domande mi aiutano a vivere meglio e con più profondità certi momenti che per me erano un’abitudine. Aspetto poi la giornata del 3 aprile: vedo che nei ragazzi c’è voglia di fare, di dare una mano e di essere d’aiuto e sono felice di fare questo servizio con loro».
Zelia Pastore
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