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La Recensione – La vita merita di essere vissuta

Fulton John Sheen oggi è un nome che probabilmente non ci dice nulla, ma ai telespettatori americani di qualche decennio fa avrebbe subito acceso una lampadina; si tratta infatti di un pioniere della comunicazione del vangelo, prima alla radio e poi in televisione, negli Stati Uniti del secolo scorso. Nato a El Paso (Texas) nel 1895, ordinato presbitero a Peoria (Illinois) nel 1919 e vescovo nel 1951, fu ausiliare di New York, padre conciliare al concilio Vaticano II, Ordinario di Rochester dal 1966 al 1969, anno in cui fu promosso arcivescovo e si ritirò. Morì nel 1979 e venne sepolto su sua richiesta nella cattedrale di New York. Nel 2012 Benedetto XVI lo proclamò Venerabile, in attesa di quella beatificazione che oggi è paradossalmente bloccata a causa di un contenzioso fra la diocesi di Peoria e quella di New York a proposito della ricognizione delle sue spoglie mortali. Fede & Cultura ha pubblicato qualche mese fa il suo “La vita merita di essere vissuta”, apparso originariamente nel 1953 (pp 223, euro 18), che propone la trascrizione dei suoi interventi televisivi. In essi traspare la passione per le vicende del suo tempo, con filo conduttore le tensioni della “guerra fredda” con il pericolo nucleare: «Il mondo non ha voluto la guerra, ma ha voluto uno stile di vita che l’ha generata. In tal senso essa è un giudizio di Dio» (p. 17). È diffuso nel testo anche un forte anticomunismo: «Come Hitler ha messo l’accento sulla razza, come Mussolini lo fissò sulla nazione, così i comunisti lo pongono sulle masse rivoluzionarie» (p. 58). L’antidoto sarebbe il recupero della centralità della persona umana, dato che il «pericolo grave, nelle democrazie, è che il popolo possa diventare “massa”» (p. 178). In effetti, «molte idee definite “moderne” non sono altro che gli antichi errori presentati con una nuova etichetta (p. 28). Molti gli spunti morali: eccone alcuni. L’umiltà non è «una sottovalutazione, e non è umile una persona di alta statura se dice: “No! Io non sono alto: sono appena un metro e 90”. Una grande cantante non è umile quando dice: “Oh, no! Le mie note medie sono insopportabili”. Ma è umile nel caso in cui dicesse: “Grazie, ma devo tutto al Signore”» (p. 39). «Noi diventiamo simili a ciò che amiamo: se quel che amiamo è basso, diventiamo bassi; ma se quel che amiamo è nobile, ci nobilitiamo» (p. 63). «L’io con cui siamo costretti a vivere può essere il nostro massimo castigo» (p. 114). «La vita è come un gioco di carte: le carte che ci vengono distribuite non dipendono da noi, ma il modo in cui giocarle sì» (p. 166). Speriamo che il buon senso fra le diocesi americane possa presto consentire la ripresa del processo di beatificazione di questo grande apostolo delle comunicazioni moderne.

Fabrizio Casazza

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