Laureata in filosofia all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, Cristiana Caricato ha iniziato la sua attività giornalistica nell’agenzia radiofonica News Press, per poi approdare a Tv2000, di cui oggi è Vaticanista. Per la tv dei vescovi ha curato e condotto il programma di informazione ecclesiale “Mosaico”, ha realizzato diversi reportage sulla Chiesa nel mondo e in Italia, seguendo i pontificati di Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e papa Francesco. Insieme con Alessandra Buzzetti nel 2017 ha pubblicato “Ho incontrato Francesco. Papa Bergoglio raccontato dai protagonisti del nostro tempo” per le edizioni Paoline.
Cristiana, quando è stato il tuo primo viaggio “papale”? E con chi?
«È stato nell’agosto del 2002, il nono viaggio in Polonia di san Giovanni Paolo II. Ancora oggi ricordo bene il suo sguardo durante il ritorno a Roma: era consapevole che quella sarebbe stata l’ultima volta che avrebbe rivisto la sua amata patria. I piloti della Lot, le linee aeree polacche, in quell’occasione gli “regalarono” un volo a bassa quota per fargli vedere i fuochi accesi per lui fino all’ultima linea di confine della Polonia. Il ringraziamento del popolo nei suoi confronti».
Commovente…
«Mi emozionai moltissimo. Tieni presente che chi fa il primo viaggio con il Papa ha la possibilità di stare davanti e fare una foto insieme con lui. Io allora mi accomodai accanto alla sua poltrona, e lo vidi completamente assorto nei suoi pensieri. Era palpabile la fortissima nostalgia per la sua patria. Provai una infinita commozione, capivo che il suo cuore era lacerato. Per lui fu un viaggio molto duro».
Il viaggio più sorprendente?
«Ogni viaggio riserva sorprese e imprevisti. Non potrò mai dimenticare il viaggio in Germania con Benedetto XVI, l’arrivo a Colonia con la nave che solcava il fiume… Era uno spettacolo vedere questo Papa così sorpreso, proprio come fosse un bambino. Benedetto aveva sempre un fare “fanciullesco”. Forse è il Pontefice che ha mostrato più stupore per la realtà, per le cose che accadevano intorno a lui».
Ma com’è la vita del Vaticanista?
«È una vita d’inferno! (ride). Ci svegliamo all’alba perché dobbiamo precedere il Papa, arrivando nei luoghi delle visite prima di lui. Con Francesco questo è particolarmente difficile: di solito ha un’agenda molto fitta e una resistenza impressionante. Una volta, in volo con lui verso Santiago del Cile, gli ho chiesto: “Ci dice che cosa le dà il suo medico, così lo prendiamo anche noi che arranchiamo dietro a lei?”».
E lui che cosa ha risposto?
«Mi ha guardato e mi ha detto: “Ma io non vado dal medico, vado dalla strega!”. Tra le risate generali…».
Torniamo alla vita da Vaticanista.
«Dormiamo pochissimo, di solito ci alziamo alle 5 del mattino. Una volta negli Stati Uniti ci hanno svegliato alle 3… spesso non c’è tempo per mangiare o per andare in bagno! E’ una vita molto faticosa, anche se è certamente privilegiata. Si vivono momenti fondamentali per la nostra epoca. Devo dire che è difficile metabolizzare le tante emozioni che si provano, a volte non c’è tempo di assorbire la storia che passa in questo modo… ma noi abbiamo comunque la responsabilità di rendere tutto questo comprensibile per chi ci ascolta o ci legge».
Che rapporto c’è tra voi giornalisti che viaggiate con il Papa?
«C’è un rapporto di grande aiuto e collaborazione. D’altronde, siamo quasi sempre i soliti, un nucleo per così dire “storico”. E quindi ci conosciamo bene tutti».
Per la tua fede, che cosa vuol dire seguire in questo modo il Santo Padre?
«Per me è un’opportunità enorme di verificare ogni volta la paternità del Vicario di Cristo nella mia vita, il suo essere rappresentante del Signore. Ho la grande fortuna di poter vivere e raccontare questa paternità. Il mio è anche un punto di osservazione privilegiato: mi fa venire a contatto con il “meglio” della speranza che la Chiesa sa esprimere, spesso attraverso incontri con persone che vedono nel Papa la conferma della loro fede. Mi permette anche di cogliere la bellezza dell’esperienza ecclesiale nel mondo, la sua universalità. I viaggi apostolici sono l’occasione di verificare che è veramente Gesù Cristo la risposta al cuore dell’uomo».
Una tua impressione sulla visita di papa Francesco in Irlanda.
«Quello che mi è rimasto più impresso, oltre al bellissimo incontro con le famiglie, è stata la fede degli irlandesi, così ferita da scandali terribili, eppure così tenace. La folla ha cercato il Papa. Questo “racconta” la Chiesa più di qualsiasi altra considerazione, questo è il positivo: la certezza che il male comunque non prevale».
Andrea Antonuccio