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«Affettività e sessualità: è emergenza educativa»

“DIFENDIAMO I NOSTRI FIGLI”

«Affettività e sessualità: è emergenza educativa»

Dopo la “bagarre” dell’Al Pride del 1°giugno (con polemiche che hanno investito anche il nostro settimanale), pubblichiamo il volantino di giudizio del Comitato “Difendiamo i nostri figli” di Alessandria e Valenza (lo trovate a pagina 4 e 5). Non solo: abbiamo chiesto ai due referenti locali del Comitato, Isa Zanotto e Alberto Bisio, di raccontarci come nasce e che obiettivi ha il Comitato che rappresentano.

Isa, Alberto: da dove “sbucate”?
Isa: «A livello nazionale, il Comitato è nato dall’esigenza di rendere stabile l’esperienza dei “Family Day”. Quel popolo era una maggioranza silenziosa ma non inesistente, e chiedeva di avere una voce. Ecco, il Comitato è questa voce».

E qui da noi?
Alberto: «Qui da noi è nato da due anni. Io e mia moglie eravamo stati ai “Family Day” del 2015 e del 2016, e dopo esserci confrontati con alcuni amici abbiamo deciso di iniziare questo cammino. Il nostro primo atto pubblico è stato un sit-in nel settembre 2017, davanti all’ufficio scolastico territoriale di Alessandria».

Per quale motivo?
I: «Cominciavamo a renderci conto che stava prendendo piede nella scuola, sotto il cappello di iniziative di prevenzione e contenimento del bullismo, una serie di progetti formativi per docenti e alunni che in modo subliminale proponevano dei contenuti mutuati dall’ideologia gender. E quello che ci sembrava più preoccupante era che le famiglie non erano state minimamente consultate: né a livello nazionale, né a livello di singola scuola».

Come avete proseguito?
A: «Abbiamo seguito quello che il Comitato nazionale, guidato da Massimo Gandolfini, ci ha suggerito. Abbiamo affrontato le Dat (Disposizioni anticipate di trattamento, ndr) in un incontro pubblico alla Taglieria del Pelo, con una cinquantina di persone. Poi c’è stata la testimonianza di Gianna Jessen, a cui hanno partecipato oltre 350 persone; e infine, qualche settimana fa, l’incontro con Luca Di Tolve».

Veniamo al “Pride” del 1° giugno. Intanto: siete andati a dare un’occhiata?
I: «Io no».
A: «Io sì».

Alberto, tu che cosa hai visto?
A: «Quello che mi ha colpito, come genitore, è stato osservare dei bambini che hanno ascoltato e visto parole e immagini che per la loro età non sono per niente educative. Mi riferisco al simbolo della vagina esposto in bella mostra, o agli insulti nei confronti di Emanuele Locci».

Solo questo?
A: «No. Mi ha colpito anche la questione della famiglia “tradizioAnale”: si mette in discussione la famiglia per ciò che essa è, e si torna all’ideologia del gender».

Come pensate di rispondere a questi attacchi alla famiglia?
A: «La novità più interessante è il documento a firma del prefetto della Congregazione per l’educazione cattolica, il “nostro” cardinale Giuseppe Versaldi, intitolato “Maschio e femmina li creò. Per una via di dialogo per la questione del gender nell’educazione”, uscito proprio in questi giorni. Viene ribadita la necessità che sul gender si dialoghi, senza però rinunciare alla propria identità. Noi vogliamo fare proprio questo».

I: «Per me la risposta non può ridursi a un intervento reattivo su un piano puramente polemico, perché non porterà nessun frutto. È giusto ribadire la dottrina, e credo che in questo i pastori dovrebbero esercitare un ruolo più coraggioso. A noi laici spetta il compito di porre dei gesti di segno diverso, anche attraverso la testimonianza nostra e delle nostre famiglie. È possibile vivere pienamente oggi in un modo che è considerato non più attuale. Non siamo gli “sfigati medievali”, come ci ha definito il vice premier Luigi Di Maio. E non viviamo una vita di m****, come pensa la Cirinnà (ride, ndr)».

Quanto vi sentite supportati, nel mondo cattolico locale e nazionale? Non tutti sembrano essere d’accordo con voi…
A: «Non molti sono d’accordo con noi, in effetti. A noi tocca questo lavoro di risveglio culturale, sociale e politico che caratterizza la storia della nostra Europa, dalle sue radici giudaico-cristiane. Non è sempre facile, ma il numero di chi ci segue cresce, e abbiamo trovato interlocutori anche sul piano politico».

I: «Tanti non ci hanno sostenuto, è vero. Però con quelli che lo hanno fatto è nata un’amicizia che per me è un dono, frutto di questa avventura. Ed è un dato certamente positivo».

Al Pride c’erano moltissimi giovani, anche quelli che bazzicano normalmente le parrocchie e le associazioni cattoliche. Che cosa ne pensate?
A: «Un comportamento così ambiguo dimostra che è in atto una emergenza educativa sull’affettività e sulla sessualità, di fronte a posizioni, quelle del Pride, che negano la complementarietà delle differenze tra uomo e donna. Tutto questo destruttura le famiglie di domani».

I: «È una circostanza che ci sfida, perché mette in luce impietosamente un vuoto di proposta che innanzitutto è dipeso da noi, e che gli altri hanno riempito con proposte apparentemente più attraenti. Dobbiamo abbandonare l’atteggiamento condiscendente e timoroso, che non è dialogo, per esercitare una responsabilità storica che non possiamo delegare ad altri. La numerosa partecipazione al Pride mette in luce che comunque giovani e meno giovani, anche se non se ne rendono conto, attendono una proposta di significato per la loro vita, capace di aggregare le persone intorno a degli ideali. Bisogna vedere quali…».

Avete fatto dei tentativi per dialogare con chi non la pensa come voi?
I: «Al momento è una strada ancora da tracciare. Credo tuttavia che la prima premessa del dialogo sia il rispetto reciproco, per cui non può pretendere il rispetto chi a priori offende gratuitamente».

A: «Siccome solitamente si dialoga in due, noi dalla nostra siamo disponibili. Lasciamo “decantare” le tensioni e il clamore spettacolare, e… chissà!».

Se qualcuno volesse saperne di più?
Isa e Alberto: «Siamo a disposizione per qualunque informazione. Il nostro indirizzo email è: alessandriavalenza@ difendiamoinostrifigli.it».

Andrea Antonuccio

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