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Sinodo dei vescovi sull’Amazzonia

Il documento finale dei vescovi

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Capitolo I – Conversione integrale | Il Documento esorta sin dall’inizio a una “vera conversione integrale”, con una vita semplice e sobria, sullo stile di San Francesco d’Assisi, impegnata a relazionarsi armoniosamente con la “casa comune”, opera creatrice di Dio. Tale conversione porterà la Chiesa a essere in uscita, per entrare nel cuore di tutti i popoli amazzonici. L’Amazzonia, infatti, ha una voce che è un messaggio di vita e si esprime attraverso una realtà multietnica e multiculturale, rappresentata dai volti variegati che la abitano. Tuttavia, il testo non tace i tanti dolori e le tante violenze che oggi feriscono e deformano l’Amazzonia, minacciandone la vita: la privatizzazione di beni naturali; i modelli produttivi predatori; la deforestazione che sfiora il 17% dell’intera regione; l’inquinamento delle industrie estrattive; il cambiamento climatico; il narcotraffico; l’alcolismo; la tratta; la criminalizzazione di leader e difensori del territorio; i gruppi armati illegali.

Ampia, poi, la pagina amara sulla migrazione che in Amazzonia si articola su tre livelli: mobilità di gruppi indigeni in territori a circolazione tradizionale; spostamento forzato di popolazioni indigene; migrazione internazionale e rifugiati. Per tutti questi gruppi, occorre una pastorale transfrontaliera in grado di includere il diritto alla libera circolazione. Il problema della migrazione – si legge – deve essere affrontato in modo coordinato dalle Chiese di frontiera. Un lavoro di pastorale permanente va, inoltre, pensato per i migranti vittime di tratta. Il Documento sinodale invita a porre l’attenzione anche sullo spostamento forzato delle famiglie indigene nei centri urbani, sottolineando come tale fenomeno richieda una “pastorale d’insieme nelle periferie”. Di qui, l’esortazione a creare équipe missionarie che, in coordinamento con le parrocchie, si occupino di questo aspetto, offrendo liturgie inculturate e favorendo l’integrazione di tali comunità nelle città.

 Capitolo II – Conversione pastorale | Centrale, inoltre, il richiamo alla natura missionaria della Chiesa: la missione non è qualcosa di facoltativo – ricorda il testo – perché la Chiesa è missione e l’azione missionaria è il paradigma di tutta l’opera della Chiesa. Il Sinodo non dimentica i tanti missionari che hanno dato la vita per trasmettere il Vangelo in Amazzonia, le cui pagine più gloriose sono state scritte dai martiri. Al contempo, il Documento ricorda che l’annuncio di Cristo nella regione si è compiuto spesso in connivenza con i poteri oppressori delle popolazioni. Per questo, oggi la Chiesa ha “l’opportunità storica” di prendere le distanze dalle nuove potenze colonizzatrici, prestando ascolto ai popoli amazzonici ed esercitando la sua attività profetica “in modo trasparente”. In questo contesto, grande importanza ricopre il dialogo, sia ecumenico che interreligioso: “via indispensabile dell’evangelizzazione in Amazzonia” – dice il testo sinodale – esso deve partire, nel primo caso, dalla centralità della Parola di Dio per avviare cammini reali di comunione.

 

Sul fronte interreligioso, invece, il Documento incoraggia a una maggiore conoscenza delle religioni indigene e dei culti afro-discendenti, affinché cristiani e non, insieme, possano agire in difesa della casa comune. Il Documento richiama, inoltre, l’urgenza di una pastorale indigena che abbia il suo posto specifico nella Chiesa: è necessario creare o mantenere, infatti, “un’opzione preferenziale per le popolazioni indigene”, dando anche maggiore impulso missionario tra le vocazioni autoctone, perché l’Amazzonia deve essere evangelizzata anche dagli amazzonici. Il testo conclusivo del Sinodo si sofferma, poi, sul tema della pastorale urbana, con uno sguardo particolare alle famiglie: nelle periferie cittadine, esse patiscono la povertà, la disoccupazione, la mancanza di alloggi, oltre a numerosi problemi di salute. Diventa, quindi, necessario difendere il diritto di tutti alla città come godimento equo dei principi di sostenibilità, democrazia e giustizia sociale.

Capitolo III – Conversione culturale | Inculturazione e interculturalità sono strumenti importanti – prosegue il Documento – per raggiungere una conversione culturale che porti il cristiano ad andare incontro all’altro per imparare da lui. I popoli amazzonici, infatti, con i loro “profumi antichi” che contrastano la disperazione che si respira nel continente e con i loro valori di reciprocità, solidarietà e senso di comunità, offrono insegnamenti di vita e una visione integrata della realtà capace di comprendere che tutto il creato è connesso e di garantire, perciò, una gestione sostenibile. La Chiesa si impegna a essere alleata delle popolazioni indigene – ribadisce il testo sinodale – soprattutto per denunciare gli attacchi perpetrati contro la loro vita, i progetti di sviluppo predatorio etnocidi ed ecocidi e la criminalizzazione dei movimenti sociali.

“La difesa della terra – si legge – non ha altro scopo che la difesa della vita” e si basa sul principio evangelico della difesa della dignità umana. Bisogna, quindi, rispettare i diritti all’autodeterminazione, alla delimitazione dei territori e alla consultazione preventiva, libera e informata dei popoli indigeni. Un punto specifico viene, poi, dedicato alle Popolazioni indigene in isolamento volontario (Piav) o in Isolamento e contatto iniziale (Piaci) che oggi, in Amazzonia, ammontano a circa 130 unità e spesso sono vittime di pulizia etnica: la Chiesa deve intraprendere due tipi di azione, una pastorale ed un’altra “di pressione”, affinché gli Stati tutelino i diritti e l’inviolabilità dei territori di tali popolazioni. Nell’ottica, poi, dell’inculturazione – ovvero dell’incarnazione del Vangelo nelle culture indigene – spazio viene dato alla teologia india e alla pietà popolare, le cui espressioni vanno apprezzate, accompagnate, promosse e talvolta “purificate”, poiché sono momenti privilegiati di evangelizzazione che devono condurre all’incontro con Cristo. L’annuncio del Vangelo, infatti, non è un processo di distruzione, ma di crescita e di consolidamento di quei semina Verbi presenti nelle culture.

Capitolo IV – Conversione ecologica | A fronte di “una crisi socio-ambientale senza precedenti”, il Sinodo invoca una Chiesa amazzonica in grado di promuovere un’ecologia integrale e una conversione ecologica secondo cui “tutto è intimamente connesso”. L’auspicio è che riconoscendo “le ferite causate dall’essere umano” al territorio, siano ricercati “modelli di sviluppo giusto e solidale”. Ciò si traduce in un atteggiamento che colleghi la cura pastorale della natura alla giustizia per i più poveri e svantaggiati della terra. L’ecologia integrale non sia intesa come un cammino in più che la Chiesa può scegliere per il futuro, ma come l’unico cammino possibile per salvare la regione dall’estrattivismo predatorio, dallo spargimento di sangue innocente e dalla criminalizzazione dei difensori dell’Amazzonia. La Chiesa in quanto “parte di una solidarietà internazionale” favorisca il ruolo centrale del bioma amazzonico per l’equilibrio del pianeta e incoraggi la comunità internazionale a fornire nuove risorse economiche per la sua tutela, rafforzando gli strumenti della convenzione quadro sul cambiamento climatico.

Difendere e promuovere i diritti umani, oltre che un dovere politico e un compito sociale, è un’esigenza di fede. Di fronte a questo dovere cristiano il Documento denuncia la violazione dei diritti umani e la distruzione estrattiva; assume e sostiene, anche in alleanza con altre Chiese, le campagne di disinvestimento delle compagnie estrattive che causano danni socio ecologici all’Amazzonia; propone una transizione energetica radicale e la ricerca di alternative; propone inoltre lo sviluppo di programmi di formazione per la cura della “casa comune”. Agli Stati si chiede di smettere di considerare la regione come una dispensa inesauribile, mentre si auspica un “nuovo paradigma dello sviluppo sostenibile” socialmente inclusivo e che combini conoscenze scientifiche e tradizionali. I criteri commerciali, è la raccomandazione, non siano al di sopra dei criteri ambientali e dei diritti umani.

Capitolo V – Nuovi cammini di conversione sinodale | La sfida è quella di interpretare alla luce dello Spirito Santo i segni dei tempi e individuare il cammino da seguire a servizio del disegno di Dio. Le forme di esercizio della sinodalità sono varie e dovranno essere decentralizzate, attente ai processi locali, senza indebolire il legame con le Chiese sorelle e con la Chiesa universale. Il Sinodo scommette poi su una vita consacrata dal volto amazzonico. Si chiede inoltre che la formazione sia centrata su interculturalità, inculturazione e dialogo tra le spiritualità e le cosmovisioni amazzoniche. Il Sinodo chiede che la voce delle donne sia ascoltata, che siano consultate, partecipino in modo più incisivo alla presa di decisioni, contribuiscano alla sinodalità ecclesiale, assumano con maggiore forza la loro leadership all’interno della Chiesa, nei consigli pastorali o “anche nelle istanze di governo”.

Nel contempo si riconosce la “ministerialità” affidata da Gesù alla donna e si auspica una “revisione del Motu Proprio Ministeria quædam di San Paolo VI, affinché anche donne adeguatamente formate e preparate possano ricevere i ministeri del lettorato e dell’accolitato, tra gli altri che possono essere svolti”. Il Documento finale propone “di stabilire criteri e disposizioni da parte dell’autorità competente, per ordinare sacerdoti uomini idonei e riconosciuti della comunità, che abbiano un diaconato permanente fecondo e ricevano una formazione adeguata per il presbiterato, potendo avere una famiglia legittimamente costituita e stabile, per sostenere la vita della comunità cristiana attraverso la predicazione della Parola e la celebrazione dei sacramenti nelle zone più remote della regione amazzonica”. Per rispondere in modo autenticamente cattolico alla richiesta delle comunità amazzoniche di adattare la liturgia valorizzando la visione del mondo, le tradizioni, i simboli e i riti originari si chiede al suddetto Organismo della Chiesa in Amazzonia di costituire una commissione competente per studiare l’elaborazione di un rito amazzonico che “esprima il patrimonio liturgico, teologico, disciplinare e spirituale dell’Amazzonia”.

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