Lettere in Redazione
Un ricordo affettuoso del diacono Lorenzo Panizza
Ne Il piacere dell’onestà Luigi Pirandello scriveva: «È molto più facile essere un eroe che un galantuomo. Eroi si può essere ogni tanto, galantuomini sempre».
Lorenzo era un galantuomo.
Per oltre tre anni, ogni giorno, mi ha portato la posta in ufficio. Suonava, chiedeva permesso, si toglieva il cappello, lo appoggiava sulla panchina nell’atrio, varcava la soglia, mi salutava e aveva sempre una parola buona da dirmi o una battuta delle sue da farmi. Poi usciva, ma, qualche volta, si dimenticava il cappello sulla panca e tornava a riprenderlo borbottando perché lo aveva lasciato lì.
Io lo aspettavo tutti i giorni: sapevo che ci teneva a portarmi la posta di persona. Si era preso quell’impegno e lo faceva con serietà, perché lui prendeva tutto sul serio. Per questo siamo andati d’accordo da subito.
Con il tempo, ho imparato a conoscerlo: era bello scambiare qualche parola con lui, confrontarsi su ciò che accadeva; ad esempio, fui onorata quella volta che mi chiese l’opinione sull’analisi del Gelindo, che aveva scritto.
Era una di quelle persone la cui fiducia dovevi guadagnartela a poco a poco, ma, quando l’avevi conquistata, capivi quanto fosse preziosa e da custodire.
Per questo sono grata al Signore di avere incontrato Lorenzo sul mio cammino, di aver percorso un breve tratto di strada con lui e di aver avuto il dono grande della sua amicizia.
Lorenzo era un galantuomo: mai una parola fuori posto, sempre garbato e rispettoso. Una gran brava persona e, soprattutto, un testimone di Fede cristiana fino alla fine.
Paola