“La recensione” di Fabrizio Casazza
Quando un illustre giornalista e un apprezzato manager si scambiano alcune idee sull’attuale situazione italiana via posta elettronica il risultato è un libro. Potremmo sintetizzare così “La ragione e il buonsenso”, che Ferruccio de Bortoli e Salvatore Rossi hanno appena pubblicato con il Mulino (pp 155, euro 15).
Rossi rileva innanzi tutto che le nuove tecnologie «hanno spiazzato le piccole imprese, che erano il nerbo del modello italiano dagli anni Settanta» (p. 38). Così il nostro Paese si è trovato in particolare difficoltà negli anni della recente (perdurante?) crisi economica, che ha avuto pesanti ricadute sociali. Nota Ferruccio de Bortoli che su questo sfondo il concetto di austerità è stato equivocato, assumendo «solo una carica negativa, trascinando dietro di sé, nella polvere della demagogia spicciola, anche i quasi sinonimi di rigore e sobrietà. Dell’austerità abbiamo buttato nel cassonetto dell’indifferenziata tutte le virtù. E non sono poche» (p. 66).
Resta in ogni caso la domanda: chi paga i debiti? Chi si fa carico del costo del benessere? I nostri politici svicolano facilmente a questi ineludibili interrogativi. Il giornalista applica questo modello al tema della salvaguardia dell’ambiente. È importantissimo avere un’attenzione alla sostenibilità ma il discorso non può essere imbastito tra uno spreco e l’altro: «è troppo facile avere un grande cuore ecologico con il portafoglio gonfio» (p. 96).
Un argomento che non può essere trascurato da chi si occupa del futuro dell’Italia è l’informazione, che scivola in una «Babele di falsi confronti. Non conta quello che si dice ma come lo si dice. Non è importante la verità dei fatti ma la verosimiglianza delle interpretazioni» (p. 125). La politica si è adattata a questo stile contribuendo a incrementarlo sempre di più, cosicché a un candidato non si chiede di essere preparato e capace: «il voto di pancia è il rutto della democrazia» (p. 126), scrive Ferruccio de Bortoli. Sulla stessa lunghezza d’onda Salvatore Rossi risponde che i governanti «anziché essere leader, cioè guide dei loro elettori, ne sono diventati follower, cioè specchio e seguaci» (p. 132).
Insomma, sembra che non ci sia molto da essere ottimisti, anche se c’è da ben sperare per il fatto che in giro per il mondo si registra una notevole fame di made in Italy: forse non riusciamo ad apprezzarci troppo per le nostre qualità ma facciamo anche poco per migliorarci. Ma sarà tutto inutile se ogni cittadino non saprà mettere un po’ di quella voglia di futuro, unita a spirito di sacrificio, che risollevò la nostra nazione dopo la Seconda guerra mondiale. Cessata l’emergenza sanitaria si imporrà una riflessione sul futuro del Paese e l’agenda proposta da questo libro tornerà certamente utile.