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Il Gesù di Natuzza

La recensione di Fabrizio Casazza

Riflessioni sulla mistica calabrese

Il giornalista Luciano Regolo, condirettore del settimanale Famiglia cristiana, riflette sulla figura della mistica calabrese Fortunata Evolo a dieci anni dalla morte, in particolare nel suo rapporto con Cristo, in Il Gesù di Natuzza (San Paolo, pp 221, euro 15). Si tratta di una madre di famiglia con cinque figli, che in tutta la sua vita unì una straordinaria esperienza spirituale con la vita coniugale. Ricevette doni speciali, paradossalmente documentati fin da quando giovanissima venne fatta internare in manicomio su suggerimento del francescano Agostino Gemelli, fondatore dell’Università cattolica, che a distanza le diagnosticò un’evidente (per lui) isteria. Durante il ricovero, in effetti, i medici constatarono la sua sanità mentale e la rimandarono a casa. I suoi carismi furono veramente numerosi e particolari: manifestazioni dirette dei defunti, cori angelici in casa durante la prima notte nuziale, emografia (essudazioni di sangue che vanno a formare disegni religiosi), stigmate, dialoghi con Gesù, la Madonna, gli angeli, san Pio da Pietrelcina, bilocazioni, digiuno assoluto quaresimale, transverberazione (trafittura del cuore).

Lei continuò la sua vita di casalinga, impreziosita da un continuo e indefesso “ministero dell’ascolto” nella sua casa di Paravati, in provincia di Vibo Valentia. Non si arricchì mai grazie alle apparizioni ma rimase in semplicità con il marito falegname, fino alla vedovanza, e poi con i figli. Furono però il suo incrollabile amore per Cristo e la sua eroica fedeltà alla Chiesa ad additarla come esempio, tanto che l’anno scorso la diocesi di Mileto-Nicotera-Tropea ne aprì la causa di beatificazione, dopo il parere favorevole anche della Congregazione per la dottrina della fede. Il libro si legge piacevolmente tra ricordi e testimonianze, molte delle quali già pubblicate altrove, come quella del giornalista Sergio Zavoli, che di lei disse: «questa umile donna […] con la serenità che ispira e l’amore che dà, è un segno tangibile dell’amore di Dio» (p. 86). Non manca un cenno alle dolorose vicende contemporanee circa le pesanti polemiche, giunte fino a punti veramente aspri e di rottura completa, tra il vescovo Luigi Renzo e la Fondazione “Cuore Immacolato di Maria rifugio delle anime”, da lui stesso soppressa con decreto del 3 luglio 2019. Insomma, la vita di questa Serva di Dio, che con la sua semplicità amava definirsi «verme di terra», e lo faceva in dialetto in quanto analfabeta, insegna la necessità di un rapporto d’amore con il Signore e una totale donazione agli altri, soprattutto se bisognosi.

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