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“Inviati per servire. Ripensare il ministero”

“La recensione” di Fabrizio Casazza

«Solo l’ignoranza della storia potrebbe giustificare la convinzione che il compito dei preti è sempre stato il medesimo» (p. 5).

Con queste parole si apre la raccolta di meditazioni di monsignor Giacomo Canobbio, (nella foto di copertina) ex presidente dell’Associazione Teologica Italiana, intitolata “Inviati per servire. Ripensare il ministero” (Queriniana, pp 119, euro 8). Una delle idee di fondo del libro è che per rilanciare il sacerdozio occorre sia approfondirne le basi teologiche sia descrivere il contesto in cui esso si esplica. Il prete si deve lasciare plasmare dalla Parola per diventare stabile memoria di Dio tra la gente disorientata, che cerca un testimone appassionato. In questo senso, secondo il volume, va intesa l’espressione alter Christus riferita al ministro ordinato, indicando che egli è tale nella misura in cui lascia trasparire la dedizione stessa di Gesù.

In pratica, «il prete “rappresenta” Cristo non nell’atto di offrire il sacrificio eucaristico, bensì nell’atto di offrirsi come Cristo nel suo sacrificio» (p. 55). Vivere il ministero significa non semplicemente esercitare alcune funzioni all’interno del popolo di Dio ma anche condividere la missione di salvezza che la Chiesa porta avanti sotto la guida dello Spirito Santo nel cammino verso la pienezza della gloria nella Gerusalemme celeste.

Occorre un rinnovamento profondo delle prassi pastorali stimolata dal nuovo contesto sociale, che non è più quello della cristianità. Una constatazione diffusa, ad esempio, è che dalla ripresa delle celebrazioni comunitarie a maggio manchi la metà delle persone rispetto a prima. Eppure, rileva il teologo bresciano, sembra che non si voglia interpretare il sacerdozio rispetto alla nuova condizione ma ci si lasci andare a nostalgie ritualistiche dimenticando il modello missionario oggi indispensabile.

Le domande che corredano ogni capitolo servono a stimolare la riflessione del lettore e la condivisione delle risposte nel contesto di un incontro formativo o di un ritiro meditativo. Il testo può interrogare tutti, dal momento che parlare di governo pastorale implica mettere a fuoco l’azione pastorale della Chiesa intera.

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