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Commenti ai profeti minori

“La recensione” di Fabrizio Casazza

San Girolamo è uno dei significativi dottori della Chiesa. A lui si deve la traduzione in latino della Bibbia, detta Vulgata, che nella sua versione “aggiornata” resta il testo ufficiale della Chiesa latina. Originario probabilmente dell’attuale Istria, dopo una vita mondana ricevette il battesimo verso i vent’anni; nel 382 si trasferì a Roma, ove papa Damaso, conoscendo la sua fama di asceta e la sua competenza di studioso, lo assunse come segretario e consigliere, mentre fu guida di diverse persone dell’aristocrazia romana.

Dopo la morte del Pontefice, san Girolamo lasciò l’Urbe nel 385 e intraprese un pellegrinaggio, dapprima in Terra Santa e poi in Egitto, patria di molti monaci. Nel 386 si fermò a Betlemme, dove, per la generosità della nobildonna Paola, furono costruiti un monastero maschile, uno femminile e un ospizio per i pellegrini. Morì nella sua cella, vicino alla grotta della Natività, il 30 settembre 420.

Ora le edizioni Città Nuova pubblicano, con originale latino a fronte, i suoi “Commenti ai profeti minori” (pp 393, euro 78), cioè Malachia e Osea. In occasione del sedicesimo centenario della morte, celebrato pochi mesi fa, papa Francesco gli ha dedicato una speciale Lettera Apostolica intitolata “Scripturae Sacrae Affectus”.

In essa scrive: «Un affetto per la Sacra Scrittura, un amore vivo e soave per la Parola di Dio scritta è l’eredità che San Girolamo ha lasciato alla Chiesa attraverso la sua vita e le sue opere. […]. Questo amore si dirama, come un fiume in tanti rivoli, nella sua opera di infaticabile studioso, traduttore, esegeta, profondo conoscitore e appassionato divulgatore della Sacra Scrittura; di raffinato interprete dei testi biblici; di ardente e talvolta impetuoso difensore della verità cristiana; di ascetico e intransigente eremita oltre che di esperta guida spirituale, nella sua generosità e tenerezza. Oggi, milleseicento anni dopo, la sua figura rimane di grande attualità per noi cristiani del XXI secolo».

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