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La “mia” Camilla Salvago Raggi

“Mi ricordo…”

In tanti eventi che mi accadono maturo la granitica certezza che “ci sia una regia dall’Alto”. Come ora. Al pensiero di scrivere di te, carissima Camilla, ho preso in mano il tuo libro, il cui titolo mi aveva inizialmente stupita: “Volevo morire a vent’anni”. Ti manifestai questo mio stupore che tu sedasti, con un sorriso bellissimo ed uno sguardo ammiccante: «Leggilo, nessuna delusione cocente, solo mania di grandezza!». Era il 10 maggio 2017 (come riporta, la tua simpatica dedica).

Scrivere di te… Molte volte mi hai detto di non telefonarti, ma di scriverti una mail, adducendo al fatto di essere un pochino sorda. Di Camilla conosco troppo e troppo poco… Il nostro legame fatto da parte mia di stima e tanta ammirazione mi precede, come spesso accade nelle cose importanti della vita. Precede la mia volontà e precede la mia consapevolezza. Non ho merito. La visione iniziale del nostro rapporto sta ora nella memoria, la mia. E rappresenta un passato: non un vuoto o un mondo perduto, un passato che ancora agisce tra me e lei. E agisce come il rapporto che ciascuno di noi ha con gli altri. L’ho sempre, ed ora ancor più, portata nel cuore.

E questo abbraccio silenzioso è ciò che mi permette di dire di conoscere Camilla. La persona, la traduttrice, la poetessa, la scrittrice. La dolce, e ironica persona. Le nostre vite sono corse, e la mia corre ancora, su binari distinti, potrei dire separati. E se nell’ultimo decennio si sono spesso incrociati, mi rendo conto che una gran parte della sua vita, delle sue frequentazioni, conoscenze e incontri, non mi hanno neppure sfiorata. Insomma di Camilla non so. Eppure so di lei quanto nessuno può sapere.

Per esempio, il suo concetto di famiglia. A volte me lo ritraeva come un qualcosa di ineguagliato, con parole dettate da una sorta di avversione per concludere con la sottolineatura del nucleo (quel che conta) di persone, dico di persone, che vincolate da reciprocità affettiva, vivono una rarissima autonomia individuale. Nella sua famiglia ha forgiato la propria personalità: sovranamente indipendente e autonoma da tutti. Silenziosamente indipendente, mai esuberante, sempre attuale sino ai suoi 98 anni, compiuti 37 giorni prima di lasciarci.

Tutta la sua grande personalità, la sua intelligenza, le sue competenze riversate nei suoi bellissimi libri, specchio della sua vita che aveva filmato e montato in forma di parole. Romantica e intransigente, di grande generosità, capace di essere “fino in fondo”, di condividere, di suggerire (mai elargizione di consigli) con onestà intellettuale. Capace di aprire orizzonti straordinariamente ampi, stimolava a «ricercare nelle pieghe dell’anima» gli aspetti della propria vita, seguendo la luce della passione (di scrivere).

Sapeva infondere coraggio, che vince la pigrizia del pensiero, necessario per manifestare le proprie ragioni, se non la propria verità. Personalmente ho sempre provato un sentimento di grande ammirazione e di rispetto. Conservo la copia delle sue mail: scritti a volte brevi, profondi, ironici, anche divertenti. Li ho riletti in parte ancora oggi, sempre più consapevole che le lezioni apprese direttamente dai “campioni” ti nutrono per tutta la vita. Ricevere direttamente quegli insegnamenti è stata una grande fortuna… non solo per mettere in sequenza parole.

Non smetterò di dire che grazie a lei ho imparato “a fare la O senza il bicchiere”. So che lo gradiva perché è proprio vero, e Camilla amava la verità sopra ogni cosa. Spero che la terra le sia lieve e che si appaghi totalmente il suo spirito di perfezione.

Rosa Mazzarello

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