“La testa e la pancia” di Silvio Bolloli
Fin da bambino ho ricorrentemente ascoltato la storiella degli alessandrini freddi, apatici (fatta eccezione per la capacità di stroncare ogni altrui iniziativa) ed insensibili alle emozioni; emblematica, a tal proposito, è sempre stata la barzelletta dell’anziano mandrogno che, al cospetto di un cane che aveva il potere miracoloso di camminare sulle acque e che un facoltoso valenzano aveva deciso di sfoggiare sul Tanaro per prendersi gioco degli abitanti del Capoluogo, aveva commentato: «Non è più un cucciolo dunque non impara più a nuotare». Tutti questi stereotipi, martedì scorso, sono stati però clamorosamente disintegrati dalla straordinaria manifestazione di calore e affetto che si è rivelata in occasione delle esequie di Mario Di Canni, storico fondatore degli “Ultras 74“.
L’immagine del carro funebre sul sagrato della Chiesa di San Rocco, tra i cori e gli applausi dei tifosi sotto gli occhi di moglie e figlia incapaci di trattenere lacrime, e quella del feretro posto sul prato del “Moccagatta”, davanti alla gradinata Nord che ha intonato gli inni solo per lui, mi hanno trasmesso l’idea di come, anche nel tifo più fazioso ed esasperato, possa esserci una straordinaria umanità. E quella stessa “Nord” che avevo stigmatizzato al tempo delle prime critiche – al momento, secondo me, ingenerose – nei confronti di Luca Di Masi ha dimostrato di quanto cuore sia capace.
Da ultimo, voglio parlare di quello che mi piace pensare sia stato un piccolo miracolo sportivo: proprio in uno dei momenti più bui della loro storia ultracentenaria, al loro vecchio Capo Ultrà i Grigi hanno fatto il dono di battere, contro ogni pronostico, la prima in classifica.