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Foto tratta dal documentario su Angelo Fiore

Angelo Fiore, il Mister dal carisma salesiano

Alessandria

Venerdì 17 marzo è morto Angelo Fiore, 84 anni, figura centrale nell’attività sportiva della Don Bosco e allenatore che dagli Anni 60 ha fatto crescere, sul campo e sulla vita, migliaia di giovani. «Lui diceva: “Sono nato con i Salesiani, e sono cresciuto con Don Bosco”. Era molto affabile, dialogava, non metteva mai degli ostacoli tra sé e gli altri. Sapeva incoraggiare e ascoltare tutti». A raccontarcelo è don Remigio Bertapelle (nella foto qui sotto), 83 anni, sacerdote salesiano della parrocchia San Giuseppe Artigiano, che dal 1985 svolge il proprio servizio ad Alessandria.

Don Remigio, chi era Angelo Fiore?

«Una figura davvero storica per la Don Bosco. Già da quando i Salesiani erano a Santa Maria di Castello e fino al Cristo. Uno dei più entusiasti e coinvolgenti collaboratori. Qui ha trovato un ambiente popolare, con parecchie povertà. E ha inserito, nell’opera parrocchiale, queste attività sportive. Ricordo che parecchi dicevano: “Tanti fanno solo dello sport e pochi vengono in chiesa”. Invece non era così: avendo tutti questi giovani in casa, riuscivamo a tirarli dentro anche con il catechismo, l’oratorio, e le tante attività della parrocchia».

Un punto di riferimento per tutti.

«Non ha mai perso l’entusiasmo, ha trascinato anche gli altri collaboratori fino a poco fa. Ha dato una mano fino a una decina di anni fa, ma era spesso qui, veniva a vedere, portava la sua esperienza a quelli che erano venuto dopo di lui. Ha sempre continuato a portare, ai ragazzi e agli allenatori, l’esempio di responsabilità del donare i valori umani. Sempre nello spirito di Don Bosco».

Ci racconta un aneddoto?

«Come tutti lo ricordano, Fiore girava con il suo pulmino e andava a raccogliere i ragazzi fino a Spinetta. Li portava qui e li inseriva con gli altri del quartiere. Le madri e i padri dei giovani di qui iniziarono a storcere il naso… perché aveva preso dei ragazzi del Centro che giovano meglio, trascurando così i “nostri”. E su questo avevamo anche un po’ litigato (sorride). Ma ci siamo chiariti subito, perché sapeva come dialogare».

Prima parlava dello stile del Santo di Valdocco.

«Qui era di casa, anche quando c’erano altre manifestazioni in chiesa o all’orario lui c’era sempre. Alcuni pensavano fosse il presidente, andavano da lui a chiedere o a riferire di cosa importanti, e lui: “Ma io non sono il presidente, sono solo a servizio”. Conservava questo spirito educativo di accoglienza, uno stile oratoriano. Lo stesso spirito del primo oratorio di Valdocco: “Una casa che accoglie, una parrocchia che evangelizza, una scuola che avvia alla vita ed un cortile per incontrarsi da amici e vivere in allegria”. Ecco, Fiore condivideva proprio questo».

Lunedì 21 marzo, alla Don Bosco, si sono svolti i funerali.

«Sì, c’erano tante persone dell’ambiente sportivo e un bel gruppo di ragazzi. Proprio durante la celebrazione pensavo a questo…».

Prego.

«Noto che per gli adulti, soprattutto quelli che curano l’attività sportiva, è difficile entrare nella mentalità di sport inserito in una realtà cristiana e umana. E questo credo sia essenziale. Si arriva fino alle attività sportive, se si parla di un discorso religioso ed educativo difficilmente si trova un riscontro da loro. Fiore, in questo, era un esempio. Questa è la preziosa eredità che lascia a tutti noi».

Alessandro Venticinque

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