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Il Papa al primo incontro con i giovani della GMG

Gmg 2023

Cari giovani, buonasera!

Benvenuti e grazie di essere qui, sono felice di vedervi! E anche di ascoltare il simpatico chiasso che fate e di farmi contagiare dalla vostra gioia. È bello essere insieme a Lisbona: siete stati chiamati qui da me, dal Patriarca, che ringrazio per le sue parole, dai vostri Vescovi, sacerdoti, catechisti e animatori. Ringraziamoli per questo e facciamo loro un bell’applauso! Però è soprattutto Gesù che vi ha chiamati: ringraziamo Lui!

Amici, non siete qui per caso. Il Signore vi ha chiamati, non solo in questi giorni, ma dall’inizio dei vostri giorni. Sì, Lui vi ha chiamati per nome. Chiamati per nome: provate a immaginare queste tre parole scritte a grandi lettere; e poi pensate che stanno scritte dentro di voi, nei vostri cuori, come a formare il titolo della vostra vita, il senso di quello che sei: tu sei chiamato per nome, tu sei chiamata per nome, io sono chiamato per nome.

Al principio della trama della vita, prima dei talenti che abbiamo, delle ombre e delle ferite che portiamo dentro, siamo chiamati. Chiamati perché amati. Agli occhi di Dio siamo figli preziosi, che Egli ogni giorno chiama per abbracciare e incoraggiare; per fare di ciascuno di noi un capolavoro unico e originale, la cui bellezza riusciamo solo a intravedere.

In questa Giornata Mondiale della Gioventù, aiutiamoci a riconoscere questa realtà essenziale: siano questi giorni echi vibranti della chiamata d’amore di Dio, perché siamo preziosi ai suoi occhi, nonostante quello che a volte vedono i nostri occhi, annebbiati dalle negatività e abbagliati da tante distrazioni. Siano giorni in cui il tuo nome, attraverso fratelli e sorelle di tante lingue e nazioni che lo pronunciano con amicizia, risuoni come una notizia unica nella storia, perché unico è il palpito di Dio per te. Siano giorni in cui fissare nel cuore che siamo amati così come siamo.

Questo è il punto di partenza della GMG, ma soprattutto della vita. Chiamati per nome: non è un modo di dire, è Parola di Dio (cfr Is 43,1; 2 Tm 1,9). Amico, amica, se Dio ti chiama per nome significa che per Lui non sei un numero, ma un volto. Vorrei farti notare una cosa: tanti, oggi, sanno il tuo nome, ma non ti chiamano per nome. Il tuo nome infatti è noto, appare sui social, viene elaborato da algoritmi che gli associano gusti e preferenze. Tutto questo però non interpella la tua unicità, ma la tua utilità per le indagini di mercato. Quanti lupi si nascondono dietro sorrisi di falsa bontà, dicendo di conoscere chi sei ma non volendoti bene, insinuando di credere in te e promettendoti che diventerai qualcuno, per poi lasciarti solo quando non interessi più. Sono le illusioni del virtuale e dobbiamo stare attenti a non lasciarci ingannare, perché tante realtà che ci attirano e promettono felicità si mostrano poi per quello che sono: cose vane, superflue, surrogati che lasciano il vuoto dentro.

Gesù no: Lui ha fiducia in te, per Lui tu conti. E allora noi, sua Chiesa, siamo la comunità dei chiamati: non dei migliori – no, assolutamente no – ma dei convocati, di quanti accolgono, insieme agli altri, il dono di essere chiamati. Siamo la comunità dei fratelli e delle sorelle di Gesù, figli e figlie dello stesso Padre.

Nelle lettere che mi avete indirizzato – sono belle, vi ringrazio! – avete detto: «Mi spaventa sapere che ci sono persone che non mi accettano e che non pensano ci sia un posto per me […] mi chiedo persino se esista un posto per me». E ancora: «Sento che nella mia parrocchia non c’è spazio per l’errore». Amici, vorrei essere chiaro con voi, che siete allergici alle falsità e alle parole vuote: nella Chiesa c’è spazio per tutti e, quando non c’è, per favore, facciamo in modo che ci sia, anche per chi sbaglia, per chi cade, per chi fa fatica. Perché la Chiesa è, e dev’essere sempre di più, quella casa dove risuona l’eco della chiamata per nome che Dio rivolge ad ognuno. Il Signore non punta il dito, ma allarga le braccia: ce lo mostra Gesù in croce. Lui non chiude la porta, ma invita a entrare; non tiene a distanza, ma accoglie.

In questi giorni inoltriamo il suo messaggio d’amore, che libera il cuore e lascia una gioia che non svanisce. Come? Chiamando gli altri per nome. Chiedete il nome a chi incontrate e poi pronunciate i nomi degli altri con amore, aggiungendo senza paura: “Dio ti ama, Dio ti chiama”. Ricordatevi a vicenda che siete preziosi. Non temete di dirvi anche: “Fratello, sorella, è bello che tu esista”.

Credete a questo? Ci state? Anche voi stasera mi avete fatto delle domande, tante domande. Fare domande è giusto, anzi spesso è meglio che dare risposte, perché chi domanda resta “inquieto” e l’inquietudine è il miglior rimedio all’abitudine, a quella normalità piatta che anestetizza l’anima.

E allora vorrei invitarvi a fare una seconda cosa in questi giorni: le domande che avete dentro, quelle importanti, che riguardano i vostri sogni, gli affetti, i desideri più grandi, la speranza e il senso della vita, non tenetele per voi, ma rivolgetele a Gesù. Chiamatelo per nome, come fa Lui con voi.

Portategli i vostri interrogativi e confidategli i vostri segreti, la vita delle persone care, le gioie e le preoccupazioni e anche i problemi dei vostri Paesi e del mondo. Allora scoprirete una cosa nuova, sorprendente: che quando si domanda al Signore, quando ogni giorno gli si apre il cuore, quando si prega davvero, accade un ribaltamento interiore.

Succede che, nel dialogo della preghiera, Dio ti prende in contropiede: tu fai delle domande e Lui non ti dà delle semplici risposte, perché non è un motore di ricerca, ma l’Amico vero. Piuttosto, ti fa anche Lui delle richieste: tu gli chiedi quello di cui hai bisogno e cominci a sentire dentro altri interrogativi, i suoi, che toccano i nervi scoperti dell’anima e provocano al bene, che attirano a un amore più grande e portano il cuore a dilatarsi.

Così Dio entra in dialogo con noi e ci fa maturare in ciò che conta davvero: dare la vita. Questo è successo nel Vangelo che abbiamo ascoltato: i discepoli, che non erano con Gesù da molto tempo, stavano lì in attesa di risposte. E Lui cosa fa? Li prende in contropiede e li manda in missione. Li invia, senza un’adeguata preparazione, senza sicurezze, senza «borsa, né sacca, né sandali»: si fida così tanto di loro che li manda «come agnelli in mezzo a lupi» (Lc 10,3.4). Gesù ripone la stessa fiducia in voi.

I discepoli tornarono dall’avventura della missione felici. Amici, c’è una felicità che Gesù ha preparato per voi, per ciascuno di voi: non passa dall’accumulare cose, ma dal mettere in gioco la vita. Anche a te il Signore dice: “Vai, perché c’è un mondo che ha bisogno di quello che tu e solo tu puoi dargli”. Tu potresti obiettare: “Ma cosa posso portare agli altri?” Una cosa sola, una notizia meravigliosa, la stessa che Lui ha consegnato ai suoi discepoli: “Dio è vicino” (cfr Lc 10,9). Questa è la perla preziosa dell’esistenza. Tutti hanno bisogno di sapere che Dio è vicino, che attende un piccolo cenno del cuore per riempire le nostre vite di meraviglia. Ma tu potresti controbattere ancora: “Non sono capace, ho paura, non mi fido”. Tutti abbiamo i nostri timori, non è quello il punto: siamo umani. Il punto è che cosa fare delle paure che abbiamo. Dio ci chiama proprio nelle nostre paure, nelle nostre chiusure e solitudini. Non chiama quelli che si sentono capaci, ma rende capaci quelli che chiama.

Il Signore ha fatto meraviglie con Abramo, che era anziano e si sentiva arrivato, con Mosè che aveva paura di parlare perché balbettava, con Pietro che era impulsivo e sbagliava spesso, con Paolo che si era macchiato di grandi malefatte. Nessuno di loro era perfetto, ma tutti loro si sono legati al Signore. Sono stati “connessi” con Lui.

Ecco il segreto, stare connessi col Signore. Avete detto nelle vostre lettere: «Riconosco una crescente difficoltà ad avere uno sguardo allenato, attento alle cose del Cielo». È vero, non è facile, ma siamo qui per allenarci, per fare rete e connetterci alla chiamata di Dio. Abbiamo un grande aiuto, una Madre che, specialmente in questi giorni, ci tiene per mano e ci indica la via: Maria. È la creatura più grande della storia: non perché avesse una cultura superiore o abilità speciali, ma perché non si è mai staccata da Dio. Il suo cuore non si è lasciato distrarre o inquinare: è stato uno spazio aperto al Signore, sempre connesso con Lui. Lei ha avuto il coraggio di avventurarsi sulle vie della Parola di Dio e così ha portato speranza e gioia al mondo. Lei ci insegna a camminare nella vita, ma di questo parleremo sabato sera. Per ora ricordiamo il punto di partenza: siamo tutti chiamati dal Signore, chiamati perché amati.

E facciamo due cose: primo, chiamiamoci per nome e richiamiamo gli uni agli altri la bellezza di essere amati e preziosi! Secondo: facciamo domande a Gesù, che in questi giorni attende molte chiamate da parte nostra. Stiamo connessi a Lui. Connessi all’amore, la gioia crescerà. Buona GMG!

Papa Francesco 

Parco Edoardo VII (Lisbona) 

Giovedì 3 agosto 

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