È possibile dire le cose che la Chiesa propone all’uomo perché sia felice, in modo diverso?
Chi è Costanza Miriano per Costanza?
«Oddio, ti pare semplice? I greci ci mettevano una vita, per rispondere a questa domanda. Conoscere noi stessi è il cammino di una vita, comunque io sono una cristiana, una moglie e una mamma, per vivere faccio la giornalista, ma certo non è quello che mi definisce, e poi scrivo anche dei libri. La cosa che mi ha spinto a scrivere era di convincere le mie amiche a sposarsi, poi da questa cosa, che è iniziata un po’ per gioco, mi sono accorta di avere un ruolo di traduttrice, cioè di provare a “tradurre” l’annuncio cristiano in un linguaggio che fosse accattivante e comprensibile anche ai lontani. Poi piano piano sono venute a cascata un sacco di cose Vado in giro a parlare di molti temi nelle parrocchie, è nato il “Monastero Wi-fi”, insomma sentivo che c’era bisogno di un apostolato un po’ nuovo e creativo».
Chi è Costanza Miriano per il marito e i figli?
«Beh, per i figli… una gran rompiscatole! Ogni tanto chiedo: come mi definite? E tutti: una rompiscatole, però simpatica, però cucini bene, però… d’altra parte il ruolo della madre per gli adolescenti è quello. Per mio marito penso di essere la sua croce e la sua delizia».
Nei tuoi libri parli molto della tua vita privata, come riesci a mantenere il tuo lavoro, la tua “missione di traduttrice” e la tua vocazione di moglie e madre?
«Intanto tutto quello che è legato alla mia missione di “traduttrice” è confinata alla notte, il mattino presto vado a lavoro, il pomeriggio spengo tutto e sto con i miei figli, mi occupo di loro e della casa. Poi apro il computer e scrivo. L’unico problema è che non dormo mai, infatti mi addormento ovunque, soprattutto davanti gli schermi, e siccome lavoro per una televisione in saletta di montaggio faccio degli sforzi sovrumani per rimanere sveglia. Non sempre ci riesco! Io penso che tutte le mamme che lavorano e che sono in città complicate vivano in questo modo: facciamo un sacco di incastri. Ogni giorno è un piano di guerra, la sera apro l’agenda e la mappa della città per calcolare gli spostamenti. E poi, guidando e cercando parcheggio posso pregare il rosario. Però a Roma per esempio, le possibilità della messa vanno dal mattino presto alla sera dopo cena. Dico “le mamme che lavorano”, perché gravitano più cose attorno a noi rispetto ai papà, un po’ per colpa nostra, difficilmente amiamo delegare e un po’ perché alcune cose un marito non riuscirebbe proprio a farle! (curare la sfera sociale dei figli, ndr)».
Si salvi chi vuole. Ma davvero c’è qualcuno che non vuole salvarsi?
«Secondo me sì, anche noi spesso ci auto sabotiamo. Perché il cammino è faticoso, e a un certo punto ti rendi conto che significa non avere sempre l’ultima parola sulla propria vita, significa fidarsi di qualcun Altro. Volersi salvare significa essere disposti ad un cambiamento, a mettersi in cammino, ad un discernimento serio nella propria vita e pure io ogni tanto cado».
Il nostro stile di vita, così frenetico e caotico, si può adattare allo stile di preghiera con il quale siamo cresciuti o che ci propone la Chiesa?
«Deve adattarsi perché non è possibile che la nostra vita sia sbagliata, il Signore ci mette in una realtà e c’è sempre una via per raggiungerlo e incontrarlo. Non può essere un alibi. Certo cambierà rispetto a quella di mia nonna che con le vecchie del paese diceva il Rosario la sera. I tempi, i ritmi e i modi cambiano ma deve esserci un modo. Di sicuro le tentazioni e gli stimoli sono tanti. La tentazione di dire “oggi è peggio di ieri” non mi convince, anche se di sicuro ci vuole tanto discernimento. Io ricevo molti messaggi, ed è una continua sollecitazione ma il punto è fare un discernimento continuo sugli stimoli, capire quali sono le priorità che vogliamo darci e ogni tanto non rispondere, mettersi delle regole. Oggi c’è bisogno di più discernimento rispetto al passato e un buon criterio di discernimento è capire come mettere in fila il desiderio con la realtà. Io vorrei leggere decine di articoli ogni giorno ma la realtà mi richiama alla concretezza di una scelta».
Nella preghiera, come ti senti “risposta?” Come capisci cosa ti dice Dio?
«Ci sono dei momenti in cui non capisco niente, prendo appunti sulla Parola mentre scrivo i miei impegni, c’è un grande combattimento dentro di me, ma credo che questa sia già preghiera. Altre volte invece sento molto chiaramente “certezza e pace” rispetto ad una scelta da fare e quello è un buon modo per capire che è una risposta, sento una grande consolazione che il Signore mi regala. Per me il punto è starci, essere fedele, poi se non senti niente non importa. Come dice la mia guida spirituale: “Se vuoi sentire qualcosa, fatti una canna”. Una delle caratteristiche delle cose di Dio è che sono facili».
Nel libro scrivi: «La vita è un lavoro di trasformazione». Com’è possibile farla conciliare con la staticità della vita di fede e delle proposte?
«Io penso che la trasformazione sia più interiore che esteriore, non si deve necessariamente percepire da fuori questo cambiamento. Ad esempio una trasformazione è accogliere un difetto senza brontolare, un’altra è non ascoltare la propria voce interiore o prendere le proprie emozioni come criterio di cambiamento. Io non capisco molto di rito e liturgia, ma penso si possa ritrovare il modo di stare bene con Dio e con i fratelli. Non avverto grande disaffezione nei confronti della forma, quello che conta è il movimento del cuore».
Torniamo ai tuoi primi libri, “Sposati e sii sottomessa” e “Sposala e muori per lei”: cosa è successo a Bilbao e a Granada, come hai vissuto tutte quelle proteste?
«Con grande divertimento, non mi sono mai sentita una perseguitata, anzi, mi sono sentita molto più importante di quello che sono. Il mondo ha avuto un riflesso incondizionato, sentono “sottomissione” ed “obbedienza” e scatta la reazione isterica. Nessuna delle critiche è entrata nel merito, erano critiche ai titoli, senza aver letto il contenuto. L’ho presa con allegria, so che il mondo non può sopportare l’idea di obbedire perché Dio è sparito dall’orizzonte. Purtroppo è un cambiamento che è entrato anche nelle scuole e che mette in discussione il principio di autorità. Il mondo voleva liberarsi dell’autorità, ma l’obbedienza a chi ci ama è custodia e non altro».
Costanza Miriano è nata nel 1970 a Perugia, dove si è laureata in lettere classiche. Ha studiato giornalismo, e si è trasferita a Roma dove ha cominciato a lavorare alla Rai. Per quindici anni al Tg3 nazionale, ora invece si occupa di informazione religiosa a Rai Vaticano (ma collabora con Il Foglio, Credere, Il Timone, La Verità). Sposata, (quattro figli, due maschi e due femmine) ha cominciato quasi per caso – o per provvidenza – a scrivere un libro, Sposati e sii sottomessa (2011), che è diventato un caso letterario in Italia ed è stato tradotto in vari paesi (tra cui la Spagna dove “Cásate y se sumisa” ha provocato vivissime polemiche trasformandosi in un vero e proprio caso). Successivamente ha pubblicato: Sposala e muori per lei (2013), Obbedire è meglio (2015), Quando eravamo femmine (2016) e Si salvi chi vuole (2017).
Dal sito: costanzamiriano.com
Enzo Governale
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