L’esperienza di Matteo e dell’oratorio di Valenza alla beatificazione di Acutis
Matteo Chiriotti (nella foto qui sotto), 18enne valenzano, da settembre ha iniziato il percorso di propedeutica presso la canonica del Duomo di Valenza. «Mi sto preparando per incominciare il mio percorso in seminario» ci dice a inizio intervista. Lui, insieme con altri 12 ragazzi dell’oratorio di Valenza, guidati da don Santiago Ortiz, ha partecipato alla beatificazione di Carlo Acutis, sabato 10 ottobre ad Assisi. Che cosa dice questo giovane beato ai semplici giovani, ce lo facciamo raccontare da Matteo (leggi anche l’intervista esclusiva al postulatore, Nicola Gori)
Matteo, ci racconti questa esperienza?
«Siamo arrivati ad Assisi venerdì sera, abbiamo sfruttato questa occasione anche per visitare la città. Il mattino seguente abbiamo partecipato alla beatificazione da una delle tre piazze che trasmetteva la celebrazione su un maxischermo. Siamo anche riusciti a visitare la tomba di Carlo…».
Che effetto ti ha fatto?
«Devo dire che partivamo avvantaggiati, perché il nostro centro estivo era proprio incentrato sulla storia del giovane beato. Però parlarne a voce è un conto, arrivare e trovarselo davanti agli occhi è un altro… Mi ha fatto senso, ma positivamente. Per me è un modello da imitare, un punto di riferimento. È stato bello e inaspettato poter vivere questi giorni in modo così intenso».
Ti ha colpito la quantità di persone presente?
«C’erano davvero un sacco di fedeli, le tre piazze dove si trasmetteva la celebrazione erano piene. Abbiamo sentito testimonianze non solo di italiani, ma anche da tutto il mondo. Preti, frati, suore e laici da tutto il mondo che raccontavano la storia di Carlo».
Come hai reagito scoprendo questa storia?
«Già il fatto di sentire che un ragazzo di 15 anni diventasse beato, mi ha fatto suscitare qualche interrogativo. Noi, nel nostro piccolo di parrocchia e oratorio, cerchiamo di trasmettere quei valori che Carlo ha seguito fedelmente e costantemente nella sua vita? Un sacco di persone hanno parlato di lui, ma tutte descrivono questo suo modo semplice di vivere una vita cristiana. Allora anche noi siamo invitati a farlo».
Ma è replicabile questo stile?
«Non è facile, ma questo è proprio il messaggio che ci vuole comunicare: tutti, soprattutto i giovani, possono seguire il modello di Gesù».
È stato definito “l’influencer di Dio”. Non sempre, però, i giovani usano bene i social…
«Lui ha realizzato un sito dedicato a una mostra sui miracoli eucaristici. Noi invece usiamo i social per altro, e non sempre li utilizziamo bene. I bambini, purtroppo o per fortuna, hanno sempre prima il telefono in mano e non sono educati al giusto utilizzo di questi strumenti. Carlo ci racconta una modalità diversa per utilizzare questi mezzi di comunicazione. Anche noi, nel nostro piccolo, abbiamo sperimentato un’esperienza di questo tipo».
Cioè?
«Durante l’oratorio estivo abbiamo visto quanto possa fare un video o un profilo Instagram se fatto bene, per giusti scopi. Mettendo al centro un ideale sano e cristiano. Con questo stile i social diventano un vantaggio per diffondere il messaggio».
Che cosa dice ai giovani il 15enne beato?
«Quest’estate sono rimasto colpito da una frase in particolare: “Tutti nascono come originali, molti muoiono come fotocopie”. Questo è il mood di oggi, come diremmo noi giovani (sorride). Noi seguiamo la moda, la massa. Pochi ragionano con la propria testa, ma tanti ragionano come collettivo. Purtroppo, basta poco per rendersene conto. In tutto questo, la storia di Carlo ci fa cambiare sguardo, perché sottolinea le mancanze della nostra generazione. Quel 15enne beato ci sprona per migliorare il nostro futuro».
Alessandro Venticinque