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La nuova Lettera pastorale: “Venite e vedrete”

– Un estratto della Lettera –

Parte Prima

Dieci anni

1. Il 25 novembre compirò dieci anni dal mio ingresso in Alessandria come vescovo. Sembra ieri. Sono arrivato con potenzialmente 25 anni davanti a me e già dieci se ne sono andati. È tempo di guardare indietro e fare un bilancio per ripartire di slancio.

2. Questa è la decima lettera pastorale che scrivo. La prima fu al termine del mio primo anno pastorale, e tornando da Lourdes passai a consegnarla ai parroci della città al termine del giorno dei Santi Pietro e Paolo del 2013: era infatti indirizzata ai soli presbiteri. Chiedevo loro quattro cose: la preghiera, la celebrazione quotidiana, la confessione quindicinale e la comunione tra noi. Poi, dalla fine dell’anno pastorale seguente ho cominciato a scrivere una lettera pastorale ogni anno, indirizzata a tutti i fedeli.

3. Talvolta ho pensato che, toccando alcuni temi, ne sarebbero potuti seguire consequenzialmente altri, ma gli eventi della nostra amata Chiesa mi hanno indotto a seguirne i problemi concreti e lo Spirito Santo mi ha spinto in quella direzione. Cerco di ripercorrere il cammino di questi anni. Mi sono chiesto con quale logica farlo, se cronologica, teologica o pedagogica. Ho optato per quest’ultima, come fa la Liturgia, perché lo scopo di questo scritto è la crescita concreta della nostra comunità, non una trattazione storica o teologica.

Il punto di partenza

4. Il punto di partenza, proprio in quanto punto di inizio di un cammino, è ciò che si lascia per dirigersi verso una meta che ha qualcosa di attrattivo. Questo è valido a condizione che il viaggio sia libero! Tuttavia, la vita cristiana rende libero ogni viaggio, come vedremo. Quindi il nostro cammino personale e sinodale sicuramente ha un punto di partenza carente, qualcosa che vogliamo lasciare, che non vogliamo faccia più parte del bagaglio della nostra vita, soprattutto quando pensiamo che il Signore è molto esigente con noi (“Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi” Gv 15,12). Nel contempo c’è qualcosa di nuovo che vogliamo abbracciare, qualcosa di più alto, più bello, più puro, degno del nostro impegno, qualcosa degno dell’intervento di Dio; infatti se cambieremo non sarà per merito nostro, ma soprattutto per l’azione di Dio. Dobbiamo dunque imparare a chiedere ciò che Dio vuole realizzare (“Sia fatta la tua volontà” Mt 6,10), il che comporta imparare a guardare noi stessi, il mondo e le persone con lo sguardo di Dio. Chiedere ciò che Dio vuole, postula la convinzione che sia proprio la cosa migliore per noi, la più bella immaginabile, e questo ci rimanda alla fede che è all’origine del nostro camminare per la via della vita: siamo convinti che debba essere Lui a “dirigere i nostri passi sulla via della pace” (Lc 1,79).

+ Guido Gallese
Vescovo di Alessandria

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