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Un luogo di accoglienza per tutti

«Mi piacerebbe avere un luogo dove le persone si sentano accolte, si sentano ascoltate. Un luogo “fisico”… perché oggi c’è proprio bisogno di una casa»

Sabato 14 settembre si è tenuta la 17a edizione del Pellegrinaggio nazionale delle famiglie per la famiglia, un appuntamento che ha visto coinvolti contemporaneamente i fedeli nei santuari mariani di Pompei e Loreto. L’iniziativa, promossa dal Rinnovamento nello Spirito Santo, si è svolta in collaborazione con l’Ufficio nazionale per la Pastorale familiare della Cei e il Forum delle associazioni familiari. Abbiamo chiesto a Diego Lumia, responsabile con la moglie Larives Bellora dell’ufficio per la famiglia della nostra Diocesi, di spiegarci il senso di questo evento.

Diego, il tema scelto per questo pellegrinaggio è ispirato alle parole di Maria nel Vangelo: “Qualsiasi cosa vi dica, fatela” (Gv 2,5b). È quello che lei dice ai servi alle nozze di Cana, primo miracolo di Gesù. Come fa oggi il Signore a dirci questa “qualsiasi cosa”? Come facciamo a sapere, in famiglia ma anche personalmente, che cosa ci sta chiedendo?

«Intanto, questo è il brano del Vangelo che abbiamo scelto nel nostro matrimonio io e mia moglie Larives, ed è ancora adesso il nostro punto fermo. Detto questo, cerchiamo di vivere un percorso di fede, di preghiera. Per esempio, nelle decisioni piccole o grandi della nostra vita ci mettiamo in ascolto della Parola del Signore. E ascoltiamo anche attraverso i fratelli, attraverso gli eventi, e comunque per noi è importante sempre discernere ogni cosa, ogni passo. Il Signore parla sicuramente attraverso la pace, attraverso le relazioni e ti fa fare sempre delle cose equilibrate. Non è un ascolto fideistico: è un ascolto in cui la fede e la ragione lavorano insieme. Quindi le scelte che dobbiamo compiere nella nostra vita stanno dentro a un percorso. Per riassumere, preghiamo sempre per ogni cosa, anche con i nostri figli, che ci aiutano a capire come dobbiamo muoverci».

Perché fare un pellegrinaggio per la famiglia?

«Il pellegrinaggio per la famiglia rappresenta proprio quello che è l’immagine stessa della Chiesa in cammino. È nato perché la famiglia ha un grande potenziale: Dio, si è incarnato proprio in una famiglia, ha salvato il mondo attraverso la famiglia. Le famiglie che si mettono in cammino insieme possono continuare con la loro semplicità, la loro preghiera, la loro fede, quell’opera di salvezza iniziata dal Signore con la sua venuta».

In che modo?

«Le famiglie sono capaci di dare solidità, di costruire relazioni. Sono il luogo in cui la Chiesa stessa dovrebbe rispecchiarsi. Questo pellegrinaggio è nato nel 2008, un anno dopo l’evento del Family Day, per mostrare che la famiglia è viva e quanto è bella la vocazione matrimoniale. Le famiglie si mettono in cammino per pregare insieme, non solo per sé stesse ma per tutte le famiglie del mondo. È la maniera con cui rispondere alle sfide della nostra epoca: attraverso la fede».

Quali sono le “sfide” del mondo alla famiglia?

«La prima sfida penso sia proprio l’individualismo e la paura del “per sempre”, la paura di entrare in relazione con gli altri. Ma la famiglia è proprio quel luogo dove non solo si costruiscono le relazioni, ma dove si affrontano le situazioni della vita, il luogo dove c’è accoglienza, il luogo dove c’è sempre qualcuno che ti aspetta. Ecco, la famiglia è il luogo delle porte aperte».

Che cosa rende la famiglia un luogo di accoglienza?

«Prima di tutto, quando si forma una famiglia cristiana bisogna considerare che l’invitato nelle proprie case è il Signore. Se non c’è Gesù che cambia la vita, che porta il vino nuovo, come nel tema richiamato da quest’ultimo pellegrinaggio, la coppia non è in grado di generare accoglienza, perché il motore, il cuore, diciamo, dell’amore è proprio il Signore. La famiglia è a servizio degli altri, di tutti, della comunità, e quindi genera anche nelle relazioni una paternità, una maternità anche spirituale».

La famiglia come luogo di evangelizzazione, dunque.

«È un luogo veramente per tutti. Noi lo stiamo sperimentando perché vediamo che le persone hanno bisogno del contatto umano, hanno bisogno di ascolto, di tempo per stare insieme. Questo bisogno di ripartire dalla famiglia non è altro che un ritorno alle origini: la Chiesa è nata nelle case, nelle famiglie, no?».

La Chiesa come Famiglia di famiglie, dunque.

«Come ha scritto papa Francesco nella sua “Amoris Laetitia”, per poter andare avanti la Chiesa deve imparare lo stile di vita familiare. Il cammino è avviato, anche se è un po’ lento: sicuramente c’è la necessità di dare più spazio alle famiglie come protagoniste della missione».

Perché secondo te è così difficile mettere su famiglia, anche per chi fa una vita di fede?

«Oltre a quell’individualismo che sta permeando la società, ed è entrato anche nella nostra mentalità, credo ci siano anche delle paure sul futuro legate alle ferite e alle situazioni che uno può aver vissuto. Sono paure che solo il Signore può guarire, e solo in una comunità questo può avvenire: qui è possibile fare esperienza di un Dio che cambia la vita, ci dà la forza di sognare e ci apre gli occhi per guardare anche più lontano. Senza, non riusciremmo».

Per te è stato così?

«A me è accaduto grazie alla comunità che mi ha accolto e mi ha fatto fare esperienza del Signore».

Però non tutti hanno la grazia di fare una vita di comunità. Chi non ce l’ha, cosa fa?

«Dovremmo essere noi a creare delle occasioni di comunità, ci vorrebbe proprio un cambio di mentalità nella nostra Chiesa. Ecco, ci vorrebbe un luogo, dei luoghi, dove tutti possono essere accolti».

Anche ad Alessandria sarebbe bello avere dei luoghi così, in cui si viene accolti per come si è. Ci sono già?

«Ci sono: nelle parrocchie, nelle comunità, nei movimenti. Ma dobbiamo fare un passo in più».

Sarebbe?

«Mi piacerebbe avere un luogo dove le persone si sentano a casa, si sentano accolte, si sentano ascoltate. Un luogo “fisico”, un’opportunità per tutti».

State lavorando anche per questo, nell’ufficio per la famiglia?

«Ci stiamo pregando. Stiamo chiedendo al Signore in che maniera possiamo essere più vicini alle famiglie, non solo noi come ufficio, ma proprio come Diocesi. Perché oggi c’è proprio bisogno di una casa».

Andrea Antonuccio

 LEGGI ANCHE: La veglia per la vita 2024: intervista a Diego Lumia e Larives Bellora

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