Domenica prossima, 14 gennaio, sarà la giornata mondiale del Migrante e del Rifugiato. Questa giornata è stata preparata dal messaggio del Santo Padre Francesco scritto a Roma il 15 agosto 2017. Per la giornata del 2013, l’allora papa Benedetto XVI scrisse un messaggio, che recentemente è stato riproposto sui social media, con taglio polemico, mettendo in contrapposizione i due pontificati. La frase oggetto della polemica è: «Prima ancora che il diritto a emigrare, va riaffermato il diritto a non emigrare, cioè a essere in condizione di rimanere nella propria terra». Il primo compito per discernere l’una o l’altra tesi è contestualizzare la
frase estrapolata da un discorso. Infatti Benedetto XVI affermava quest’idea subito dopo aver esposto quanto ricorda la Costituzione conciliare Gaudium et spes al n.65: «Il diritto della persona ad emigrare è iscritto tra i diritti umani fondamentali, con facoltà per ciascuno di stabilirsi dove crede più opportuno per una migliore realizzazione delle sue capacità e aspirazioni e dei suoi progetti». Ed era poi seguita dalle parole di San Giovanni Paolo II: «Diritto primario dell’uomo è di vivere nella propria patria: diritto che però diventa effettivo solo se si tengono costantemente sotto controllo i fattori che spingono all’emigrazione», dal discorso
che tenne al IV Congresso mondiale delle Migrazioni, nel lontano 1998. L’affermazione al centro del dibattito non deve essere considerata una espressione o presa di posizione politica. Il Papa emerito spiegava che troppo sovente le immigrazioni erano, e tutt’oggi sono, frutto di una grave precarietà economica, dell’assenza di beni primari, di guerre, di disordini e di calamità, e quindi non si tratta di una emigrazione animata da fiducia, fede, e speranza ma è un vero e proprio tormento, per mera sopravvivenza, non per raggiungere una realizzazione personale.
Alessandro M. Capra