Nella sua Lettera al popolo di Dio lei invita tutti i fedeli a lottare contro gli abusi. Può dirci che cosa i cattolici concretamente possono fare?
«Quando si vede qualcosa, bisogna parlare subito: questo deve fare il popolo di Dio! […] Ogni settimana più o meno ricevo persone che hanno subito abusi. Ho ricevuto una vittima che da quarant’anni soffriva questa piaga di silenzio perché i genitori non avevano creduto. Bisogna parlare, questo è importante, con le persone giuste».
In Irlanda come in altri Paesi sono state approvate leggi che permettono l’aborto. Lei come si sente?
«Sull’aborto voi sapete che cosa penso. Ma non permetto mai di incominciare a discutere il problema dell’aborto dal fatto religioso. L’aborto non è un problema religioso, noi non siamo contro l’aborto per motivi religiosi. No. […] È un problema antropologico, sull’eticità di far fuori un essere vivente per risolvere un problema».
Che cosa vorrebbe dire a un padre di una famiglia cattolica il cui figlio gli dice di essere omosessuale?
«Dirò per prima cosa di pregare, poi di non condannare, di dialogare, di capire, fare spazio al figlio o alla figlia. Una cosa quando si manifesta da bambino, che ci sono tante cose da fare con la psichiatria, un’altra cosa quando si manifesta dopo vent’anni… ma mai direi che il silenzio è un rimedio. Ignorare un figlio o una figlia con tendenza omosessuale è una mancanza di paternità o maternità, se voi non siete in grado, chiedete aiuto. Non cacciatelo dalla famiglia, è una sfida seria».