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Torriani (il primo a sinistra, con i baffi) nel 1918, insieme con don Luigi Sturzo e i 40 chiamati a fondare il Partito Popolare italiano

Uomini che hanno lasciato il segno – «La sua testimonianza di fede è viva ancora oggi»

All’alba dei 140 anni de La Voce alessandrina ripercorriamo insieme la vita e le vicende di don Carlo Torriani attraverso i suoi scritti e le testimonianze di chi lo ha conosciuto,direttamente o indirettamente.

Professor Gabutti, Carlo Torriani è stata una delle figure più significative del cattolicesimo alessandrino del ‘900. Perché riscoprirlo a distanza di alcuni decenni dalla sua vicenda umana?
«Direi che non è mai esercizio inutile fare memoria. Pensare il nostro presente, progettare il nostro futuro hanno un significato solo se si è capaci di conoscere e di “leggere” il nostro passato e le nostre radici morali e culturali. E poi…».

E poi?
«Sono passati pochi mesi dal 60° anniversario della morte di Torriani, avvenuta nell’aprile del 1958. E tra un paio di mesi, nel gennaio del 2019, ricorreranno i cento anni dall’ “Appello ai liberi e forti” e dalla fondazione del Partito Popolare di Sturzo, fondazione a cui concorse Torriani insieme ad una quarantina di esponenti del cattolicesimo italiano dell’epoca. Non mi sembra fuori luogo, quindi, ricordare oggi questa figura, rendere omaggio alla grandezza spirituale di un uomo come Carlo Torriani».

Parliamo di Torriani sacerdote: c’è un insegnamento che dice ancora qualcosa a noi uomini d’oggi?
«Diciamo subito che quando Torriani viene consacrato sacerdote, all’età di 45 anni, ha già alle spalle una significativa esperienza sociale, sindacale, politica. La sua, gli disse personalmente Pio XI, “è una vera vocazione, anzi una elezione, una predilezione del Signore”. Da sacerdote, vive più intensamente quelle dimensioni e quelle caratteristiche che lo avevano già ispirato da laico. Nell’Azione Cattolica come nella San Vincenzo, nelle Acli come nel Cif così come in tutte le altre realtà associative che lo vedevano coinvolto, il suo è il linguaggio delle opere di bene, del servizio alla Chiesa alessandrina, della vicinanza e della prossimità ai più poveri. Di lui, non a caso, qualcuno ha parlato di “Vangelo vivente”, continuo, ripetuto e instancabile annuncio del Cristo risorto».

C’è poi il rapporto con Madre Michel, quasi una “figliolanza spirituale”…
«I due si erano conosciuti agli inizi degli Anni 20. Quando Torriani diventa sacerdote, nel maggio del 1937, Madre Michel lo vuole con sé. Ha pregato per la sua vocazione, la considera un dono del Cuore Santissimo di Gesù alla Congregazione, lo ama come un vero e proprio figlio spirituale. Torriani conforta gli ultimi istanti di vita di Madre Michel. Da Cappellano vive quotidianamente a contatto con l’Opera di Madre Michel, ne conosce a fondo lo spirito, è testimone delle meraviglie che la Provvidenza vi compie».

Torriani è stato giornalista e ha anche diretto il settimanale diocesano?
«In due fasi. La prima tra il 1919 e 1924, quando è anche segretario del Partito Popolare a livello provinciale. Il taglio è decisamente sociale e politico. È lo stesso Torriani a promuovere il cambiamento della testata, da “L’Ordine” a “La Libertà”. La linea è chiara. Pieno sostegno a Sturzo, presa di distanza netta dal movimento fascista: nel 1922, Torriani viene pure schiaffeggiato, in pieno Corso Roma, dal deputato Edoardo Torre».

E l’altra fase è quella del secondo dopoguerra?
«Sì, dal 1946 al 1958. Sino all’ultimo dei suoi giorni, rimane direttore della “Voce Alessandrina”. Era la creatura che amava, lo strumento che, nelle sue intenzioni, era chiamato ad aiutare il lettore ad interpretare, con gli occhi della fede e il cuore di cristiano, i fatti del mondo. Quelli del secondo dopoguerra sono anni difficili e, al tempo stesso, esaltanti: soprattutto grazie a Torriani, “Voce Alessandrina” diventa espressione sincera e nobile delle ansie e delle speranze di un’intera comunità. Torriani si dimostra, nei suoi articoli, coraggioso interprete dei tempi, riferimento morale per coloro che hanno a cuore i valori della libertà e della democrazia, testimone appassionato di una fede autentica».

C’è poi l’impegno sociale e politico di Torriani a cui lei ha dedicato alcuni libri…
«Avevo poco più di vent’anni, ero un giovane collaboratore di “Voce”, quando don Luigi Riccardi, allora direttore del settimanale, mi spinse a leggere, studiare, approfondire la figura di Torriani. Fu per me una scoperta unica, straordinaria. E mi appassionò soprattutto la sua riflessione sociale e politica».

C’è, nella sua riflessione sociale e politica, un aspetto, un’idea che è sempre presente?
«Nel 1919, pochi mesi dopo la fondazione del Partito Popolare, in un articolo, Torriani parla di questa avventura come quella di “un esercito di uomini coscienti, fieri e liberi che sanno chiaramente quanto possa essere felice quel popolo che cerca e trova nella croce la libertà…”».

La libertà, quindi?
«È per questo valore della libertà, mai concetto formale ma realtà sostanziale che esige attuazioni pratiche, che Torriani fonda, insieme ad altri, agli inizi del Novecento, i primi sindacati bianchi: libertà del lavoro dalle condizioni difficili del tempo. È per questo valore della libertà che sostiene il progetto sturziano di un partito che fa della libertà delle formazioni sociali originarie, della libertà della scuola e dell’insegnamento, della libertà della Chiesa e del suo servizio spirituale, i cardini del suo programma».

E anche dopo…
«È per questo valore della libertà che, nella prima metà degli Anni 40, Torriani costruisce, insieme a tanti giovani che vedono in lui un punto di riferimento, quella risposta di orgoglio che genera la Resistenza. E lui è cassiere delle formazioni partigiane bianche… e quei giovani animeranno, pochi anni dopo, i primi circoli della Democrazia Cristiana».

Un’ultima cosa. Carlo Torriani è stata una personalità a tutto tondo: un uomo eclettico e impegnato su diversi fronti. Se lei dovesse trovare una “formula” per definirlo, che cosa direbbe?
«Mi riesce difficile definirlo con una formula. So però che il suo esempio, la sua testimonianza, la sua riflessione possono costituire per tutti noi, ma soprattutto per i giovani, una sorta di bussola che ci accompagni nella costruzione di una società più umana e più giusta».

Andrea Antonuccio

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