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Ecumenismo – Uniti nella giustizia e nella verità

Cercate di essere veramente giusti” è il tema della settimana di preghiera per l’unità dei cristiani di quest’anno, tratto dal capitolo 16 del libro del Deuteronomio. La celebrazione del 2019 è stata preparata dai cristiani dell’Indonesia: con una popolazione di 265 milioni di persone, di cui l’86% musulmano, l’Indonesia conta la più ampia maggioranza musulmana rispetto ad ogni altro paese. Vi è, però, un 10% di indonesiani costituito da cristiani di varie tradizioni, che insieme hanno elaborato il tema annuale. La data ormai tradizionale per la settimana di preghiera per l’unità va dal 18 al 25 gennaio, compresa cioè tra l’antica festa della cattedra di S. Pietro e quella della conversione di S. Paolo, assumendo così un significato simbolico, posta tra le feste dei due apostoli considerati “le colonne” della Chiesa.

Nel contesto del cosiddetto “movimento ecumenico” (dal greco “oikoumene”, “terra abitata”, in senso ampio “casa in cui tutti viviamo”) da ormai più di un secolo è maturata nei cristiani la convinzione della necessità di un impegno condiviso perché la diverse comunità che si sono divise per motivi storici, possano tornare unite e vivere una stessa fede, incominciando col pregare insieme. Poiché, come ben sappiamo, la storia della divisione delle Chiese è stata segnata anche da guerre e da episodi dolorosi, si tratta di un traguardo notevole che oggi i cristiani possano riunirsi, parlare di “riconciliazione” e di un’unica fede condivisa. Sono ormai un lontano ricordo i tempi in cui la Chiesa cattolica rifiutava il dialogo ecumenico, poiché si riteneva essa stessa il ceppo originale da cui si sono staccate tutte le altre comunità. Pertanto, “ecumenismo” significava semplicemente “ritorno” nel suo seno delle Chiese separate.

Il movimento ecumenico era nato fuori dalla Chiesa cattolica e, sostanzialmente fino al concilio Vaticano II, rimane fuori di essa. Ci sono, è vero, anche tra i cattolici, movimenti e personalità che si aprono a tali iniziative, ma vengono visti con preoccupazione dalla gerarchia, mentre l’atteggiamento ufficiale, fino agli anni ’60, rimane quello intransigente: i “fratelli separati” hanno una sola possibilità, quella di “ritornare”. La grande svolta cattolica verso l’ecumenismo verrà data, sessant’anni fa, da papa Giovanni XXIII con l’enciclica “Ad Petri cathedram” del 1958, in cui, aprendo nuovi orizzonti di incontro e di dialogo, le altre Chiese sono definite come “figlie” e “sorelle”, non più considerate come eretiche, scismatiche e scomunicate. Sempre per iniziativa di Roncalli, nel 1960, nasce il “Segretariato per l’unità dei cristiani”, mentre il Concilio Vaticano II, approva l’importante decreto sull’ecumenismo “Unitatis redintegratio” (1964), a cui seguiranno i documenti dei diversi papi del nostro tempo.

In tutto il mondo, come cristiani, ci riuniamo oggi in preghiera per far crescere proprio l’unità. E il tema del 2019, “Cercate di essere veramente giusti”, ci ricorda che viviamo in un mondo in cui la corruzione, l’avidità e l’ingiustizia causano disuguaglianza, povertà e divisione. La nostra preghiera per l’unità si trova così a intercedere per un mondo frantumato e spesso ingiusto: per questo deve essere tanto più incisiva e sentita da tutte le comunità. Come singoli e come gruppi, con i nostri comportamenti, con le nostre omissioni e silenzi, ci rendiamo a volte complici di ingiustizie, laddove, invece, come cristiani siamo chiamati a rendere testimonianza in favore della giustizia e della verità, e ad essere uno strumento dell’amore di Dio in un mondo lacerato.  Si tratta oggi di imparare a guardare al passato (ecclesiale ma anche personale) senza rimuovere la memoria degli sbagli e delle divisioni, ma assumendone con coraggio il peso, da portare forse con fatica ma più consapevoli della strada da percorrere verso un futuro di comunione.

don Stefano Tessaglia

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