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Catechismo: una bella storia!

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Paolo VI durante il Sinodo “La catechesi nel nostro tempo”

In primo luogo, siamo lieti che si sia insistito sul dovere dei Vescovi di vigilare e di adoperarsi perché nella catechesi sia sempre conservata la piena fedeltà alla Parola di Dio così come ci è stata manifestata dalla divina Rivelazione e trasmessa nei secoli dal Magistero della Chiesa. Indubbiamente questo stesso dovere di vigilare riguarda anche altre forme di presentazione della Parola di Dio, da quella del suo annuncio in generale, o evangelizzazione, alla sua proclamazione nella liturgia o predicazione, fino al suo studio approfondito nella teologia. Ma una vigilanza sulla catechesi è certo uno degli aspetti di tale dovere da parte di colui che da Cristo è stato costituito Pastore e Maestro nella sua Chiesa. Non intendiamo, in verità, di ripetere ora quanto ci sta a cuore l’attività di difesa e di promozione della sana dottrina. Infatti, per quanto riguarda questa nostra preoccupazione, conserva tutto il suo valore il messaggio che abbiamo rivolto a tutti i Vescovi, al termine del primo quinquennio dalla fine del Concilio Vaticano II. E la fedeltà nei confronti del deposito della Rivelazione chiaramente esige anche che non si passi sotto silenzio alcuna verità essenziale della fede. «Il Popolo affidato alle nostre cure ha il sacro ed inalienabile diritto di ricevere la Parola di Dio, l’intera Parola di Dio».

In secondo luogo, ci è stato di grande conforto il rilevare come da parte di tutti si sia notata l’estrema necessità di una catechesi sistematica, appunto perché tale approfondimento ordinato del mistero cristiano è ciò che distingue la stessa catechesi da tutte le altre forme di presentazione della Parola di Dio. Questo voi stessi l’avete sottolineato nella convinzione che nessuno può giungere alla verità intera a partire unicamente da una qualche semplice esperienza, e cioè senza una adeguata spiegazione del messaggio di Cristo, che è «Via, Verità e Vita» (Io. 14, 6), alfa e omega, principio e fine di tutte le cose (Apoc. 22, 13). L’integrale presentazione del messaggio cristiano comprende, ovviamente, anche la spiegazione dei suoi principii morali sia circa i singoli uomini sia circa l’intera società. Educare alla fede anche i fanciulli e giovani delle nostre comunità cristiane significherà, perciò, educarli alla «sequela di Cristo», come ci avete ben indicato nella dodicesima proposizione che ci avete trasmesso. Questo è, del resto, il senso della dottrina di San Giovanni Apostolo, quando ammonisce: «Chi dice : “Io lo conosco (Dio)” e non osserva i suoi comandamenti, è un bugiardo» (1 Io. 2, 4). […] Infine, riconosciamo più che mai l’influenza e la necessità dell’appello per la libertà della Chiesa, affinché questa possa adempiere il suo compito di istruire i propri figli nella fede cristiana. Purtroppo, non sono poche le nazioni in cui viene conculcato o almeno ingiustamente limitato il diritto dei singoli alla libertà religiosa, il diritto delle famiglie all’educazione dei figli, il diritto delle comunità religiose all’educazione dei propri membri. In quest’ora particolarmente solenne, noi ancora una volta supplichiamo i reggitori dei popoli affinché – per il bene stesso delle loro Nazioni – rispettino il diritto degli uomini e delle comunità religiose alla libertà sociale e politica in materia religiosa. Infatti, « tutelare e promuovere i diritti inviolabili dell’uomo è dovere essenziale di ogni potestà civile» (Dignitatis Humanae, 6).

29 ottobre 197

Giovanni Paolo II nell’esortazione “Catechesi tradendae”

È evidente, prima di tutto, che per la chiesa la catechesi è stata sempre un dovere sacro e un diritto inprescrittibile. Da una parte, è certamente un dovere, nato dalla consegna del Signore e che incombe su coloro i quali, nella nuova alleanza, ricevono la chiamata al ministero di pastori. D’altra parte, si può egualmente parlare di diritto: da un punto di vista teologico, ogni battezzato, per il fatto stesso del battesimo, possiede il diritto di ricevere dalla chiesa un insegnamento e una formazione che gli permettano di raggiungere una vera vita cristiana; nella prospettiva, poi, dei diritti dell’uomo, ogni persona umana ha il diritto di cercare la verità religiosa e di aderirvi liberamente, cioè sottratta ad ogni «coercizione da parte di singoli individui, di gruppi sociali o di qualsiasi potestà umana, così che in materia religiosa nessuno sia forzato ad agire contro la sua coscienza, ne sia impedito… di agire secondo la sua coscienza». È per questo che l’attività catechetica deve potersi svolgere in circostanze favorevoli – di tempo e di luogo -, aver accesso ai mass-media e ad altri strumenti di lavoro appropriati senza discriminazione verso i genitori, i catechizzati o i catechisti.

Al presente, questo diritto è certamente sempre più riconosciuto, almeno a livello dei suoi grandi principi, come ne fan fede dichiarazioni o convenzioni internazionali, in cui – quali che siano i loro limiti – si possono riconoscere i voti della coscienza di una gran parte degli uomini di oggi. Ma questo diritto è violato da numerosi stati, fino al punto che dare, o far dare, o ricevere la catechesi diventa un delitto passibile di sanzioni. È con forza che, in unione con i padri sinodali, io elevo la mia voce contro ogni discriminazione nel campo della catechesi, mentre lancio di nuovo un insistente appello ai responsabili, perché cessino del tutto queste costrizioni che pesano sulla libertà umana in generale e sulla libertà religiosa in particolare.La seconda lezione riguarda il posto stesso della catechesi nei programmi pastorali della chiesa. Più questa – a livello locale e universale – si dimostra capace di dare la priorità alla catechesi rispetto ad altre opere e iniziative, i cui risultati potrebbero essere più spettacolari, più trova nella catechesi un mezzo di consolidamento della sua vita interna come comunità di credenti e della sua attività esterna come missionaria. La chiesa, in questo XX secolo che volge al termine, è invitata da Dio e dagli avvenimenti – i quali sono altrettanti appelli da parte di Dio – a rinnovare la sua fiducia nell’azione catechetica come in un compito assolutamente primordiale della sua missione. Essa è invitata a consacrare alla catechesi le sue migliori risorse di uomini e di energie, senza risparmiare sforzi, fatiche e mezzi materiali, per meglio organizzarla e per formare un personale qualificato. Non si tratta di un semplice calcolo umano, ma di un atteggiamento di fede. E un atteggiamento di fede si riferisce sempre alla fedeltà di Dio, che non manca mai di rispondere.

16 ottobre 1979

Benedetto XVI nell’Esortazione “Verbum domini”

Un momento importante dell’animazione pastorale della Chiesa in cui poter sapientemente riscoprire la centralità della Parola di Dio è la catechesi, che nelle sue diverse forme e fasi deve sempre accompagnare il Popolo di Dio. L’incontro dei discepoli di Emmaus con Gesù, descritto dall’evangelista Luca (cfr Lc 24,13-35), rappresenta, in un certo senso, il modello di una catechesi al cui centro sta la «spiegazione delle Scritture», che solo Cristo è in grado di dare (cfr Lc 24,27-28), mostrando in se stesso il loro compimento.In tal modo rinasce la speranza più forte di ogni sconfitta, che fa di quei discepoli testimoni convinti e credibili del Risorto.

Nel Direttorio generale per la catechesi troviamo valide indicazioni per animare biblicamente la catechesi e ad esse volentieri rimando. In questa circostanza desidero soprattutto sottolineare che la catechesi «deve imbeversi e permearsi del pensiero, dello spirito e degli atteggiamenti biblici ed evangelici mediante un contatto assiduo con i testi medesimi; ma vuol dire, altresì, ricordare che la catechesi sarà tanto più ricca ed efficace, quanto più leggerà i testi con l’intelligenza ed il cuore della Chiesa», e quanto più s’ispirerà alla riflessione ed alla vita bimillenaria della Chiesa stessa. Si deve incoraggiare quindi la conoscenza delle figure, delle vicende e delle espressioni fondamentali del testo sacro; per questo può giovare anche un’intelligente memorizzazione di alcuni brani biblici particolarmente eloquenti dei misteri cristiani. L’attività catechetica implica sempre l’accostare le Scritture nella fede e nella Tradizione della Chiesa, così che quelle parole siano percepite come vive, come vivo è Cristo oggi dove due o tre si riuniscono nel suo nome (cfr Mt 18,20). Essa deve comunicare in modo vitale la storia della salvezza ed i contenuti della fede della Chiesa, affinché ogni fedele riconosca che a quella storia appartiene anche la propria vicenda personale.In questa prospettiva è importante sottolineare la relazione tra la sacra Scrittura e il Catechismo della Chiesa Cattolica, come ha affermato il Direttorio generale per la catechesi: «La sacra Scrittura, infatti, come “parola di Dio messa per iscritto sotto l’ispirazione dello Spirito Santo”, e il Catechismo della Chiesa Cattolica, in quanto rilevante espressione attuale della Tradizione viva della Chiesa, e norma sicura per l’insegnamento della fede, sono chiamati, ciascuno a modo proprio e secondo la sua specifica autorità, a fecondare la catechesi nella Chiesa contemporanea».

30 settembre 2010

Penso spesso al catechista come colui che si è messo al servizio della Parola di Dio, che questa Parola frequenta quotidianamente per farla diventare suo nutrimento e poterla così partecipare agli altri con efficacia e credibilità. Il catechista sa che questa Parola è «viva» (Eb 4,12) perché costituisce la regola della fede della Chiesa (cfr Conc. Ecum. Vat. II, Dei Verbum, 21; Lumen gentium, 15). Il catechista, di conseguenza, non può dimenticare, soprattutto oggi in un contesto di indifferenza religiosa, che la sua parola è sempre un primo annuncio. Pensate bene questo: in questo mondo, in quest’area di tanta indifferenza, la vostra parola sempre sarà un primo annuncio, che arriva a toccare il cuore e la mente di tante persone che sono di attesa di incontrare Cristo.

Anche a loro insaputa, ma sono in attesa. E quando dico primo annuncio non lo intendo solo in senso temporale. Certo, questo è importante, ma non è sempre così. Primo annuncio equivale a sottolineare che Gesù Cristo morto e risorto per amore del Padre, dona il suo perdono a tutti senza distinzione di persone, se solo aprono il loro cuore a lasciarsi convertire! Spesso non percepiamo la forza della grazia che, anche attraverso le nostre parole, tocca in profondità i nostri interlocutori e li plasma per permettere loro di scoprire l’amore di Dio. Il catechista non è un maestro o un professore che pensa di svolgere una lezione. La catechesi non è una lezione; la catechesi è la comunicazione di un’esperienza e la testimonianza di una fede che accende i cuori, perché immette il desiderio di incontrare Cristo. Questo annuncio in vari modi e con differenti linguaggi è sempre il “primo” che il catechista è chiamato a realizzare! Per favore, nella comunicazione della fede non cadete nella tentazione di stravolgere l’ordine con il quale da sempre la Chiesa ha annunciato e presentato il kerigma, e che trova riscontro anche nella struttura dello stesso Catechismo. […] È necessario che il catechista comprenda, quindi, la grande sfida che si trova dinanzi su come educare alla fede, in primo luogo, quanti hanno un’identità cristiana debole e, per questo, hanno bisogno di vicinanza, di accoglienza, di pazienza, di amicizia. Solo così la catechesi diventa promozione della vita cristiana, sostegno nella formazione globale dei credenti e incentivo ad essere discepoli missionari. Una catechesi che intende essere feconda e in armonia con l’insieme della vita cristiana trova nella liturgia e nei sacramenti la sua linfa vitale. L’iniziazione cristiana richiede che nelle nostre comunità si attui sempre di più un percorso catechetico che aiuti a sperimentare l’incontro con il Signore, la crescita nella sua conoscenza e l’amore per la sequela. […] Come sarebbe utile per la Chiesa se le nostre catechesi fossero improntate nel far cogliere e vivere la presenza di Cristo che agisce e opera la nostra salvezza, permettendoci di sperimentare fin da adesso la bellezza della vita di comunione con il mistero di Dio Padre, Figlio e Spirito Santo!

22 settembre 2018

Dalle origini a oggi

Dal periodo apostolico fino a prima dell’era costantiniana (IV secolo) la catechesi era intesa come un’educazione alla sequela dell’unico maestro Gesù. In seguito, con l’editto di Costantino del 313 e l’editto di Tessalonica del 380, si crearono presupposti e situazioni pastorali nuove. Di questo periodo un’opera importante da ricordare è il “De catechizandis rudibus” di Agostino d’Ippona: una lettera scritta da Agostino al diacono Deogratias all’incirca nell’anno 405, che fornisce la metodologia di insegnamento ai rudes, ossia coloro che erano candidati al catecumenato. Proprio il “catecumenato”, un fenomeno cominciato nel II secolo e proseguito fino al V, era organizzato a tappe successive: la presentazione e ammissione, la formazione che poteva durare anche tre anni, uno scrutinio per la verifica del comportamento e quindi la preparazione immediata al battesimo all’inizio della quaresima, la celebrazione dei sacramenti dell’iniziazione cristiana la notte della veglia di Pasqua, le catechesi sui sacramenti ricevuti nel periodo post-pasquale. All’inizio del Medioevo la chiesa conosce una nuova forte spinta evangelizzatrice. Tale situazione arrivò al culmine con Carlo Magno (742 – 814) e il Sacro Romano impero, dove la religione funse da buon collante sociale. In seguito, furono proprio i catechismi di Erasmo da Rotterdam (1466 o 1469 – 1536) che riaffermarono il concetto dell’atto di fede e di scelta cristiana. Arriviamo poi al Concilio di Trento (1545-1563 con varie interruzioni).

La sua importanza è legata alla nuova organizzazione della catechesi. Fulcro di questa riorganizzazione fu la richiesta di una pubblicazione di un catechismo per i parroci (catechismus ad parochos) avvenuto sotto papa Paolo V nel 1556, che segue lo schema delle predicazioni medievali: fede, sacramenti, comandamenti e preghiera. Durante il periodo post-conciliare prese piede un tipo di catechesi che avveniva all’interno delle Confraternite della dottrina cristiana che promuovevano l’educazione religiosa dei fanciulli e dei ragazzi. Il più grande predicatore del periodo post-tridentino fu il francescano san Leonardo da Porto Maurizio (1676 – 1751), a lui è dovuta l’ideazione e la diffusione della pratica della Via Crucis e la diffusione della preghiera delle Tre Ave Maria. Negli anni dell’illuminismo e della modernità (1700 e 1800) si colloca la riforma di Maria Teresa d’Austria (Vienna 1717 – 1780) che applicò nell’impero Austro-Ungarico appunto la didattica alla catechesi effettuata in ambito scolastico: la catechesi verrà studiata per due ore settimanali e verranno alla luce ben tre catechismi, con finalità di formazione e indottrinamento morale, aventi basi decisamente più scientifiche. Arriviamo quindi al Concilio Vaticano I (8 dicembre 1869 – 18 luglio 1870) che avvertì la forte necessità di un catechismo unico, votandone lo schema il 4 maggio del 1870, ma mai promulgato a causa della chiusura anticipata del suddetto Concilio. Il movimento catechistico del XX secolo è stato nella sua formazione e strutturazione molto complesso, e dettato dalle idee nate nel Concilio Vaticano II (1962-1965).

Un Concilio in cui non si è parlato esplicitamente della catechesi, ma con la ventata di novità che ha espresso nei campi della rivelazione, della missione-evangelizzazione e dell’ ecclesiologia, si sono prodotti forti effetti anche nel campo della catechesi. Tant’è che il periodo post-conciliare è stato per la catechesi molto fecondo producendo numerosi documenti ed eventi sia a livello di Chiesa universale, sia di chiese nazionali, sia di chiese particolari. A partire dal direttorio catechistico generale, la cui prima edizione risale all’11 aprile del 1971 a cura della Congregazione per il Clero, fu pubblicato alla richiesta fatta dai padri conciliari. Proseguiamo con il sinodo dei vescovi del 1974 e l’esortazione apostolica “Evangelii nuntiandi” di papa Paolo VI. Passando per l’esortazione apostolica “Catechesi Tradendae” iniziata da Paolo VI, proseguita nei 33 giorni di pontificato di Giovanni Paolo I, ed emanata da Giovanni Paolo II il 16 ottobre del 1979. Un’altra enciclica importante è “Redemptoris Missio” del 7 dicembre 1990 curata sempre da Giovanni Paolo II. Sempre in questa direzione un altro testo significativo è “Il Catechismo della Chiesa Cattolica” approvato il 15 agosto 1997 dal Pontefice polacco. Nella stessa data venne approvato “Il direttorio catechistico generale”, in seconda edizione, che intendeva sostituire il direttorio del 1971.

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