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La morte è il fallimento della vita?

Il #granellodisenape di Enzo Governale

Passiamo i nostri giorni a costruire la nostra vita pesando le nostre scelte per evitare di fare errori, a cercare di comportarci bene e rispettare le regole che gli altri, o noi stessi, ci costruiamo intorno. Cresciamo con l’idea che il fallimento sia da evitare a tutti i costi, ne abbiamo paura perché esce dal nostro controllo. Nessuno decide di voler fallire. Secondo questo pensiero, il più grande fallimento della vita è la morte. Perché è totalmente fuori dal nostro controllo, perché è incomprensibile, non ha un senso, a meno che non ci sia qualcosa dopo. Ma cosa c’è dopo la morte? Paradiso o inferno?

 

C’è chi dice che l’inferno non esiste perché Dio è buono, ma può esistere il bene senza il male? In fondo, se non ci fosse il male non potremmo neanche definire con chiarezza che cos’è il bene. Per fortuna Gesù non ci parla di bene ma di amore. Ce ne ha parlato così “bene” che è morto perché noi potessimo essere liberi di sceglierlo, l’amore per funzionare ha bisogno di libertà. E siamo così liberi da poter decidere se andare all’inferno o in paradiso. Ecco perché l’inferno esiste, perché se non esiste una scelta contraria all’amore di Dio allora noi non siamo liberi. E senza libertà non c’è amore. Fallire è una delle cose più sante che ci possano accadere, perché la vita è la risurrezione dal fallimento, quindi senza fallimento non c’è vita. Fallire significa imparare a riconoscere ciò che è reale da ciò che è possibile, perché possiamo essere in grado di esercitare la nostra libertà e scegliere l’Amore. Non solo il bene.

@cipEnzo

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