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Bello il calcio… ma quanto costa!

La testa e la pancia di Silvio Bolloli

I presidenti delle squadre di Serie C e gli sforzi economici  per gestire le loro squadre

Sabato, salvo miracoli, l’Alessandria non disputerà l’ultima partita dell’anno solare 2019 in trasferta contro la squadra lacustre del Gozzano (peraltro un’avversaria ampiamente abbordabile in un momento cui il morale dei Grigi si è un po’ risollevato dopo la vittoria casalinga nel derby contro la Pro Vercelli) per una protesta contro l’attuale Governo, condivisa dall’intera Serie C in materia di defiscalizzazione dei club. L’oggetto del contendere riguarda l’estensione della Normativa sull’apprendistato dei lavoratori ai club calcistici ma il punto fondamentale è in realtà un altro e ha come oggetto le spese, sempre più folli e sempre meno facilmente gestibili, di quella meravigliosa ars pedatoria che da decenni tiene gli italiani incollati ai teleschermi o alle prime pagine dei periodici sportivi, soprattutto al lunedì, per sapere che cosa ha fatto la squadra del cuore. In questo gioco, da un lato sempre più bello, ma dall’altro sempre più insostenibile per i costi enormi, in primis quelli relativi agli emolumenti dei calciatori, le sponsorizzazioni e i diritti televisivi giocano un ruolo fondamentale, praticamente vitale, solo nelle categorie nobili, in primo luogo nella Serie A.

Nuovo pallone per i 60 anni della Serie C

Se guardiamo però alla terza categoria, il discorso cambia drasticamente e i presidenti si trovano sovente costretti a sforzi tali da far venire i sudori freddi al più accorto dei ragionieri contabili di vecchia scuola: i tifosi, dal canto loro, soprattutto i curvaioli, ragionano invece con la pancia pronti come sono ad assaltare il presidente che non è riuscito a soddisfare i loro sogni ed a sovente elogiare al minimo sindacale quando tutto va bene (perché, in questo caso, i vari patron hanno fatto solo il loro dovere). Preciso che questo non è un discorso che vale per l’Alessandria in particolare ma per tutti i club calcistici, quali più e quali meno: d’altro canto, se non ci fossero i cosiddetti curvaioli i nostri stadi sarebbero veramente ridotti ad un silente museo. Chi, allora, resta col cerino in mano sono proprio i “poveri” presidenti, costretti a sforzi sovrumani (che in più di un’occasione hanno portato imprenditori di successo alla rovina) ma che forse non riescono a fare a meno di quella droga che si chiama popolarità e pubblica venerazione. Sia come sia, è chiaro che il calcio resta un eccezionale volano di mille altri interessi ed attività che un Governo moderno ed accorto non può trascurare: ne consegue come ogni iniziativa strumentale ad alleggerire il peso sempre più insopportabile degli oneri incombenti sui vari proprietari dovrebbe essere incoraggiata. Chi siede a Palazzo Chigi, o sugli scranni di Montecitorio e di Palazzo Madama, ne tenga, dunque, debitamente conto.

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