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Ho bisogno di amicizia: lettere di un legame

“La recensione” di Fabrizio Casazza

Quando non c’erano ancora il telefono, internet, i cellulari, l’unico modo di comunicare continuativamente con una persona amica ma lontana era la corrispondenza epistolare. Il Servo di Dio Primo Mazzolari (nella foto) e Guido Astori, sacerdoti del clero di Cremona, si scambiarono missive per tutta la vita, dal 1908 al 1959. Ora quel carteggio, a cura di don Bruno Bignami e Umberto Zanaboni, è pubblicato da Edb con il titolo quanto mai evocativo “Ho bisogno di amicizia” (pp 343, euro 28).

Quasi coetanei, i due furono coinvolti nella dolorosa esperienza della Prima guerra mondiale, che ne scavò le coscienze, mettendo in un certo senso in crisi il loro ministero presbiterale. Ne derivò anche un senso di solitudine esistenziale e di incomprensione, che pesò per sempre sul delicato animo di entrambi. Fanno pensare questi duri giudizi di don Mazzolari: «Ho schifo […] di tutto ciò che è militare. Cresce la disonestà, cresce la corruzione; divengono degli stracci di uomini questi poveri ragazzi e quando torneranno domani potranno essere tutto fuorché dei bravi cittadini» (p. 93).

Nella considerazione di Mazzolari sui tempi che stava vivendo impressionano – e in un certo senso consolano – alcune sue valutazioni: da seminarista elogia il suo maestro delle elementari come «uno di quei vecchi insegnanti dei tempi andati, uomini di coscienza e di fede che hanno saputo creare generazioni di giovani onesti e la cui semenza va purtroppo scomparendo» (p. 43). E siamo nel 1911… Da parroco di Cicognara, paese in provincia di Mantova, dichiara di non voler «per null’affatto dar credito alla mania della novità. Mi sento conservatore oltre ogni dire; ma per conservare, credo convenga scavare, liberando le nostre meravigliose tradizioni dalla comodità che gli uomini vi hanno buttato sopra con la scusa di conservarle» (p. 107).

Dal libro traspare tutta l’umanità dei due, con tutte le fatiche pastorali, le incomprensioni coi confratelli, le tensioni coi vescovi («per il fatto che sono Vescovi gli uomini non si equivalgono. A meno che non si arrivi a una concezione meccanica della Grazia», p. 244), i problemi di salute che non riescono però a spegnere la passione ardente per l’annuncio del Vangelo.

Riassume efficacemente nella postfazione il senso del volume il vescovo Gualtiero Sigismondi, Pastore della Chiesa di Orvieto-Todi e Assistente ecclesiastico generale dell’Azione Cattolica Italiana: «Queste pagine documentano, ampiamente, che curare la fraternità e l’amicizia tra il clero è sicura garanzia non solo di crescita nella fede, ma anche di progettualità pastorale» (p. 333). Certo, le epoche e le vicende sono estremamente diverse da allora ma la prospettiva rimane valida e da cercare tenacemente.

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