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I giovani in Cattedrale in preghiera per le vocazioni

Speciale Madonna della Salve/10

Sabato 7 maggio dalle ore 21, in una Cattedrale piena, si è svolta la Veglia di preghiera per le vocazioni. Un anticipo della processione della Salve del giorno successivo. Per farci raccontare com’è andata abbiamo fatto qualche domanda a padre Giorgio Noè, parroco dell’Unità pastorale Fraschetta-Marengo, e direttore dell’Ufficio pastorale per le vocazioni della nostra Diocesi.

Padre Giorgio, come è andata la Veglia?

«Direi molto bene. La serata è stata preparata seguendo il programma della Cei, all’interno della Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni. Per la nostra chiesa locale si trattava di un evento ancora più importante, perché inserito nell’Ottavario della Madonna della Salve. Un altro aspetto significativo è che abbiamo invitato tutti i ragazzi che sono stati a Roma, il lunedì dell’Angelo, a incontrare il Papa. Alla lettura di alcuni testi e alla visione di video, è seguito un momento di preghiera e Adorazione Eucaristica. Dopo questa serata, ci auguriamo che ci siano altri momenti come questo: il desiderio è di fare continuità, proporre un percorso, più che vivere eventi isolati. Un cammino segnato da incontri e da crescita condivisa, perché abbiamo bisogno di intensificare la Pastorale giovanile e vocazionale. Una sfida che sentiamo aperta, soprattutto in questo tempo. Raccogliamo le parole di papa Francesco nell’Evangelii Gaudium, per uscire e andare incontro ai giovani. Un richiamo essenziale per la vita e la vitalità della nostra Diocesi».

Che cosa l’ha colpita di questi giovani?

«La curiosità e la disponibilità a lasciarsi coinvolgere da una proposta. L’invito a partecipare all’incontro con il Papa, dopo un lungo stop per la pandemia, per noi era un’incognita: non sapevamo con precisione in quanti avrebbero risposto. La risposta è stata massiccia, oltre le aspettative: l’evento era stato organizzato per un minimo di 20 mila giovani, se ne attendevano 50 mila, ma siamo arrivati a quota 80 mila. Mi ha colpito questa loro capacità di mettersi in gioco. Anche andando a “scatola chiusa”, perché molti di questi ragazzi non avevano mai avuto opportunità di questo tipo prima del Covid: si sono ritrovati a vivere un’esperienza unica. E lo è stato tanto per loro quanto per noi. Per questo dovremo sfruttare questa chance per poter vivere a pieno la ricchezza di questi giovani».

Avete già in programma dei prossimi appuntamenti?

«Sicuramente l’estate e i campi estivi delle parrocchie offriranno un’opportunità per incontrarci e condividere insieme alcuni momenti. Non vorremmo far passare tanto tempo tra un incontro e l’altro».

Che cos’è una vocazione?

«Ti rispondo tecnicamente (sorride). Una vocazione è rispondere alla chiamata del Signore, sentire questo invito e realizzare un progetto, nonostante le tue capacità e possibilità. Ma, di conseguenza, significa anche affidarti a chi ti chiama. Sapendo che Lui mette sempre quel pezzettino che noi non sapremo mai fare».

Si parla tanto di crisi vocazionale, ma è un discorso legato solo alla carenza di ordinazioni sacerdotali?

«No, questo è un discorso aperto a ogni ambito della vita. Basta guardare le difficoltà di famiglie e matrimoni. Numeri e statistiche sono chiari: non si riescono più a prendere decisioni a lungo termine. Una sorta di crisi vocazionale a livello decisionale. Si dice che il “per sempre” fa paura e che mette in difficoltà la possibilità di nuove vocazioni. Ma non dimentichiamo che i giovani, di fronte a una proposta affascinante, coinvolgente e forte, sanno sempre mettersi in gioco. Hanno delle risorse e delle energie che forse noi abbiamo perduto».

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