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«Credo che la vergogna è una grazia, sai?»

Papa Francesco, di ritorno dal Bahrein, affronta ancora il tema degli abusi sui minori

Di ritorno dal suo viaggio in Bahrein (che si è svolto dal 3 al 6 novembre) papa Francesco ha tenuto una conferenza stampa sul volo che lo riportava a casa. In queste occasioni il Santo Padre risponde sempre con molta cordialità e sincerità alle domande dei giornalisti che lo seguono durante i suoi viaggi. Di tutto ciò leggiamo poco sui giornali, ed è onestamente un peccato: i contenuti meritano tutta la nostra (e la vostra) attenzione. Qui vi proponiamo una domanda (con risposta, chiara e inequivocabile, di papa Francesco) sul tema della gioia cristiana, in certi casi “offuscata” dagli scandali legati agli abusi sui minori. Buona lettura! (A. A.)

Hugues Lefèvre (I.Media)
Grazie, Santo Padre. Questa mattina nel suo discorso al clero del Bahrein, Lei ha parlato dell’importanza della gioia cristiana, ma nei giorni scorsi molti fedeli francesi hanno perso questa gioia quando hanno scoperto sulla stampa che la Chiesa aveva tenuto segreta la condanna nel 2021 di un Vescovo, ora in pensione, che aveva commesso abusi sessuali negli anni ‘90 mentre era sacerdote; quando questa storia è uscita sulla stampa, cinque nuove vittime si sono presentate. Oggi molti cattolici desiderano sapere se la cultura della segretezza della giustizia canonica debba cambiare e diventare trasparente, e vorrei sapere se Lei pensa che le sanzioni canoniche debbano essere rese pubbliche. Grazie.

Papa Francesco
«Grazie a te per la domanda, grazie. Vorrei cominciare con un po’ di storia su questo. Il problema degli abusi c’è sempre stato, sempre, non solo nella Chiesa. Dappertutto. Voi sapete che il 42-46% degli abusi sessuali si fa in famiglia o nel quartiere: questo è gravissimo. Ma sempre l’abitudine è stata quella di coprire. In famiglia ancora oggi si copre tutto, e anche nel quartiere si copre tutto o almeno la maggior parte. È un’abitudine brutta che nella Chiesa è cominciata a cambiare quando c’è stato lo scandalo di Boston, del cardinale Law, che era cardinale lì e ora è morto. Per quello scandalo il cardinale Law ha dato le dimissioni: è la prima volta che è uscito così, come scandalo. E da lì la Chiesa ha preso conoscenza di questo e ha cominciato a lavorare, mentre nella società normalmente si copre, normalmente, in altre istituzioni. Quando c’è stato l’incontro dei presidenti delle Conferenze episcopali, ho chiesto all’Unicef, alle Nazioni Unite, le statistiche e ho dato loro le percentuali: quale percentuale nelle famiglie, quale nei quartieri – la maggioranza –, quanto nelle scuole, nell’attività dello sport… È una cosa che hanno studiato bene, e anche nella Chiesa. Viene qualcuno a dire: “Siamo una minoranza”. Ma se fosse uno solo è tragico, è tragico, perché tu sacerdote hai la vocazione di far crescere la gente e con questo tu la distruggi. Per un sacerdote è come andare contro la propria natura sacerdotale, anche contro la propria natura sociale. Per questo è una cosa tragica e non dobbiamo fermarci, non dobbiamo fermarci. In questo svegliarsi per fare le indagini e le accuse, non sempre la cosa è stata uguale: alcune cose sono state nascoste. Prima dello scandalo Law di Boston si cambiavano le persone… Adesso è tutto chiaro e stiamo andando avanti su questo punto. Per questo non dobbiamo stupirci che vengano fuori casi come questo. O un altro vescovo mi viene in mente… Ce ne sono, sai? E non è facile dire “noi non lo sapevamo” o “era la cultura dell’epoca e continua ad essere la cultura sociale di tanti, nascondere”. Ti dico questo: la Chiesa su questo è decisa, e voglio ringraziare pubblicamente qui l’eroicità del Cardinale O’Malley: è un bravo Cappuccino, che ha visto il bisogno di istituzionalizzare questo lavoro con la Commissione per la tutela dei minori; lo sta portando avanti bene, e fa bene a tutti noi e ci dà coraggio. Stiamo lavorando con tutto quello che possiamo, ma sappi che ci sono persone dentro la Chiesa che ancora non la vedono chiara, non condividono così: “Aspettiamo un po’, vediamo…”. È un processo che stiamo facendo con coraggio e non tutti abbiamo coraggio. A volte, la tentazione dei compromessi ti viene, e siamo tutti schiavi dei nostri peccati. Ma la volontà della Chiesa è di chiarire tutto. Per esempio: ho ricevuto negli ultimi mesi due lamentele di abusi che erano stati coperti e non giudicati bene dalla Chiesa. Subito ho detto: si studi di nuovo, e si sta facendo un nuovo giudizio. Anche questo: revisione di giudizi vecchi, non ben fatti. Facciamo quello che possiamo, siamo peccatori. E la prima cosa che dobbiamo sentire è la vergogna, la profonda vergogna di questo. Credo che la vergogna è una grazia, sai? Possiamo lottare contro tutti i mali del mondo, ma senza vergogna non potremo. Per questo mi ha stupito quando Sant’Ignazio, negli Esercizi, ti fa chiedere perdono dei peccati che hai fatto, ti fa arrivare fino alla vergogna, e se tu non hai la grazia della vergogna non puoi andare avanti. Uno degli insulti che abbiamo nella mia terra è “tu sei uno senza vergogna”, e credo che la Chiesa non può essere “senza vergogna”, che debba vergognarsi delle cose brutte, come certo dare grazie a Dio per le cose buone che fa. Questo ti devo dire: tutta la buona volontà e andare avanti, anche con l’aiuto vostro».

(Testo tratto da Vatican.va)

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