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Giulio Legnaro, a fumetti La resa di Alessandria

Circolo i Marchesi del Monferrato

Il Circolo “I Marchesi del Monferrato” persegue tra i suoi scopi statutari la partecipazione a iniziative di carattere culturale volte a migliorare la conoscenza della storia del Monferrato, siano esse organizzate da Istituzioni Pubbliche, Private o da singoli cittadini.

In adempimento alla norma suddetta, in questi giorni è stata portata a compimento da Giulio Legnaro (nella foto qui sotto) la realizzazione di un nuovo fumetto dal titolo La resa di Alessandria, che ha visto un’ampia sinergia tra Soggetti diversi a partire dal Comune di Alessandria, capofila di altri Comuni della zona, e dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria che è sempre presente nel sostenere economicamente iniziative per il territorio.

Con il consolidato messaggio del linguaggio visivo è stata raccontata l’antica vicenda del 1183 quando la città di Alessandria venne fondata giuridicamente dal Barbarossa e riconosciuta con il nuovo toponimo di Cesarea; un episodio questo che attraverso una lettura stimolante e rilassata è bene far conoscere soprattutto ai giovani per aiutarli ad accrescere la loro conoscenza storica di un avvenimento, che comprendendo l’antico ambito territoriale del Marchesato del Monferrato ha interessato il nostro Circolo che venerdì 19 maggio al Salone Internazionale del Libro di Torino era presente nella Sala Arancio, dove sono intervenuti Vittoria Poggio, Assessore Regionale alla Cultura, il Sindaco emerito di Alessandria Gianfranco Cuttica di Revigliasco e i Consiglieri Comunali Luca Ferraris e Valerio Vanin.

La presentazione del fumetto è avvenuta davanti alle autorità istituzionali, alla presenza di un folto pubblico di studenti dell’Istituto “Umberto Eco” di Alessandria, composto da due classi dell’ex Liceo Classico “Plana” che hanno accompagnato, in pullman con i loro insegnanti, l’autore nella prestigiosa trasferta del Lingotto Fiere.

Il fumetto è un lavoro narrativo e grafico che offre spunti di riflessione su un periodo incerto, di lotta tra papato e impero, nell’ambito di un contesto sociale che ancora non riconosceva i primi costituenti Comuni che di lì a poco, con la pace di Costanza del 1183, avrebbero ottenuto da un imperatore che preferiva governare nella pace, il diritto di imporre tasse, battere moneta, amministrare la giustizia.

E Giulio Legnaro parte proprio da lì, dalla “Reconciliatio Alexandrie” stipulata a Norimberga pochi mesi prima, per introdurre il lettore attraverso i suoi personaggi di fantasia che viaggiano nel tempo in un racconto inedito, fuori dal comune, utilizzando la nona arte del fumetto, ormai riconosciuta anche nelle scuole, per divulgare con il suo particolare stile una bella storia colorata e ricca di significati.

La ricerca storica ha riportato alla luce i nomi di Giovanni de Uasco e Raniero Nanus, due dei tredici consoli presenti in Alessandria nel 1183, personaggi che sono rappresentati in catene mentre con toni accesi discutono, o forse litigano, sulla necessità o meno di arrendersi all’imperatore.

Un dibattito quello che poteva accendere tra i cittadini, e magari nei fatti può anche essere avvenuto, fuochi di estremo entusiasmo per difendere la propria libertà; col senno di poi gli alessandrini hanno scelto la strada giusta, evitando che la città fosse rasa al suolo, riprendendosi pochi anni dopo con la pazienza della diplomazia, il nome originario di Alessandria.

“La resa di Alessandria” segue il precedente fumetto “La fondazione di Alessandria” presentando due risvolti di una stessa medaglia: i quattro viaggiatori nel tempo passano infatti dall’euforia del giorno del riconoscimento della città, avvenuto nel 1168 a Lodi da parte della Lega Lombarda, a quello nefasto della resa quando i consoli, così avveniva nel medioevo, dovevano uscire dalle mura sfilando a testa bassa e con la spada appesa al collo davanti all’esercito straniero appositamente schierato.

Giulio Legnaro termina infine il suo fumetto con un omaggio agli alessandrini, che per scrivere la loro storia si gloriano del loro dialetto:

Donca, d’cui temp là, u i era ar Marchèis dar Munfrà, ch’a l’era ar barba dl’Imperatur Barbarùsa, e u stava a Casal e li l’auriva sgrandì ar so tèri e ‘mnì da chì, par drubì ra stra a s ‘nvud Barbarùsa.
Anlura i pais chì danturn i àn capì che, par nent caschè ant’armàn di Munfrén, o di Tudésch, o di Pavéis, i duvivu stè unì e furmè tra lur ‘na fòrsa sula …
… Is Barbarùsa (an lisandrén as dis: pej russ, cativa lòn-na!) a r’è calà dar muntagni e i devi savéj ch’j’on sernì er pù balùrd, er pù barbar …

Dunque, di quei tempi, vi era il Marchese del Monferrato, che era lo zio dell’imperatore Barbarossa, e abitava a Casale e voleva ingrandire le sue terre e venire di qua, per aprire la strada a suo nipote Barbarossa.

Allora i paesi qui intorno hanno capito che, per non cadere nelle mani dei Monferrini, o dei Tedeschi, o dei Pavesi, dovevano stare uniti e formare tra loro una forza sola …
… Il Barbarossa (in alessandrino si dice: pelo rosso, cattiva lana) è venuto dalle montagne e dovete sapere che hanno scelto il più balordo, il più barbaro …

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