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La pace: l’attualità degli scritti di don Primo Mazzolari

“La recensione” di Fabrizio Casazza

«Stiamo vedendo una terza guerra mondiale a pezzi». Lo ha ricordato il 3 agosto scorso papa Francesco agli universitari presenti a Lisbona per la Giornata Mondiale della Gioventù. Dall’Ucraina al Niger fino a zone dimenticate come la Siria e lo Yemen i conflitti continuano a portare terrore, miseria, dolore, distruzione, morte. Risultano pertanto ancora di drammatica attualità le parole del Servo di Dio Primo Mazzolari, parroco nella diocesi di Cremona, morto nel 1953, raccolte da Edb in La pace (pp 100, euro 15).

Il postulatore e il vice postulatore della causa di beatificazione, i sacerdoti Bruno Bignami e Umberto Zanaboni, hanno riportato nel libro le riflessioni che don Mazzolari pubblicò sul quindicinale da lui fondato, Adesso, tra il 1949 e il 1959. È il periodo della fine della Seconda guerra mondiale, che purtroppo non inaugurò un’era di pace ma l’epoca della “guerra fredda” tra le due superpotenze dell’epoca, gli Stati Uniti d’America e l’Unione Sovietica. L’autore conobbe in prima persona gli orrori bellici nel corso della Prima Guerra mondiale, prendendovi parte prima come prete soldato e poi come cappellano militare.

Dall’analisi del suo pensiero su questo tema il cardinale Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Conferenza episcopale italiana, ricava nella prefazione tre insegnamenti. Il primo è che «la pace si presenta sotto le forme della croce», cioè impegna a farsi carico della fatica del dialogo e della diplomazia per arrivare alla riconciliazione. Il secondo è che «l’umanità ha bisogno di cambiare passo», puntando con decisione al disarmo, innanzi tutto riducendo gli investimenti in armamenti. Il terzo è che «la guerra nel mondo continuerà a far trionfare la logica di Caino»: siccome tutti formiamo un’unica famiglia umana, si può dire che ogni omicidio sia in realtà un «fratricidio scientificamente organizzato», secondo le parole dello stesso don Primo.
Gli articoli insistono molto sulla responsabilità individuale, che non può demandare tutto alle autorità. «Ognuno di noi è un cielo che può dare pioggia o sereno, preparare la guerra o confermare la pace: ognuno di noi è un guardiano degli argini della pace, prima di ogni “grande” o di ogni ministro degli esteri e della guerra, sia del Patto atlantico come del Blocco continentale», ossia della Nato e dell’ora disciolto Patto di Varsavia, che radunava i Paesi del mondo comunista.

Fa bene riprendere in mano questi testi che, purtroppo, non hanno perso la loro drammatica attualità dopo tanti decenni. Le soluzioni suggerite possono naturalmente essere discusse e riviste nelle attuazioni concrete ma il loro slancio ideale e il richiamo all’impegno per la pace da parte di ciascun cittadino restano ineludibili.

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