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Quel prete che un giorno pregò per me

Care lettrici,

cari lettori,

apriamo con l’intervista di Agensir a monsignor Erio Castellucci, presidente del Comitato nazionale del Cammino sinodale, che traccia un bilancio della Prima Assemblea sinodale delle Chiese in Italia, tenutasi recentemente a Roma. «La Chiesa italiana è viva» ha detto Castellucci. Andiamo a leggere le sue parole e, come suggeriamo sempre, paragoniamoci con quanto scritto: è così anche per noi?

A pagina 4 troverete un ricordo di don Edgardo Moro, tornato alla Casa del Padre sabato scorso. I suoi amici lo raccontano con commozione: vale la pena soffermarsi.

Anch’io ho conosciuto don Edi, come era chiamato da tutti. Per me, appena sbarcato dalle scuole medie al Ginnasio “Giovanni Plana” (oggi “Umberto Eco”), era “don Moro”, il mio nuovo insegnante di religione. Dal primo banco (i miei compagni di classe, più sgamati di me, avevano già occupato i posti meno pericolosi) iniziò la mia amicizia con lui. Ero ancora un bambinetto (i 14 anni di ieri non erano i 14 anni di oggi), ma quell’uomo mi colpì per la sua serietà nei nostri confronti. Non dava voti o giudizi, non interrogava, non faceva paura come gli altri professori: stava con noi, ci poneva questioni serie.

Al triennio del liceo cambiai insegnante, ma don Moro non lo archiviai. Ricordo distintamente, avrò avuto 16 anni, che un pomeriggio inforcai la mia Vespa 125 e andai a trovarlo a Mantovana (se non ricordo male). Volevo parlargli, salutarlo. Alla fine del nostro dialogo, gli chiesi anche di pregare per me. Dentro al mio cuore si agitava già allora una insoddisfazione, una domanda di eterno e di verità, che ancora non aveva trovato una risposta credibile, nella Chiesa e fuori. Oggi, ripensando alla mia vita, credo che questa preghiera per me don Edi l’abbia detta seriamente. Gliene sarò sempre grato. E un giorno, ne sono certo, lo ringrazierò.

Andrea Antonucciodirettore@lavocealessandrina.it

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