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Il carisma di don Bosco – Intervista a don Valerio Bocci, direttore generale della Elledici

Originario di Riano Flaminio, in provincia di Roma, don Valerio Bocci da settembre 2017 è direttore generale ed editoriale dell’editrice salesiana Elledici. Laureato in Teologia pastorale giovanile e catechetica all’Università Pontificia Salesiana di Roma, è anche membro del Consiglio di presidenza della Uelci (Unione editori e librai cattolici). Ha insegnato per diversi anni all’Università Pontificia Salesiana di Torino e di Cremisan (Gerusalemme) e ha pubblicato originali sussidi per l’educazione alla fede dei ragazzi. Per sei anni, dal 1998 al 2004, ha tenuto la rubrica settimanale “Alla scoperta del cristianesimo” su Radio Maria. Con don Bocci cerchiamo di capire, dopo la Festa di San Giovanni Bosco, in che modo il carisma del Santo torinese parla ancora agli uomini di tutte le età e, in particolare, ai giovani.

«Tra i primi laboratori che Don Bosco ha aperto per insegnare un mestiere ai suoi ragazzi c’è stata la tipografi a, in breve tempo una delle migliori di Torino. Svolgeva contemporaneamente un ruolo educativo e divulgativo» spiega don Bocci. «Preparava i piccoli compositori e stampatori per il mondo del lavoro e, parallelamente, Don Bosco con essa si assicurava la diffusione dei buoni libri tra la gente, uno dei suoi principali “pallini”. Prendeva forma su carta, così, l’idea del “semplice catechismo” da cui era partito e su cui aveva fondato
la sua Congregazione». Da questa preoccupazione educativa e passione per la stampa è nata diversi anni dopo la Elledici, la casa editrice salesiana leader in campo catechistico. «Nel 1941 don Pietro Ricaldone, allora Rettor Maggiore della Congregazione salesiana, fondò il Centro Catechistico in cui inserì un pool di salesiani provenienti da diverse parti d’Italia. Erano esperti in catechesi, liturgia, Bibbia, educazione, musica che avviarono in breve tempo l’editrice Elledici» ricorda don Bocci. Dal Concilio Vaticano II fi no a oggi l’editrice ha sfornato testi di religione, sussidi di catechesi e per il tempo libero che sono diventi autentici “best seller” e hanno favorito l’educazione alla fede dei ragazzi e delle loro famiglie. Ma ha cercato anche il dialogo e la collaborazione con altre confessioni religiose, come la pubblicazione nel 1985 della prima edizione de “La Bibbia in lingua corrente”, donata nella sua nuova versione a papa Francesco nel 2014. «Quando gliel’abbiamo presentata, – ricorda don Valerio – il papa parlando a braccio, ci ha detto: “Avete fatto un ottimo lavoro. Questa Bibbia è un’idea buona, perché tutti possono capirla, perché è un linguaggio vero, proprio, ma vicino alla gente». Ma come si esprime il carisma di don Bosco, ai nostri giorni? «Riprende, in chiave moderna, la sua preoccupazione principale: andare incontro ai ragazzi “poveri e abbandonati” per educarli alla vita buona e all’incontro con Cristo. Questa categoria si è fortemente rinnovata nel tempo e ha incluso anche i poveri e abbandonati dal punto di vista umano, culturale, spirituale», puntualizza don Bocci. «Li ritroviamo a scuola, nei campi da gioco e sempre di più nella rete dei social in cui don Bosco sarebbe sicuramente arrivato per dialogare e per formare con tutta la sua inventiva e passione educativa. E noi dopo di lui, amando le cose che loro amano per portarli ad amare ciò che noi amiamo per loro: una vita di qualità arricchita da una buona dose di umanità e di spiritualità concreta» aggiunge don Valerio. E prosegue: «Oggi ai genitori, agli insegnanti e a quanti fanno il nostro mestiere viene richiesto di “parlare la loro lingua”, una dote che purtroppo pochi adulti hanno per non rischiare un blackout educativo. Personalmente mi sento fortunato per aver lavorato nella rivista “Mondo Erre” che mi ha “costretto” ad aggiornare continuamente le parole e le immagini per potermi sintonizzare sulle frequenze d’onda dei ragazzi». Qual è la responsabilità di un comunicatore, per don Valerio Bocci? “È una delle più delicate e urgenti. Chi comunica attraverso le parole, le immagini, la musica, lo sport, dispone di un potere incredibile soprattutto con i ragazzi: può costruire o distruggere, orientare verso il bene o seminare il dubbio e il pessimismo. A chi lavora nella comunicazione vorrei suggerire una pillola di saggezza che mastico ogni giorno: “Non sai il bene che fai quando fai il bene”. E aggiungo: “Anche quando fai il male”, purtroppo. Chi semina prima o poi deve fare i conti con i frutti. Ricevo conferme ogni giorno, per fortuna incoraggianti, da parte di molti ex abbonati a Mondo Erre che sono diventati insegnanti, educatori, professori universitari e perfino preti, grazie a quei salesiani e giornalisti che, scrivendo per loro, li hanno accompagnati negli anni della crescita. La buona comunicazione può cambiare in meglio la vita. Anche se ci vuole del tempo, come suggeriva Gandhi secondo cui “il bene vince… adagio”. Basta non avere fretta!».

Andrea Antonuccio

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