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Un libro per raccontare Ildegarda di Bingen

“La recensione” di Fabrizio Casazza

Le “Visioni” della monaca e badessa tedesca nel testo a cura di Anna Maria Sciacca

Ildegarda di Bingen nacque nel 1098 nell’attuale Germania diventando monaca e badessa nel 1138, dedicandosi anche a lunghi viaggi, nel corso dei quali incontrò l’imperatore Federico Barbarossa, con cui intrattenne un rapporto epistolare. Morì nel 1179; papa Giovanni XXII la beatificò nel 1324 e Benedetto XVI nel 2012 la proclamò prima santa per equipollenza (ossia senza tutto il processo canonico e i miracoli comunemente richiesti) e poi Dottore della Chiesa. Dal punto di vista spirituale ebbe molte visioni mistiche che, su consiglio di san Bernardo e con l’approvazione del beato papa Eugenio III, rese pubbliche.
Castelvecchi le ha da poco pubblicate proprio con il titolo “Visioni” (pp 456, euro 23,50), che racchiude il testo, tradotto in italiano dall’originale latino da Anna Maria Sciacca, di tre libri: “Scivias” (scritto tra il 1141 e il 1151), “Liber vitae meritorum” (1158-1163), “Liber divinorum operum” (1163-1174).

Il monaco Volmaro scriveva sotto dettatura della santa, che ricordava le proprie esperienze mistiche, descritte in questi termini: «Una luce infuocata di immenso splendore, venendo dal cielo, invase tutto il mio cervello, e infiammò ardendo tutto il mio cuore e il mio petto non come fiamma, ma riscaldandolo come il sole discioglie le cose su cui indirizza i suoi raggi». Di lei disse nel 2010 Benedetto XVI: «Le visioni mistiche di Ildegarda somigliano a quelle dei profeti dell’Antico Testamento: esprimendosi con le categorie culturali e religiose del suo tempo, interpretava nella luce di Dio le Sacre Scritture applicandole alle varie circostanze della vita. Così, tutti coloro che l’ascoltavano si sentivano esortati a praticare uno stile di esistenza cristiana coerente e impegnato». Certo, si tratta d’un testo impegnativo ma che mette a contatto con una personalità straordinaria, ancorché poco conosciuta, di quel Medioevo, ingiustamente ritenuto buio ma ricco, in realtà, di figure straordinarie, che parlano anche al mondo contemporaneo.

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