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Ripartire con umiltà

“Fede e medicina” di Franco Rotundi

Un grande richiamo all’umiltà: di questo avevamo già parlato (leggi anche Contro il coronavirus serve umiltà), non voglio certo dire profeticamente, prima della pandemia che ha completamente sconvolto la nostra vita, anche assorbito tutti i nostri discorsi su Medicina e fede. I medici, gli scienziati, dicevamo, hanno avuto e hanno un compito fondamentale nel prepararsi a sfide sempre nuove. In realtà, sfide mai vinte, ora una terribile prova.

Si era parlato sempre di progresso della scienza medica(leggi anche Siamo delusi dalla scienza) che ha contribuito ad allungare la vita media della nostra popolazione, concedendo anche ai malati cronici, compresi gli oncologici, una protratta dignitosa qualità di vita, posto che la Vita umana, prima che dignitosa, deve essere sacra.

Tuttavia, già si era espressa la perplessità su questo “squilibrio”, questa sostanziale mancanza di giovani e bambini nella nostra società; conseguenza del “gelo” demografico che , in una miope visione medica e sociale, non inquieta abbastanza sulla strutturazione di una società malata nel suo intimo, proprio di vecchiaia.

Non è tempo ancora (purtroppo) di bilanci definitivi, la lezione però andrebbe imparata, e il medico, il politico sanitario che in questi mesi tragici di reclusione e di morte, hanno detto di tutto e il suo contrario, manifestando una “paradossale” impreparazione, hanno ora un compito davvero profetico e non soltanto “riparatore”.

Umiltà dunque: studio, riprogrammazione della sanità ospedaliera e territoriale, più calati nella cura della persona, che nell’innovazione tecnologica, troppo spesso fine a se stessa o a interessi diversi dal paziente.

Due piccoli grandi esempi; di fronte a questa emergenza infettiva, non subito, ma efficacemente si è ricorsi con successo a farmaci antichissimi, come gli antimalarici, gli anticoagulanti; di converso si sono triplicate in certe zone le morti per infarto o accidenti vascolari, spesso per la paura di infettarsi in ospedale, e per la inevitabile attenzione per la epidemia.

Si è inevitabilmente creato e implementato uno stato di terrore, a causa di media più o meno pilotati, che troppo spesso ha messo gli uni contro gli altri, si è sentita talvolta addirittura risuonare la parola manzoniana “untore” rivolta ora a cittadini, talvolta a “corridori” solitari nei campi, talvolta persino a sanitari.

Un’esortazione, a me stesso, ai medici. In questa emergenza molti di noi hanno “fatto” veramente il medico: curato, salvato la vita, alleviato sofferenze, con l’aiuto del Signore, mai più dimentichiamocelo e continuiamo a farlo.

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