I volti del Collegio
«Tutto il salone del Collegio era pieno di decori, quando sono uscita dopo la proclamazione sono stata accolta da una pioggia di coriandoli, accanto a me avevo gli amici e anche i miei genitori: è sembrata una laurea quasi “normale”». Erika Moscato (in foto qui sotto) ha 21 anni, è di Brescia, attualmente vive nel Complesso Santa Chiara e il 26 marzo 2021 è una data che ricorderà per sempre: è il giorno della sua laurea in zona rossa, dentro il Collegio Santa Chiara pieno di addobbi rossi. È diventata dottoressa in un piccolo angolo di normalità, in un momento in cui questo sostantivo evoca ricordi soavi.
Erika, anzitutto in cosa ti sei laureata?
«In scienze biologiche. La mia tesi è stata: “Disegni di un algoritmo di rischio genetico per valutare la familiarità per altre patologie autoimmuni in pazienti con sclerosi multipla”. Per cercare di spiegarla in parole semplici, il mio interesse di ricerca è stato su parenti di primo e secondo grado di persone con sclerosi multipla, per capire che rischi corrono. È un argomento complesso, dove non si hanno delle risposte. Con le mie ricerche vorrei contribuire a diradare la nebbia: da grande vorrei fare ricerche in campo genetico».
E come si è svolta la tua laurea in Collegio?
«Da quando ci hanno detto che la laurea sarebbe stata a distanza, tutti si sono adoperati per renderla più “normale” possibile. Avendo la fortuna di vivere in Collegio assieme ai miei amici e in ampi spazi è stato più facile. La mattina abbiamo fatto le prove di collegamento in Sala Iris con il proiettore, la mia coinquilina Elisabetta mi ha fatto provare il vestito, io nel frattempo ripetevo il discorso a chiunque incontrassi. La sessione è iniziata alle due, il collegamento ha funzionato alla grande e alle cinque c’è stata la proclamazione».
Con chi hai potuto festeggiare?
«Mi sento molto fortunata. Avevo i miei compagni di Collegio, Carlotta e i miei genitori, che sono riusciti ad essere presenti dopo essersi fatti il tampone. Abbiamo fatto un piccolo brindisi e i miei amici mi hanno organizzato una caccia al tesoro per tutte le stanze del Santa Chiara, senza farmi mancare un cruciverba su di me e pure un servizio fotografico!».
Come ti eri immaginata la tua laurea, prima del coronavirus?
«Sicuramente in presenza, ma non avrei potuto figurarmela così bella. Eravamo in pochi, ma è già un miracolo aver avuto i miei accanto in questa situazione. Molte delle persone a cui tenevo erano presenti: due mie coinquiline hanno persino ritardato il rientro a casa per stare con me. Le sorprese che ho ricevuto sono state tantissime: ancora una volta in Collegio mi sono sentita come a casa».
«Abbiamo cercato di rendere questa occasione un momento significativo non solo per Erika ma per tutti»
Il “dietro le quinte” di questo giorno di festa ce lo racconta Carlotta Testa, direttrice del collegio Santa Chiara.
Carlotta, come vi siete organizzati per fare una sorpresa a Erika?
«C’è stato un bel lavoro di squadra. Con gli studenti ci siamo divisi i compiti: abbiamo comperato tutto l’occorrente per una piccola festicciola, con tanto di mazzo di fiori e corona di alloro. I ragazzi si sono spesi molto per fare di questo giorno un momento speciale, di comunità: il giorno della laurea eravamo una decina. I nostri studenti sono considerati come conviventi, ma siamo comunque stati molto attenti alle norme: durante la discussione abbiamo tenuto le mascherine, i ragazzi hanno messo il tavolo in cortile per il rinferesco, per stare all’aria aperta. Siamo stati sempre dentro alle regole, ma con gioia».
Ci racconti i preparativi e l’atmosfera?
«Abbiamo messo in gioco la fantasia: in giro per tutto il collegio i ragazzi hanno messo cartelloni e foto di Erika, mentre io ho cercato di curare i dettagli, come l’acquisto di piatti, tovaglie e confetti tutti rigorosamente sui toni del rosso. Abbiamo anche riempito il Salone San Francesco con 200 palloni rossi gonfiati dai ragazzi! Credo che l’affetto passi anche dalla cura dei dettagli».
Come è stato celebrare un momento insieme in questo periodo difficile?
«Posto che abbiamo vissuto tutto dentro le norme del decreto, abbiamo cercato di rendere l’occasione un momento significativo, non solo per Erika ma per tutti noi. Siamo andati nello stesso luogo dove andiamo tutti i giorni, eravamo sempre “a casa”, ma l’abbiamo resa una giornata speciale. Anche dentro una pandemia mondiale, siamo riusciti a celebrare e cogliere il bello delle piccole cose».
Zelia Pastore
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