“Il punto di vista” di Adriana Verardi Savorelli
«Mi trovo a maledire la guerra, a maledire tutti quelli disposti a uccidere e tutti quelli che danno l’ordine di uccidere»: è il grido di Gino Strada, il chirurgo di guerra, morto poco tempo fa, uno dei fondatori di Emergency, l’associazione umanitaria italiana per la cura e la riabilitazione delle vittime di guerre e delle mine antiuomo.
Nel suo libro “Buskashì – Viaggio dentro la guerra”, pubblicato nel 2002, a un certo punto scrive, con una fatica tremenda, di Safiullah, bambino afgano portato d’urgenza a Kabul nell’ospedale di Emergency per tentare di salvargli la vita. Sei anni, vittima di una mina antiuomo, “brandelli di muscoli ovunque”… Gino Strada ha alle spalle un pesante carico di tensione per i giorni passati nella lotta contro il male che fa morire e un suo collega si sostituisce a lui nel tentativo di ridare vita a quella innocente vittima, ma tutto risulta vano. Leggo e rabbrividisco! Ripeto anch’io quelle parole strazianti di maledizione…
Ogni vita umana è preziosa a qualunque età, ma a sei anni, una vita davanti, così drammaticamente troncata è inconcepibile! Mi abbandono al pessimismo. Mi prende la tristezza di chi crede non poter fare nulla per combattere il male, ma la rabbia poi svanisce. La rassegnazione, soprattutto per un cristiano, è il male peggiore quanto l’altro, il grande male che uccide. Qualcuno ha detto e continua a ripetere “Vinci il male con il bene” a me, a te, a tutti. Dopo gli inevitabili momenti di commozione, in genere, pensiamo ai fatti nostri e il male continua. Dobbiamo invece reagire! Scriviamo, parliamo e agiamo per diffondere il bene, lo desideriamo perché c’è.
Gino Strada, come tutti gli altri medici passati e presenti che lottano per tentare di salvare la vita degli esseri umani, sono luminosi esempi della vittoria del bene sul male, ma anche noi, gente comune, possiamo fare molto. Favoriamo i buoni rapporti di relazione con il nostro prossimo, guardiamo al bene che esiste in ciascuna persona, facciamo agli altri ciò che vorremmo fosse fatto a noi. Incontriamo le persone sole e bisognose di attenzione. Inviamo messaggi di bene a chi è lontano e ha perso una persona cara, mostriamo la nostra vicinanza affettiva. Prima di parlare con la bocca, parliamo con il cuore, così possiamo evitare errori di cui potremmo pentirci.
All’eccessivo lamento altrui poniamo una barriera e invochiamo la pazienza dei Santi. Se condividiamo le gioie con gli altri partecipiamo alla crescita del bene comune. Creiamo solidarietà, perdoniamo per essere anche noi perdonati. Vinciamo il male con l’Amore, quello che ci ha insegnato Gesù e ricordiamo la bellezza, che esiste nella natura e nelle persone, a chi è distratto o dimentica facilmente. Il mondo sarà senz’altro migliore perché il buon seme porta buon frutto.
Leggi altri articoli de “Il punto di vista”:
-
Quel sogno di una buona vita…
-
L’appello della regista Sahraa Karimi
-
Un omaggio alla grande Raffaella
-
L’albero della vita… una devozione popolare
-
Racconto di una storia da YouTube
-
La storia del bosco degli uccelli
-
Quel tornado che incute paura
-
Quelle bandiere che… non sventolano più
-
San Riccardo Pampuri: a 30 anni dalla canonizzazione
-
Vita buona, buone canzoni
-
Una mamma scrive al figlio…