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A dieci anni dalla scomparsa di don Luisito Bianchi

Un ricordo affettuoso

Dieci anni fa ci lasciava don Luisito Bianchi (nella foto), un prete, uno scrittore di rara finezza e profondità. Lo ricordo perché in un certo modo ha avuto a che fare con la nostra terra ed anche nella formazione civile e sociale di molti. Era nato a Vescovato in provincia di Cremona il 23 maggio 1927, ed è morto nell’Ospedale di Melegnano vicino a Milano il 5 gennaio 2012.

Nel 1950 fu ordinato sacerdote, sollecitato ad una simile scelta dall’esempio e dalla predicazione di don Primo Mazzolari. Si laureò in Scienze politiche all’Università Cattolica di Milano con una tesi sui contadini della Val Padana con il prof. Alberoni. Fu insegnante nel Seminario vescovile di Cremona (1950-51) e poi missionario in Belgio (1951-55). Vicario a S. Bassano in Pizzighettone (1956-1958), nel 1964 divenne vice-assistente delle Acli nazionali a Roma ed assistente delle Acli cremonesi. Quindi ancora insegnante in Seminario (1964-1967).

Successivamente lasciò tale incarico ed arrivò nella nostra terra (1967-71) per diventare operaio turnista ai forni del biossido di titanio nella Montecatini di Spinetta Marengo, mosso dal desiderio di vivere in forma radicale la povertà e la gratuità del ministero ordinato. Poi, fu inserviente nell’Ospedale “Galeazzi” di Milano, da cui si licenziò per seguire la madre ammalata; al suo capezzale iniziò a scrivere quello che diventò il suo romanzo più famoso, allora intitolato semplicemente “Una Resistenza”. In seguito e fino alla fine è stato Cappellano delle monache benedettine di clausura del Monastero di Viboldone a San Giuliano Milanese.

Tra le sue opere, si ricordano “Salariati”, uno studio sociologico sulle condizioni di lavoro nelle cascine cremonesi; “Come un atomo sulla bilancia”, il resoconto dei tre anni come operaio alla Montecatini (l’intero diario venne pubblicato nel 2008 con il titolo “I miei amici”). In diversi testi è tornato sul tema della gratuità: “Dialogo sulla gratuità”, “Gratuità tra cronaca e storia”, “Monologo partigiano sulla Gratuità” (quest’ultimo è un abbozzo di storia della gratuità del ministero ecclesiale). L’opera maggiore è un romanzo sulla Resistenza, intesa non solo come momento storico, ma come ideale di vita ed espressione di gratuità: “La Messa dell’uomo disarmato”. Rifiutato da più editori per la sua eccessiva lunghezza, venne stampato da amici nel 1989 e successivamente edito da Sironi solo nel 2003.

L’ultima pubblicazione significativa fu la traduzione delle opere di san Giovanni della Croce (Edb, Bologna 2011). Per ricordarlo ecco una poesia che ha sempre colpito intimamente la nostra sensibilità, non solo di gente di pianura… Va letta lentamente, ruminando bene ogni espressione, ogni singola parola.

Civilissimo gelso di don Luisito Bianchi (1927-2012)

Civilissimo gelso che t’ostini
a sopravvivere come straniero
su qualche proda della mia pianura,
tu una volta gentile custode
di geometriche piane e di limpide
acque, l’antica gioia ancora serbi ai
miei occhi e parabole mi scrivi
di fanciulleschi giochi quando incontro
festinante mi vieni a imporporare
le labbra con memorie di dolcezza e
a stupirmi il sangue con fruscii nello
scrigno fatato del solaio
della patema casa alla stagione
dei bachi ghiotti di seriche foglie.
Legno di gelso fu certo la croce e
l’incantato secchio del lavacro
già che resisti all’ umana insipienza
che il vorace trattore elesse a nuovo
signore della mia pianura e pronto
ti dichiari a rinnovate alleanze
che ti conducano al dono compiuto
per esultanti fuochi di camini
e bozzoli dorati e labbra turgide
di bambini e riparo alla stanchezza
di mietitori.
All’ultima parabola dai tuoi rami
tracciata all’orizzonte dell’infuocata
mora che per troppa dolcezza muore,
muto m’avvicino.
25 aprile 1991 – L.B.

Roberto Piccinini

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