Home / Alessandria / Tre testimoni per i Martedì d’Avvento

Tre testimoni per i Martedì d’Avvento

Intervista al professor Renato Balduzzi, co-promotore dell’iniziativa

Tornano i Martedì d’Avvento, organizzati dalla Diocesi di Alessandria in collaborazione con il Centro di cultura dell’Università Cattolica e il Meic, Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale di Alessandria. Gli incontri, che saranno conclusi dall’intervento del nostro Vescovo, si svolgeranno in presenza martedì 29 novembre, martedì 6 e martedì 13 dicembre, con orario di inizio alle ore 21, nell’Auditorium della Parrocchia di San Baudolino, in via Bonardi 13 ad Alessandria.
Il professor Renato Balduzzi (nella foto), Ordinario di diritto costituzionale all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano nonché co-promotore dell’iniziativa, ci racconta i Martedì d’Avvento di quest’anno. A partire dal tema: “Testimoni”.

Professor Balduzzi, chi sono i “Testimoni” di questi Martedì?
«Sono, in ordine di apparizione, Ferruccio De Bortoli, Silvio Garattini e padre Maurizio Patriciello».

Che cosa ci diranno?
«Verranno a portare la loro testimonianza rispetto al mondo nel quale hanno operato. Nel primo appuntamento, il 29 novembre, Ferruccio De Bortoli ci racconterà la sua esperienza di giornalista all’interno del sistema dell’informazione. Poi, il 6 dicembre, sarà il turno di Silvio Garattini: un ricercatore che porterà la sua testimonianza del rapporto con l’industria farmaceutica. E nell’ultimo incontro, martedì 13, sarà con noi padre Maurizio Patriciello: testimonierà l’impegno, suo e della sua comunità, nella lotta quotidiana per la convivenza civile in territori difficili».

Tre argomenti di grande attualità: comunicazione, salute e legalità. E tre nomi di altissimo livello…
«Assolutamente. Anticipo che nei prossimi Martedì di Quaresima avremo con noi tre donne. I nomi naturalmente non posso ancora farli, ma saranno assolutamente significativi».

Torniamo ai nostri “testimoni” di Avvento.
«Sono nomi molto conosciuti nel panorama nazionale: tre personaggi assai diversi tra loro, con età ed esperienze differenti, ma tutti caratterizzati da una intenzione di testimonianza che intreccia l’esperienza della fede e le provocazioni della vita professionale e sociale. Sono anche tre persone che non hanno mai esitato ad affermare un punto di vista anche quando era scomodo. Il testimone, in fondo, è chi paga in prima persona perché comunque vuole segnare una discontinuità, vuole affermare una strada: queste tre persone, in modo diverso, hanno questa caratteristica che le accomuna».

Di che cosa secondo lei De Bortoli, Garattini e don Patriciello sono testimoni?
«Certamente quella di Ferruccio De Bortoli è una testimonianza che può coniugare informazione e verità, informazione e correttezza, informazione e rispetto del pubblico. Tutta la sua vita professionale lo dimostra: dirigere per tanto tempo quotidiani come il Corriere della sera o il Sole 24 Ore mantenendo la schiena diritta, non è cosa sempre facile. Garattini, nella ricerca scientifica, e in particolare in quella sanitaria, ha avuto come suo progetto non il profitto, ma il bene comune, e il profitto deve essere raccordato al bene comune. Come servirsi dei farmaci e non esserne asserviti, è un discorso che tocca la vita di tutti noi. Abbiamo bisogno di essere aiutati da persone che sappiano spendersi di persona. Cosa che nel suo lungo chilometraggio, come egli stesso ama dire, Silvio Garattini ha sempre fatto».

E don Patriciello?
«Per padre Maurizio, come preferisce essere chiamato, è ancora più esplicito il dato di testimonianza. Abbiamo un prete e una comunità, non un battitore libero, che hanno deciso di dare dignità a sé medesimi e al contesto in cui vivono. Questo prete e questa comunità hanno fatto diventare la Terra dei Fuochi una Terra di Speranza».

Quindi sono tre testimoni di speranza.
«Testimoni di speranza, sì. In campi molto diversi, perché ovviamente la Terra dei fuochi non è l’industria farmaceutica o la società dell’informazione. Però si tratta di portare, dentro a mondi e a contesti che non sono mai facili, e in qualche modo rigidi, fissati, predefiniti e immodificabili, quei germi di novità e quegli elementi della Buona Notizia che accomunano tutti e tre questi testimoni».

La criminalità organizzata è davvero un ambito “irredimibile” con il quale dovremo abituarci a convivere, senza possibilità di cambiamento? Dov’è qui la speranza?
«Innanzitutto nel non pensare che sia irredimibile. Non c’è gruppo, non c’è persona, non c’è situazione che sia irredimibile».

Però la realtà sembra dire l’opposto… o c’è qualcosa che noi non vediamo?
«Questa è la domanda di fondo che porremo a padre Maurizio, perché dire speranza non vuol dire essere ciechi rispetto alla realtà. Vuol dire comunque non arrendersi anche quando le ombre sembrano assolutamente prevalere sulle luci».

Andrea Antonuccio

Check Also

«Noi non vogliamo questa guerra»

Emergenza Libano: parla padre Charbel El Khoury È passato un anno dall’attacco di Hamas a …

%d