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Report Caritas 2022: volti dietro ai numeri

«I volontari che ci aiutano sono aumentati, ma anche i poveri: gente che perde
il lavoro, famiglie in difficoltà o persone con dipendenze… Ci interessano davvero?»  Mortara

Su questo numero di Voce pubblichiamo il “Report Caritas 2022”, che trovate a pagina 7 del giornale. I numeri ci parlano di una povertà che avanza: i volti di chi frequenta la Caritas sono aumentati, i problemi si sono accentuati. Anche a causa dei conflitti mondiali, dello “strascico” della pandemia e per la crisi economica: macigni che influiscono sulle tasche di chi, già in tempo di “pace”, faceva fatica a sopravvivere. Abbiamo chiesto a Giampaolo Mortara, direttore della Caritas diocesana, di spiegarci i dati di questo report. Cercando, insieme a lui, di cogliere il significato reale di questi numeri.

Cosa ci raccontano i dati del report?

«A livello nazionale, ci dicono che le persone in povertà assoluta sono aumentate di 300 mila unità, con una incidenza del 9,7% sulla popolazione. Questo trend di crescita lo vediamo anche nel nostro piccolo osservatorio diocesano: nel 2022 ha avuto un aumento del 13%, passando da 583 a 668 unità. Rispetto al 2021, quello che balza all’occhio è l’aumento dei rifugiati, soprattutto dai paesi “non Ue”: dai 58 del 2021, siamo passati ai 157 del 2022. A influire sono i conflitti e le situazioni di povertà che toccano diverse parti del mondo».

Sugli stranieri c’è un altro dato che colpisce…

«Sì. Più di una persona su tre di origine straniera è in una situazione di povertà assoluta».

Sfogliando il report emerge che nel 2022 in tanti sono venuti in Caritas per la prima volta.

«Nel 2022, su 668 persone incontrate ben 409 le abbiamo incontrate per la prima volta. Quando arrivano agli sportelli sono all’ultima possibilità: alcune hanno già lo sfratto o debiti che le “schiacciano”, altre hanno il frigo vuoto o sono appena uscite dal carcere».

Oltre alle povertà materiali, quali sono le esigenze che riscontrate?

«Nel 2022, ma anche nel 2021, alle difficoltà causate dai conflitti si sono aggiunti i problemi legati al nostro territorio: gente che perde il lavoro, famiglie in difficoltà per le separazioni o persone con dipendenze. In particolare, spaventano quelle “nascoste”, che non si vedono e si fa fatica a individuare, e che cambiano di anno in anno».

I vostri volontari?

«Sono aumentati! È un fatto positivo, per tanti motivi. Innanzitutto, avendo più persone che ci danno una mano, c’è condivisione e cresce la consapevolezza di quello che si fa insieme. Anche se c’è ancora tantissimo da fare… E poi avere più volontari significa anche che sta passando un concetto importante: la carità non è solo compito di un piccolo gruppo ristretto, ma riguarda tutti. Se aumenta il numero di chi fa qualcosa, si ha la sensazione di non essere in pochi. E la carità diventa una “questione” di tutti».

Giampaolo, chi sono i poveri per te?

«Una donna e un uomo, prima di tutto. Persone che vivendo momenti di difficoltà hanno la priorità, hanno bisogno di un aiuto».

E basta?

«Nei poveri vedo me stesso, le mie difficoltà e le mie debolezze, e paragono le mie difficoltà con le loro. Per capire che cosa conta di più, e che cosa di meno».

Cosa ti preoccupa, oggi?

«Mi preoccupano i tanti che non vediamo e non aiutiamo. Quelli che vivono nella solitudine e nella povertà pur essendo qui, vicino a noi. Mi viene in mente una vicenda di qualche anno fa…».

Ce la racconti?

«Ci viene segnalata questa persona che vive con un gatto in mezzo ai bastioni della Cittadella. Una persona sola, non giovane, a poca distanza dal centro città, non in un luogo di guerra come quelli che vediamo in questi giorni in televisione. Bene, dopo gli aiuti necessari, adesso ha una casa in cui vivere. Ogni tanto riguardo le foto di quell’uomo, in Cittadella… è una delle tante storie che mi è rimasta impressa».

C’è il rischio di leggere il report, magari pensare: “Che tristezza”, e poi voltare pagina?

«Vedi, questi non sono soltanto numeri. Ci devono far riflettere: la vita è anche questo, non possiamo girarci dall’altra parte. Mi chiedo se i volti, dietro ai dati del report, interessino a qualcuno. Dopo averlo letto, chiediamoci seriamente: “Ma a noi interessano queste persone?”». 

Alessandro Venticinque

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