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Dal 1974 l’avventura di educare ragazzi e ragazze insieme: intervista a Marta Delucchi

In occasione della Route Nazionale 2024, una mostra per ripercorrere
la storia e guardare al futuro. Parla l’alessandrina Marta Delucchi

Sullo scorso numero di Voce abbiamo dedicato il paginone alle storie di quattro Capi scout dei quattro Gruppi che hanno preso parte alla Route Nazionale delle Comunità Capi, che si è svolta a Verona dal 22 al 25 agosto 2024. (QUI puoi leggere tutte le interviste)

L’evento si colloca al centro delle celebrazioni per il 50° anniversario dalla fondazione dell’Agesci – Associazione guide e scout cattolici italiani. Infatti, era il 4 maggio 1974 quando, dall’unione dell’Associazione scout cattolici italiani e l’Associazioni guide italiane, nasceva l’Agesci. Un anno non solo di festa, ma anche di riscoperta dei valori fondanti e con lo sguardo rivolto al futuro. All’interno della commissione incaricata delle celebrazioni c’è anche una Capo scout alessandrina, Marta Delucchi: le abbiamo chiesto di raccontarci meglio questo anno speciale per gli scout. 

Parlaci di te: chi sei, cosa fai, da quanti anni sei scout? Da quanti capo? Che servizio hai svolto quest’anno?

«Sono un’insegnante alla scuola dell’infanzia. Scout da sempre, sono capo da più di 20 anni. Dopo anni di servizio con i ragazzi, negli ultimi anni mi sono spesa in diversi ruoli associativi, a supporto della crescita, della formazione e della riflessione pedagogica dei Capo e delle Capo del Piemonte. Quest’anno, mi è stato chiesto di far parte della Commissione per i 50 anni dell’Agesci, insieme a una dozzina di capi. Il nostro obiettivo è quello di “raccontare”, ma di “celebrare” questo tempo felice passato insieme come Associazione».

Spiegaci meglio… 

«In questo anno di celebrazioni iniziato a maggio 2024 e che si concluderà a maggio 2025, Arena24 è stato senza dubbio l’evento più visibile e di impatto. Un’occasione da vivere non solo come una festa sull’onda del passato, ma un tempo per riflettere, attualizzare e guardare al futuro: solo così potremo gettare i semi di quello che saranno i prossimi 50 anni».

Cosa avete realizzato per Arena24, l’evento centrale della Route Nazionale delle Comunità Capi?

«Negli spazi del parco di Villa Buri abbiamo pensato a diverse proposte articolate come se fossero una “linea della metropolitana”: la linea 50. Le “fermate” compongono uno spazio espositivo diffuso, che ha accompagnato i capi a riscoprire la nostra storia. Le installazioni e gli stand sono stati realizzati con cupole e strutture in bambù: un giusto connubio tra le tecniche scout, la sostenibilità e la riusabilità dei materiali».

In pieno stile scout…

«Certo! Anche i temi della mostra partono dalle scelte fatte nel 1974: la coeducazione (la scelta di far crescere insieme maschi e femmine, ndr), la diarchia, la Comunità Capi, gli eventi nazionali e internazionali, l’essere profeti tra la gente con l’educazione alla fede, senza dimenticare lo scautismo di frontiera in aree o contesti difficili. Un adagio scout dice: “Tutto col gioco, neinte per gioco”. E così anche il percorso voleva far riscoprire ai capi quel lato divertente del loro servizio».

Ci fai qualche esempio?

«Per esempio, sulla diarchia, la scelta che porta ogni ruolo associativo a essere ricoperto insieme da un uomo e da una donna, abbiamo pensato un grande cruciverba da comporre insieme, maschi e femmine. Sulla coeducazione, invece, si giocava con delle parole proibite, rimettendo in gioco sia le parole-chiave dello scautismo, sia terminologie da valorizzare e altre da evitare. Sul tema “preghiera e fede” abbiamo proposto un luogo di raccoglimento corredato da un grande libro con 50 preghiere composte per 50 eventi scout, e un libro bianco, in cui tutti potevano scrivere la loro preghiera. Oltre a diverse installazioni di maggior impatto visivo».

La proposta di maggior successo?

«Direi certamente due: la “torre” e i pannelli degli eventi. La prima è una grande torre circolare di bambù sorretta da tiranti. Su questi ogni Gruppo ha potuto appendere il proprio fazzolettone (l’iconinco foulard colorato che gli socut indossano arrotolato al collo, ndr). I secondi sono alcuni panneli bianchi recanti tutti gli eventi scout nazionali e internazionali che si sono svolti in questi 50 anni: dalle route e campi in Italia, ai Jamboree. Qui ogni Gruppo poteva apporre la propria firma: non “ciascun capo”, ma uno stimolo a riscoprire la dimensione della fratellanza scout della propria realtà territoriale».

Un connubio tra storia e futuro, tra “io” e “noi”…

«Esattamente. Abbiamo proposto anche un jukebox moderno dove, inquadrando un codice QR col proprio cellulare, era possibile riprodurre canzoni scout della tradizione, ma anche brani più recenti. E ascoltarle insieme. Altra tappa fondamentale della mostra è stata quella di “51 lanterne, 50 anni di speranza”: una per ogni anno dell’Agesci, più una. L’invito era quello di “accendere” quella dell’anno della propria Promessa scout, facendo memoria del proprio ingresso e di sognare un futuro insieme».

Che ne sarà di questo materiale?

«Vogliamo riprendere e dar seguito a quanto prodotto dai Capi e dalle Capo nei prossimi incontri nazionali, primo tra tutti il Consiglio Generale (il principale evento decisionale e democrato dell’Agesci, ndr). Altre parti della mostra, invece, potranno essere richieste dai Gruppi scout ed essere portate nei territori, per far conoscere ancora meglio lo scautismo. Di tutti i giochi proposti verrà realizzata una raccolta e resa accessibile alle Comunità Capi: nelle nostre riunioni dobbiamo ritrovare tempo per noi stessi, concedendoci la bellezza di giocare insieme».

Marta, tu cosa hai visto in quei giorni?

«Ho visto Capi e Capo vivere la loro storia e sentirsi parte di una famiglia più grande, che parte da un passato e guarda al futuro. Anche i più giovani sono stati coinvolti, cercando di ampliare lo sguardo verso un “noi” fatto di temi, pensieri e scelte fatte in questi 50 anni. Dal 1974, il nostro essere associazione ci ha dato un senso di marcia, un cammino, lasciando il segno nella vita di migliaia di ragazzi e ragazze, che dopo essere stati scout e guide hanno proseguito come membra vive della società e della Chiesa. E questo è la più grande contibuto che lo scautismo possa dare. Ancora oggi».

Giorgio Ferrazzi

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