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Battezzati e inviati

Mese missionario straordinario

«La missionarietà è nella natura stessa della Chiesa, a partire dal battesimo»

“Battezzati e inviati”. È questo il titolo della Giornata missionaria mondiale 2019 del 20 ottobre, inserita nel Mese missionario straordinario indetto da papa Francesco «per rinnovare l’ardore e la passione, motore spirituale dell’attività apostolica di innumerevoli santi e martiri missionari». Sul tema della missionarietà vogliamo ascoltare don Valerio Bersano (nella foto qui sotto), parroco di S. Maria di Castello e responsabile del Centro missionario diocesano.

Don Valerio, come possiamo cogliere meglio il significato di questo Mese missionario straordinario?
«Il mese di ottobre in tutte le parrocchie è il periodo in cui si riprendono i cammini formativi, e quindi non c’è occasione migliore per ricordare a tutti che dal dono del Battesimo siamo chiamati a testimoniare e annunciare la “Bella Notizia” che è Gesù risorto! Questo mese missionario ha una caratteristica particolare, voluta fortemente da papa Francesco, per commemorare il centenario della Lettera apostolica “Maximum illud” di papa Benedetto XV. Tutte le comunità parrocchiali hanno ricevuto materiale con proposte concrete e l’invito a vivere la preghiera in modo più approfondito. Ogni settimana di ottobre è contraddistinta da una parola, accompagnata da testi e indicazioni legati al cammino delle nostre comunità: la prima è “chiamati”, per rivivere la memoria del nostro battesimo; poi “attratti”, “solidali” e “inviati”».

Cosa ci chiede il Papa?
«Papa Francesco vuole rilanciare la missionarietà in tutte le comunità del mondo. L’annuncio del Vangelo parte dalla consapevolezza che si è inviati fin dal giorno del battesimo, per far conoscere a ogni uomo e donna del mondo che Dio ama come Padre e solo grazie a Lui noi ci riconosciamo come fratelli. Il nostro essere cristiani non dipende solo dalla data del nostro battesimo, ma dalla “temperatura” della nostra fede».

Il messaggio inviato dal Pontefice ha come tema “Battezzati e inviati”. Come possiamo leggerlo?
«Il battesimo non si limita a “iscriverci” all’anagrafe parrocchiale, ma ci apre a tutti i fratelli che incontriamo nella nostra vita. Se il battesimo ci introduce nella vita di Cristo, e per noi è una ricchezza, proviamo a condividerla. Questo tema invita i cristiani a essere aperti sia nella mentalità che nel modo di fare. Non c’è nessuno a cui io non possa annunciare il Vangelo, o testimoniare che la mia fede è davvero una scoperta che mi arricchisce: la scoperta di un Dio che mi ama».

Quindi siamo tutti missionari?
«Francesco nell’Evangelii Gaudium ribadisce che il cristiano non fa missione ma “è” missione. La missionarietà quindi non è legata al trovarsi in continenti lontani o a particolari gruppi, ma è nella natura stessa della Chiesa, a partire dal dono del nostro battesimo. Il cristiano che vive le conseguenze del Vangelo, che non ha paura di dichiararsi tale e fa scelte anche controcorrente rispetto a una vita comoda, è anch’esso missionario. Rientra nella natura stessa del cristiano quella di sentirsi inviato, e questa vocazione è consegnata al termine dell’Eucarestia domenicale quando la Parola accolta con l’ascolto si traduce in testimonianza».

Come si diventa missionari, nella realtà umana che si vive? In famiglia, sul lavoro, con gli amici?
«Come ho spiegato prima, è necessario aver già capito che vivere nella Chiesa non è un puro patto sociologico, o l’iscrizione a un club esclusivo, ma essere consapevoli che ciascuno di noi è “di Cristo”, perché da Lui ha ricevuto amore e la possibilità di una vita fraterna. Allora ogni cristiano si sentirà “spinto” a dare testimonianza di questo amore gratuito che gli ha cambiato la vita e saprà scoprire le modalità per un annuncio, ma soprattutto per vivere concretamente con gioia, solidarietà e impegno in ogni ambiente. Dalla testimonianza scaturiscono le domande, perché gli altri attorno a noi vorranno vedere e conoscere ciò che davvero rende bella la nostra vita».

Qual è la scintilla che fa scaturire il desiderio di essere missionari?
«Certamente è percepire la novità e la bellezza dell’incontro con Dio e con suo figlio Gesù! Allora, come diceva il profeta Geremia: “C’è un fuoco dentro di me, mi sforzo di tenerlo chiuso ma non posso”. Questo è il fuoco che ci spinge ad annunciare, quello che da sempre ha spinto i missionari fino ai confini del mondo».

Qual è il rapporto tra comunità e missione?
«Quando il Signore ha inviato i primi discepoli a “sperimentare” la missione, li ha mandati a due a due, prendendoli dal gruppo più ampio che lo seguiva (non solo i 12, ma ben 72!). Nessuno “si sceglie” per essere inviato, ma c’è sempre una comunità alle spalle che sente il bisogno di non ripiegarsi su se stessa, di non chiudersi, ma di aprirsi al mondo, di essere, ci dice papa Francesco, “Chiesa in uscita” e quindi invia, si fa annunciatrice!».

In diocesi come vivremo questo mese?
«Come già detto, ogni comunità deve trovare la propria via per l’annuncio, ma abbiamo a disposizione anche un appuntamento condiviso e aperto a tutti, che sarà la Veglia missionaria di sabato 19 ottobre alle 21 in Cattedrale ad Alessandria. A livello parrocchiale non perdiamo l’occasione per riflettere, a partire dal dono del battesimo che ci vuole estroversi, capaci di suscitare interesse per il Vangelo, che ci fa assaporare la Buona Notizia. Buon Mese missionario a tutti!».

Alessandro Venticinque

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