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«Spero che questo “digiuno” di comunione faccia tornare più forte la fame e la sete di Dio e della comunità»

Intervista a don Carlo Confalonieri 

Don Carlo Confalonieri è parroco nella chiesa di San Giovanni Battista, in via Fogagnolo angolo via Savi a Sesto San Giovanni, “zona gialla” come tutta la Lombardia.

Come sta accanto ai suoi fedeli in questa situazione?
«Con grande semplicità, passando molto tempo in chiesa, che fortunatamente può restare aperta tutto il giorno o in ufficio: ho mantenuto i tempi consueti di apertura».

Che brani del Vangelo, che esempi, che parole semplici usa per confortarli?
«Ecco, sì, proprio le parole semplici, quelle che danno il nome giusto alle cose e aiutano ad avere uno sguardo profondo sulla vita e sulla storia. Di certo – lasciatemi usare un pizzico di ironia – non citerei il libro dell’Apocalisse, ma le tante pagine del Vangelo in cui ci viene ripetuta la frase: “Non temere”».

Come uomo e come prete come sta vivendo questo momento?
«Personalmente non sono affatto preoccupato dal punto di vista sanitario. Lo sono dal punto di vista delle relazioni: mi preoccupa il fatto che questa situazione acuisca quel clima di reciproca sfiducia e sospetto che recentemente già troppe dinamiche hanno innescato nei confronti del fratello che ci sta accanto. Come prete mi costa molto non poter celebrare l’Eucaristia con il “mio” popolo: spero che questo “digiuno” di comunione eucaristica e di comunione fraterna faccia tornare a tutti più forte la fame e la sete di Dio e della comunità».

Sembra che la paura stia avanzando nelle nostre vite, molto più di quanto potessimo immaginare… 
«Temo sia questa abitudine ormai consolidata ad una vita performante, in cui la fragilità è considerata un difetto, un ostacolo. Quando poi la verità di questo lato fragile della vita esplode nella sua evidenza, ecco che non siamo in grado di accettarla né di gestirla».

Che ruolo ha Dio nella vita delle persone?
«Dio è nostro alleato per il bene, come ci ricorda costantemente il nostro Arcivescovo Mario Delpini. Ma da Adamo in poi la tentazione è quello di sospettare di lui, di considerarlo un antagonista dell’uomo. Ancora una volta la nostra fede è messa alla prova, non da Dio, ma dalla vita, dagli eventi della storia: ci viene ricordato che non possiamo credere a Dio nella misura in cui ci favorisce».

Come stanno vivendo questo tempo i suoi parrocchiani?
«A me sembrano sostanzialmente tranquilli, almeno quelli che incontro e quelli con i quali scambio messaggi. Certamente c’è un grande senso di responsabilità e di premura verso gli altri …e verso se stessi».

Zelia Pastore

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