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Una vita da rider

Vi portiamo con noi alla scoperta del delivery food

Per raccontarvi meglio il mestiere del rider, o più comunemente chiamato fattorino, abbiamo deciso anche noi di metterci in strada con uno di loro. Una professione, questa, che da qualche anno sta prendendo sempre più piede, anche nel nostro Paese. Giovani studenti, ragazzi immigrati o persone più in là con gli anni che hanno perso il lavoro, decidono così di iscriversi in una delle tante aziende che fa consegne di cibo a domicilio e partire… con qualsiasi mezzo (bici, auto, scooter e non solo). In questi ultimi anni si sta discutendo molto sui diritti di questi rider, da una giusta paga fino all’assicurazione di copertura in caso d’infortunio. Ma in tutto questo sono le aziende a guadagnarci sulla pelle dei lavoratori? Abbiamo contattato un ragazzo di loro e ce lo siamo fatti raccontare, durante il turno di sabato sera. Buona lettura!

Prima che Mario cominciasse a consegnare, gli abbiamo fatto alcune domande per capire meglio come funziona il suo lavoro.

Mario, effettuando consegne quanto si può guadagnare al massimo in un mese?
«Facendo tante, tantissime, ore si arriva a guadagnare anche 3.000 euro al mese».

Mediamente a consegna quanto si prende?
«Il pagamento a consegna cambia a seconda della distanza e del mezzo usato: quelle in bici sono pagate di più rispetto a quelle in moto o in macchina. Con questi due mezzi, andando più veloce, fai più consegne. Io mi muovo in bici e una consegna viaggia a minimo 4 o 4,5 euro lordi. Le consegne più distanti sono pagate anche 8 o 9 euro. Per chi è senza Partita Iva, bisogna togliere il 20% dal compenso, che arriva il mese dopo. Ogni tanto Deliveroo ci concede dei bonus: qualche volta il venerdì e il sabato sera il guadagno per ogni ordine è moltiplicato per 1,2. Inoltre, è prevista una maggiorazione per consegne dopo mezzanotte, in caso di maltempo e in giorno festivo (da contratto le domeniche sono considerate feriali, ndr)».

Come prenotavate gli orari di lavoro fino a poche settimane fa?
«Fino a inizio novembre, se durante una settimana avevi lavorato nelle ore considerate “di punta”, ovvero quelle serali di venerdì, sabato e domenica, accedevi al portale prenotazioni alle 11 il lunedì della settimana seguente, e fissavi le ore di lavoro. Se non avevi lavorato in tutte quelle ore di punta accedevi alle 15, se non avevi invece prestato servizio nel weekend precedente, ti potevi segnare a partire dalle 17. Prenotandoti a quest’ora non ti rimaneva però quasi nessun orario disponibile. Era un metodo considerato discriminatorio, perché solo se facevi le ore al weekend, di fatto, potevi fare consegne nella settimana seguente».

Ora le cose sono cambiate…
«Sì, da novembre il sistema di prenotazioni qui non c’è più. Ad Alessandria puoi andare online quando vuoi e rimanerci tutto il tempo desiderato».

Ci sono altre modifiche contrattuali in vista?
«Non sappiamo se Deliveroo andrà avanti a lungo con questo nuovo sistema. Alcune catene come JustEat hanno deciso di assumere i lavoratori facendoli diventare dipendenti. In questo modo i rider avranno stipendio garantito e ferie, ma chi faceva due o trecento euro al mese probabilmente non avrà più lavoro: le catene, infatti, non hanno interesse ad assumere chi lavorava poche ore, ma solo quelli che ne facevano minimo otto al giorno. Anche per loro i compensi mensili saranno inferiori: verosimilmente si vedranno ridotti i guadagni a 1.000 o 1.500 euro».

A livello di assicurazione?
«C’è un’assicurazione di Deliveroo, di cui fortunatamente non ho mai avuto bisogno, che ti copre in caso di incidente. Non c’è copertura Inail perché siamo lavoratori autonomi e non dipendenti. Il mezzo, l’assicurazione dello stesso e il suo mantenimento sono a nostro carico. Se al rider viene rubata la bici con cui esegue le consegne, è un problema suo e l’azienda non può intervenire».

Tu hai fatto consegne durante i periodi prima, duarante e dopo il lockdown. Com’è cambiata la situazione in quanto a numero di consegne?
«Deliveroo, con il lockdown, ha deciso di assumere molte persone tra marzo e giugno. Da quel momento però c’è stato il calo maggiore di ordini e molti dei nuovi assunti hanno ridotto drasticamente il numero di consegne o hanno smesso del tutto. Da luglio c’è stato un nuovo aumento delle ordinazioni, mentre adesso siamo quasi ritornati alla situazione di marzo, con tanti ordini , ma anche tanti rider».

A che punto si arriverà con le consegne a domicilio?
«Come abbiamo detto prima, c’è stato un forte aumento delle consegne negli ultimi mesi. Ma penso che il settore delle consegne a domicilio avrà uno sviluppo anche dopo la fine di questa pandemia».

Com’è la città adesso? Che effetto fa ora girare per strada?
«Adesso non fa tantissimo effetto perché c’è più gente per strada. A marzo e per i due mesi seguenti, invece, l’atmosfera era surreale. I gestori dei ristoranti in cui di solito nei weekend si registra un alto flusso di clienti, a marzo erano “asserragliati” dentro il locale, al massimo con una lampadina accesa (sorride). Per farmi aprire dovevo suonare il campanello e mi passavano gli ordini dalla porta».

Consiglieresti il tuo lavoro ad altri?
«Avrei consigliato sicuramente questo lavoro qualche mese fa, adesso non lo consiglierei perché hanno assunto tantissime persone. Prima invece c’erano meno rider e più ordini per ognuno. Tuttavia, credo sia ancora un buon “lavoretto” per un giovane che voglia mettere da parte qualcosa occupandosi in questo mestiere qualche ora la settimana».

Marco Lovisolo

Abbiamo seguito il turno di un rider sulla sua bici

È sabato sera, giorno di punta per le consegne a domicilio, sono circa le 19.30 e incontriamo Mario (nome di fantasia, perché abbiamo voluto mantenere l’anonimato del ragazzo). Ci racconta che ha iniziato a lavorare per Deliveroo da più di un anno, ancor prima dell’emergenza Covid. Anche nella nostra città il fenomeno del delivery food ha preso sempre più piede, e come in tutta Italia, soprattutto nei giorni del pieno lockdown.

E proprio di quei giorni Mario ci parla: giorni in cui alla sera, in giro per Alessandria, c’erano solo rider, qualche pattuglia e un paio di persone a spasso con il cane. Totalmente immersi nel silenzio, a sfrecciare per la città con qualsiasi mezzo: dall’auto alla moto, passando per la bici o il più originale monopattino elettrico. Tanti giovani come Mario che, tralasciati i panni di universitari di giorno, diventano fattorini di sera. Ma anche qualcuno più grande che magari ha perso il lavoro e si reinventa in questa professione.

Dopo la nostra chiacchierata partiamo. Sono le 19.50 e Mario è pronto: indossa casco e zaino griffati “Deliveroo”, e monta in sella alla sua bici. Appena entra “online” sull’applicazione dell’azienda arriva subito il primo ordine, direttamente dal ristorante indiano. Con la richiesta di consegna arriva anche la paga per quel servizio (che si può decedere se accettare o rifiutare, in base alla retribuzione o al luogo della consegna): si tratta di 5,83 euro (lordi). Noi saliamo in macchina, muniti di mascherina e autocertificazione, e lo seguiamo. Arrivati al ristorante e prelevato il pacco da consegnare, Mario ci spiega subito che quel cibo era “fermo” e freddo, in attesa di un rider, dalle 19.32, ma nessuno aveva evidentemente preso la prenotazione. Capita spesso. Adesso bisogna consegnare il cibo a casa, lo seguiamo e alle 19.57 ha concluso il suo primo servizio di questo sabato.

Appena scese le scale, arriva subito un’altra notifica. Anche in questo caso sono circa 5 euro lordi. Ci muoviamo verso un locale in piazza della Libertà, e alle 20.07 prendiamo l’ordine. In questo caso non c’è molto da aspettare, in altre circostanze magari l’attesa è più lunga. Capita spesso, ci spiega il giovane, che magari in grandi catene di fast food ci sia tanto d’attendere: dai 20 ai 30 minuti, ovviamente tutto tempo perso che nessuno ti paga, essendo retribuiti a cottimo. Arriviamo a destinazione introno alle 20.19.

Qualche minuto di pausa, poi il telefono vibra ancora: questa volta è il turno di un’hamburgheria. La cifra è sempre intorno ai 5 euro, sempre lordi. Arrivati sul posto altri rider stanno prendendo degli ordini, entra anche il “nostro” ed esce con lo zaino pieno. Ci fa un cenno d’intesa e sale sulla sua bici, pronto per consegnare il cibo. Lo rincontriamo a destinazione intorno alle 20.30. Nell’attesa Mario ci spiega (con un velo d’ironia) che alcuni ordini non può accettarli, non per una paga troppo bassa o perché troppo distanti, ma perché il cartone di una determinata pizzeria è troppo grande e non entra all’interno del suo zaino Deliveroo. Succede anche questo, nella vita da rider.

Intorno alle 20.34 arriva un nuovo ordine. L’iter si ripete ancora una volta: prendere il pacco nel locale e portarlo a destinazione. Ci facciamo dare i due indirizzi e lo seguiamo. Dopo la consegna, rimaniamo a parlare ancora per qualche minuto. I fattorini stanno interessando e non poco l’opinione pubblica: da una parte ci sono i lavoratori che chiedono più diritti e dall’altra ci sono le aziende che provano a strappare dei compromessi. Qualcosa si sta muovendo e nel 2021 (con tutta probabilità) verranno riviste alcune condizioni di lavoro. Ma questo basterà per far contenti tutti? Il fenomeno del delivery food si sta ingrandendo, ma Mario ci racconta che non è questo il suo futuro: essendo studente, si augura di poter mettere da parte qualche soldo, per poi potersi dedicare alla professione che sogna.

Sono circa le 21 arriva l’ennesimo ordine, non c’è più tempo per parlare. Mario ci saluta, infila il casco e sale sulla sua bici, pronto per un altro servizio in giro per la città (quasi) deserta. Come lui chissà quanti rider, in questa fredda serata di sabato, stanno sfrecciando, con ogni tipo di mezzo, in fretta e furia per il proprio futuro.

Alessandro Venticinque

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