Il viaggio di papa Francesco: un reportage
Venerdì 5 marzo
La partenza
Il 33° viaggio apostolico di papa Francesco è partito venerdì 5 marzo alle 7.30, dall’aeroporto di Fiumicino. «Sono contento di riprendere i viaggi» ha detto il Papa alla partenza, a distanza di 15 mesi dall’ultima visita fuori dal Vaticano, prima della pandemia. Sul volo papale diretto a Baghdad anche 74 giornalisti, provenienti da 15 Paesi diversi.
Arrivo a Baghdad
Alle ore 14 l’arrivo all’aeroporto di Baghdad, accolto dalle autorità locali. «Questo viaggio era un dovere verso una terra martoriata» ha poi ribadito il Papa rivolgendosi al primo ministro iracheno Mustafa Al-Kadhimi, alle autorità civili e al corpo diplomatico. Pochi minuti dopo la cerimonia ufficiale di benvenuto nel Palazzo Presidenziale, mentre all’esterno, in una città completamente blindata da un ferreo lockdown, vengono fatte volare in cielo alcune colombe bianche in segno di pace.
«Tacciano le armi! Se ne limiti la diffusione, qui e ovunque! Cessino gli interessi di parte, quegli interessi esterni che si disinteressano della popolazione locale. Si dia voce ai costruttori, agli artigiani della pace!» il monito di Francesco. «La religione, per sua natura, dev’essere al servizio della pace e della fratellanza. Il nome di Dio non può essere usato per giustificare atti di omicidio, di esilio, di terrorismo e di oppressione» ha ribadito davanti alle autorità. Ricordando, infine, che «l’Iraq non è Iraq senza i cristiani». Di seguito la visita di cortesia al presidente della Repubblica Barham Salih nel suo studio privato.
Visita alla Cattedrale siro-cattolica
Dopo poche ore, il Santo Padre ha fatto tappa alla Cattedrale siro-cattolica di “Nostra Signora della Salvezza” nella capitale irachena. Qui nell’ottobre del 2010, durante la Messa, sono stati uccisi da un attacco terroristico legato ad Al-Quaeda 48 fedeli e due sacerdoti per i quali oggi è in corso la causa di beatificazione. «Possa il ricordo del loro sacrificio ispirarci a rinnovare la nostra fiducia nella forza della Croce e del suo messaggio salvifico di perdono, riconciliazione e rinascita. La loro morte ci ricorda con forza che l’incitamento alla guerra, gli atteggiamenti di odio, la violenza e lo spargimento di sangue sono incompatibili con gli insegnamenti religiosi» ha ripreso il Papa nel suo intervento rivolgendosi a sacerdoti, seminaristi e catechisti.
Sabato 6 marzo
Incontro con Grande Ayatollah
Alle 7.45 il Santo Padre è partito in aereo alla volta di Najaf, nel sud dell’Iraq, per far visita al Grande Ayatollah Sayyid Ali Al-Husayni Al-Sistani. L’incontro privato con il il leader sciita è durato circa quarantacinque minuti, così come spiega in una nota il portavoce del Vaticano Matteo Bruni. Per il Papa è un incontro per ribadire «l’importanza della collaborazione e dell’amicizia fra le comunità religiose perché, coltivando il rispetto reciproco e il dialogo, si possa contribuire al bene dell’Iraq, della regione e dell’intera umanità».
Francesco ha voluto ringraziare il Grande Ayatollah Al-Sistani perché «assieme alla comunità sciita, di fronte alla violenza e alle grandi difficoltà degli anni scorsi, ha levato la sua voce in difesa dei più deboli e perseguitati, affermando la sacralità della vita umana e l’importanza dell’unità del popolo iracheno». Dopo l’incontro, in una nota il leader sciita ha ribadito la convinzione che «i cittadini di fede cristiana debbano vivere come tutto il resto degli iracheni in pace e sicurezza, con tutti i loro diritti costituzionali garantiti».
Visita alla Piana di Ur
Intorno alle 11, il trasferimento a Nassiriya, dove il Pontefice ha tenuto un incontro interreligioso presso la Piana di Ur: luogo in cui, secondo la tradizione, Abramo parlò per la prima volta con Dio, luogo di nascita del padre che unisce ebrei, cristiani e musulmani. Le parole di Francesco, davanti a rappresentanti sunniti, sciiti, yazidi: «Questo luogo ci riporta alle origini, alle sorgenti dell’opera di Dio, alla nascita delle nostre religioni. Qui, dove visse Abramo nostro padre, ci sembra di tornare a casa. Qui egli sentì la chiamata di Dio, da qui partì per un viaggio che avrebbe cambiato la storia. Noi siamo il frutto di quella chiamata e di quel viaggio. Affermiamo che Dio è misericordioso e che l’offesa più blasfema è profanare il suo nome odiando il fratello. Ostilità, estremismo e violenza non nascono da un animo religioso: sono tradimenti della religione. Noi credenti non possiamo tacere quando il terrorismo abusa della religione. Sta a noi dissolvere con chiarezza i fraintendimenti».
Santa Messa nella Cattedrale Caldea
Dopo la Piana di Ur, Francesco è ripartito per Baghdad, dove alle 18 ha celebrato la Santa Messa nella Cattedrale Caldea di “San Giuseppe”. «Per il mondo, chi ha di meno è scartato e chi ha di più è privilegiato. Per Dio no: chi ha più potere è sottoposto a un esame rigoroso, mentre gli ultimi sono i privilegiati di Dio» un piccolo passaggio dell’omelia di Bergoglio.
Domenica 7 marzo
Tra le macerie di Mosul
Tappa centrale del viaggio di papa Francesco è Mosul, l’ex roccaforte dell’Isis. Ci è arrivato intorno alle 10, con i soldati di pattuglia appostati a ogni angolo. Il Pontefice ha camminato tra i resti delle macerie di Hosh al-Bieaa, la piazza delle quattro Chiese, dove nel 2014 l’organizzazione jihadista proclamò il califfato. In quell’occasione vennero distrutte le chiese siro-cattolica, armeno-ortodossa, siro-ortodossa e caldea: mezzo milione di persone, di queste oltre 120.000 cristiane, fuggirono dalle proprie terre. La voce del Santo Padre, tra il silenzio della piazza dell’Immacolata concezione, si è fatta preghiera «per tutte le vittime della guerra e dei conflitti armati. Com’è crudele che questo Paese, culla di civiltà, sia stato colpito da una tempesta così disumana, con antichi luoghi di culto distrutti e migliaia di persone – musulmani, cristiani, yazidi che sono stati annientati, e altri – sfollati con la forza o uccisi».
Visita alla Cattedrale di Qaraqosh
La violenza dell’Isis, in particolare tra il 2014 e il 2017, ha colpito interamente la zona della Piana di Ninive, spostandosi poi in tutto il Paese asiatico. Delirio e terrore arrivati anche a Qaraqosh, altra tappa del pellegrinaggio di Bergoglio. La Cattedrale Immacolata Concezione nella cittadina nel nord dell’Iraq, nell‘agosto 2014 venne vandalizzata, profanata e bruciata dagli jihadisti del Daesh. Francesco visita una comunità ferita e ascolta le testimonianze di Doha Sabah Abdallah, che ha perso un figlio ucciso dall’Isis, e del sacerdote Ammar Yako.
Poi pronuncia le sue parole, tra la folla e i tanti bambini con in mano fiori e bandiere irachene: «Con grande tristezza ci guardiamo attorno e vediamo i segni del potere distruttivo della violenza, dell’odio e della guerra. Questo incontro dimostra che il terrorismo e la morte non hanno l’ultima parola. L’ultima parola appartiene a Dio e al suo Figlio, vincitore del peccato e della morte. Adesso è il momento di ricostruire e ricominciare, affidandosi alla grazia di Dio. Non siete soli! La Chiesa vi è vicina, con la preghiera e la carità. In questa regione tanti vi hanno aperto le porte nel momento del bisogno. Il perdono è necessario per rimanere nell’amore, per rimanere cristiani. La strada per una piena guarigione potrebbe essere ancora lunga, ma non scoraggiatevi».
Santa Messa allo stadio di Erbil
È a Erbil, nella Regione autonoma del Kurdistan iracheno, che papa Francesco ha voluto terminare la sua visita in Iraq. La città più antica del mondo che negli ultimi anni, oltre ai rifugiati siriani ha accolto nei suoi campi profughi circa 540.000 sfollati iracheni, giunti qui dal resto del Paese, in particolare Qaraqosh e Mosul, per sfuggire al Daesh.
Il Papa ha tenuto la Messa nello stadio Franso Hariri, davanti a diecimila fedeli presenti: «La via di Gesù ci libera da un modo di intendere la fede, la famiglia, la comunità che divide, che contrappone, che esclude, affinché possiamo costruire una Chiesa e una società aperte a tutti e sollecite verso i nostri fratelli e sorelle più bisognosi. E nello stesso tempo ci rafforza, perché sappiamo resistere alla tentazione di cercare vendetta, che fa sprofondare in una spirale di ritorsioni senza fine».
Il Santo Padre ha quindi ringraziato la Chiesa in Iraq «che con la grazia di Dio, ha fatto e sta facendo molto per proclamare la sapienza della croce, diffondendo la misericordia e il perdono di Cristo, specialmente verso i più bisognosi. Anche in mezzo a grande povertà e difficoltà. Oggi, posso vedere e toccare con mano che la Chiesa in Iraq è viva, che Cristo vive e opera in questo suo popolo santo e fedele».
Incontro con Abdullah
Al termine della Messa allo Stadio “Franso Hariri” a Erbil, papa Francesco ha incontrato Abdullah Kurdi, il padre del piccolo Alan, naufragato con il fratello e la madre sulle coste turche nel settembre 2015, mentre con la famiglia tentava di raggiungere l’Europa. Abdullah ha regalato a Francesco un quadro in cui viene ritratta l’immagine iconica del figlio privo di vita. Dopo l’incontro, il Papa è ritornato a Baghdad con un volo aereo.
Lunedì 8 marzo
Partenza da Baghdad e conferenza stampa
Alle 9.40, all’aeroporto della capitale irachena, il Santo Padre ha partecipato alla cerimonia di congedo prima della sua partenza. Sul volo, la consueta conferenza stampa ha scandito il suo rientro in Italia.
«Dopo questi mesi di prigione, che davvero mi sentivo un po’ imprigionato, questo è per me rivivere. Rivivere perché è toccare la Chiesa, toccare il santo popolo di Dio, toccare tutti i popoli» ha esordito il Papa davanti ai giornalisti. Durante la conferenza anche un momento di riflessione sull’8 marzo, la festa della donna: «Le donne sono più coraggiose degli uomini, questo è vero, lo sento così. Ma la donna anche oggi è umiliata. Andiamo a quell’estremo: non so chi, una di voi mi ha fatto vedere la lista dei prezzi delle donne… Io non potevo credere: se la donna è così, costa tanto, costa… per venderle. Le donne si vendono, le donne si schiavizzano. Anche nel centro di Roma. […] Ma le donne sono schiave ancora e dobbiamo lottare, lottare, per la dignità delle donne. Sono coloro che portano avanti la storia, questa non è una esagerazione: le donne portano avanti la storia. E non è un complimento oggi, nel giorno delle donne, ma è vero. La schiavitù è così, il rifiuto alla donna…».
Prima di scendere dal volo aereo, Bergoglio ha aperto a un futuro viaggio: «Il Libano soffre, il Libano è più di un equilibrio, ha la debolezza delle diversità, alcune ancora non riconciliate, ma ha la fortezza del grande popolo riconciliato, come la fortezza dei cedri. Il Patriarca Raï mi ha chiesto per favore, in questo viaggio, di fare una sosta a Beirut, ma mi è sembrato un po’ poco. Una briciola davanti a un problema, a un Paese che soffre come il Libano. Gli ho scritto una lettera, ho fatto la promessa di fare un viaggio».
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