L‘incontro di aggiornamento degli insegnanti di religione della diocesi del 25 febbraio ha preso le mosse dalla figura di Van Gogh. Il professor Roberto Filippetti (in foto qui sotto) ha esposto ai docenti la vita e le opere principali del pittore nella presentazione intitolata “Van Gogh. Un grande fuoco nel cuore”. Filippetti ha cercato di stimolare una riflessione a partire dai dipinti del tormentato pittore. Angelo Teruzzi, direttore dell’Ufficio scuola e insegnanti di religione, ha introdotto e chiuso la serata, nata con l’obiettivo di fornire spunti ai docenti per trasmettere ai loro studenti un rinnovato amore per la Bellezza.
Abbiamo sentito tre insegnanti per sapere cosa hanno ricavato di utile e di positivo da questo incontro, in particolare per il loro lavoro con i ragazzi. A rispondere alle nostre domande sono stati Maria Elena Sacco, maestra alla scuola primaria “Villaggio Europa” nell’istituto comprensivo “Galilei”, Daniele Passo, professore all’istituto comprensivo “De Amicis – Manzoni”, e Maria Morabito, che insegna all’istituto superiore “Benvenuto Cellini” di Valenza.
Partiamo con una domanda provocatoria… che cosa c’entra Van Gogh con l’ora di religione?
Sacco: «Il legame tra le due cose va a differenziarsi tra le diverse scuole in cui si insegna. Io, insegnando alla scuola primaria, penso che utilizzerò le opere di Van Gogh e le parole di Filippetti sullo “stupore”: in terza elementare il programma di religione presenta proprio lo studio dello stupore provato dall’uomo dagli albori della sua storia fino a oggi. I primi uomini davanti a eventi naturali stupefacenti tentavano di ricondurli a un essere superiore. Van Gogh è un ottimo esempio di come dallo stupore per un’opera si possa andare oltre. Penso a dipinti come “Il seminatore”, o a quelli legati alla Pasqua, che verranno utilizzati a lezione e mostrati ai bambini, anche usando la Lim (Lavagna interattiva multimediale, ndr). Possiamo mescolare l’arte con la religione: ai bambini piace guardare qualcosa e immaginare qualcos’altro».
Passo: «Il collegamento sta nel fatto che quest’uomo ha avuto un anelito inesauribile verso l’infinito, di cui le sue opere sono uno specchio. Van Gogh, con questa sete di infinito e questa sua “pazzia”, rappresenta in realtà l’uomo di oggi. Lui più genuinamente ha quest’ispirazione verso l’alto e ha dato liberamente sfogo al suo desiderio, a differenza nostra, che invece spesso ci teniamo le cose dentro. Attraverso la figura di questo pittore possiamo trarre ispirazione per la riscoperta di un cristianesimo più autentico. Da insegnante, in un certo senso, ho tanti “Van Gogh” a lezione, che mi fanno anche domande provocatorie. Per me è stata una scoperta, sono rimasto molto colpito da questo personaggio».
Morabito: «All’apparenza sembra non esserci alcun nesso, ma non è così. La forza di Van Gogh è nel desiderio, il titolo dell’incontro lo mostra e ci indica che è proprio l’uomo che ci colpisce. Il discorso di Filippetti ha spesso toccato le lettere di Vincent, in cui si palesano il tormento e la follia del pittore. Il collegamento sta proprio nella forza del desiderio verso l’infinito di Van Gogh, desiderio fortemente riconoscibile nei ragazzi e spunto utile per le nostre lezioni. Questa tensione verso l’infinito è poi la base del cristianesimo. Van Gogh forse non ha trovato nella vita qualcosa che potesse fargli intravedere il senso. Credo sia importante parlare ai ragazzi, specialmente in un’età come quella dei miei alunni. Dobbiamo far capire che il senso della vita va cercato dentro noi stessi. Ritengo che sia uno spunto molto valido, proprio perché non scontato».
Riprendendo “L’idiota”, capolavoro di Dostoevski, il professor Filippetti dice che «la bellezza salverà il mondo». Sarà davvero così?
S.: «La bellezza deve trasmettere il bello del vivere. Io mi sento chiamata a farlo sia come madre sia come insegnante. Per i bambini il ritorno a scuola è stata la felicità e, nonostante le regole, per loro è stato davvero bello. Il bello va trasmesso, possiamo appassionare i bambini alle cose belle. Io ci credo molto… anche in questo momento difficile per la pandemia, la bellezza potrebbe davvero salvare la situazione. Con i bambini poi possiamo lavorare davvero bene, sono più spensierati ed è più semplice renderli entusiasti. Dobbiamo essere bravi a trasmettere loro l’amore per la bellezza, perché ci seguiranno: i bambini vanno molto dietro a chi li guida».
P.: «Sì, ma il problema oggi è far scoprire la bellezza, che ormai fatichiamo a trovare dentro di noi. Negli ultimi anni c’è una visione molto più negativa, dovuta anche a una nostra superficialità. Manca un’educazione alla bellezza, non solo a quella delle opere di Van Gogh. Manca un’educazione familiare, i ragazzi non vanno quasi mai con i genitori a vedere un museo o a osservare la natura».
M.: «Secondo me sì, la bellezza ha da sempre una forza attrattiva nei confronti degli esseri umani. La bellezza è anche un cammino di ricerca che porta al dialogo, all’evangelizzazione. In ciò si gioca molto del nostro essere credibili, come ci hanno ricordato Benedetto XVI e papa Francesco. Tante volte i ragazzi vivono la religione come qualcosa di già conosciuto; stupirli invece è un modo per intercettare anche quelli più distanti. Quest’insoddisfazione che i ragazzi vivono dentro di loro, se trova una risposta di tipo religioso genera un riscontro interessante».
I ragazzi riescono a recepire la bellezza e ad andare in profondità? Possono trovare utile tutto ciò nella loro vita?
S.: «Penso che tutte le proposte sul “bello” debbano essere recepite, sempre. Le proposte devono essere adeguate ovviamente al taglio dell’età. Il poter guardare un’opera, ed eventualmente andare oltre, trovo sia uno spunto davvero importante per la nostra ora di religione. E credo possa servire anche ai ragazzi».
P.: «Da insegnante mi trovo a dire che se non passano alcuni messaggi la colpa è anche nostra. Se noi trasmettiamo entusiasmo siamo convincenti, altrimenti no. Questo vale per tutte le materie: se si trasmette passione si riesce a coinvolgere i ragazzi i quali, ne sono convinto, si lasciano coinvolgere, anche se riconosco di essere un inguaribile ottimista. Se colgo la bellezza che mi circonda questo è molto utile, anche per un ragazzo. La bellezza è molto più alla portata di quanto crediamo: si trova in quello che ci circonda, poi c’è la gioia di sentirsi amati, che è qualcosa di religioso. La bellezza ce l’abbiamo già ma tante volte non la vediamo. Se noi guardiamo gli occhi di Van Gogh immortalato nei propri dipinti, possiamo cogliere gli occhi di “ricerca”: occhi che cercano la bellezza di cui parliamo».
M.: «A me è capitato nel mio istituto di collaborare molto tra docenti, anche con quelli di storia dell’arte. Ho notato che di fronte a un’opera d’arte i ragazzi talvolta si stupiscono, alcune volte si interrogano con profondità sull’oggetto artistico che hanno di fronte, pur non avendo magari ancora tutte le nozioni tecniche per comprenderlo. Farli ragionare sulla bellezza di un’opera e stimolare la loro riflessione è un approccio vincente, perché concede agli studenti di analizzare opere importanti senza che questo sapere sia troppo formale o “istituzionale”. Dobbiamo stupire i ragazzi educandoli al senso della meraviglia, partendo anche da un’esperienza semplice. In questo modo loro si aprono a un incontro con la religione e con Cristo».
Marco Lovisolo