Conflitto in Ucraina: la parola al nostro Vescovo
Monsignor Gallese, il presidente dell’Ucraina Zelensky dice che è già iniziata la Terza guerra mondiale. Quindi i progetti, il bene che abbiamo in mente per noi e per le persone che amiamo, che fine faranno? Il Signore dov’è?
«Trovo che questo sia un momento drammatico della storia dell’uomo, perché è un punto di svolta. In molti hanno la percezione che siamo di fronte a un bivio. E proprio in un momento così drammatico dovremmo fare alcuni passi come cristiani. Il primo è il digiuno dalle cretinate e dal sovraffollamento delle informazioni, perché dobbiamo essere lucidi, sobri e profondi. Chi vive nel silenzio riesce a essere profondo, chi si impegna a cercare qualcosa che è al di là dello stretto materiale riesce a vivere nel profondo. Richiede sforzo, ma dovremmo vivere questo momento non come una banda di ubriachi condotti da chissà chi, verso chissà dove, tanto è indifferente. Scegliamo di essere sobri, invece».
La sobrietà è sufficiente per rispondere alle domande che abbiamo tutti di fronte a questa guerra?
«Le domande che si affollano nei nostri cuori e nelle nostre menti sono tante: “Io che cosa posso fare?”. Noi abbiamo questa passione del fare, ma di fronte alle guerre dobbiamo chiedere a Dio che agisca e intervenga. Veramente ci vuole un miracolo, un’azione di Dio, uno dei suoi colpi come è capace di fare solo Lui. Per questo va cercata una relazione profonda con Dio, dobbiamo pregare e digiunare. La preghiera dev’essere del cuore, solo così muove la vita. E il digiuno dev’essere anch’esso del cuore».
Che cos’è il “digiuno del cuore”?
«Non è una prova di forza o un atto masochistico di privazione, ma è quello che abbiamo sentito risuonare nel Vangelo di domenica scorsa: “Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”. Il digiuno è per dire: “Quello che veramente importa, Signore, non è la materialità della mia vita, ma la tua Presenza. Perché tu fai la differenza”. Il digiuno serve a portare in noi questo pensiero e a incarnarlo nella concretezza della nostra vita. Per questo non devo misurarmi come se dovessi andare in palestra, come se facessi 20 chilometri sul tapis roulant o sollevassi un quintale di pesi… Il digiuno è mettersi col cuore e dire: “Ho bisogno di Te, Signore, prima di qualsiasi altra cosa, prima del cibo”. E la preghiera chiede a noi delle cose analoghe».
Come si fa a pregare per la pace?
«Quando ci mettiamo a pregare per la pace dobbiamo farlo con il cuore. Non basta recitare una formuletta… La preghiera dev’essere veramente il grido di un figlio, una richiesta di aiuto, il favore che chiediamo a un Padre dal quale sappiamo di essere amati. Ecco, se la preghiera è così, allora dobbiamo imparare a scoprire quanto siamo “guerrafondai” nella vita di tutti i giorni. E debellare questo atteggiamento, se siamo coerenti con quello che chiediamo. La pace è una fatica: non è una situazione statica, è il frutto di un intenso lavoro. Non è il sasso fermo su una pianura. Gesù ci ha detto che se noi vogliamo la misericordia di Dio dobbiamo avere misericordia con i fratelli, altrimenti Dio non ci ascolta. Noi non possiamo chiedere la pace e non fare pace nella nostra vita. Questo significa collaborare, volerci bene, perdonare, passare sopra le cose, avere uno sguardo positivo, andare incontro per primi agli altri. È uno stato interiore che dovrebbe essere “l’abc” della vita cristiana, ma noi lo dimentichiamo. Almeno in questi momenti torniamo a essere cristiani, torniamo a essere come Gesù Cristo, Colui che ha amato i suoi nemici. Sia chiaro: tutte le iniziative di solidarietà vanno fatte, senza alcun dubbio. Però, come Vescovo, mi sento di richiamare a uno “specifico” cristiano: una preghiera per la pace fatta col cuore, e dunque sorgente di un modo di interpretare e vivere la vita non da ipocriti».
Che cosa dobbiamo chiedere nella preghiera? Che finiscano le ostilità, o che si impari a convivere con questa guerra? Per il Covid si è pregato tanto affinché finisse, eppure…
«Mi sento di dire che dobbiamo chiedere la pace. E dobbiamo chiederla come fosse un potente grido del cuore. Un grido che nasce dal profondo di noi e coinvolge tutta la nostra vita. Sì, per il Covid abbiamo pregato, ma la grande preghiera corale devo ancora vederla. E spero di vederla in questa occasione. Ci sono state comunità che, nel passato, si sono mosse come un solo uomo per chiedere cose a Dio. Noi abbiamo ancora uno stile molto individuale, in cui ognuno fa il suo. Ma dobbiamo avere la forza e la potenza di chiedere la pace a Dio dal profondo del cuore. Insieme. Se il Signore non trovasse il modo di esaudire una tale preghiera, perché ricordiamoci che la libertà dell’uomo è invalicabile, certamente dobbiamo cercare di vivere questa dolorosa situazione in modo cristiano».
Eccellenza, Dio però ha permesso le guerre, i campi di concentramento… Perché ci ha lasciato questa libertà di fare il male?
«Dio ha permesso la libertà, perché senza questa non ci sarebbe l’uomo. Dal momento in cui togli la libertà, l’intelletto dell’uomo sarebbe sotto tortura, perché ciò che capisce non potrebbe sceglierlo. E non avrebbe senso, perché libertà e intelletto sono connessi completamente in un solo dono, che è l’anima razionale. Senza libertà, senza intelletto, non ci sarebbe uomo. Non ci sarebbe la differenziazione tra uomo e animale, così ci racconta la Creazione. Per questo la libertà è un dono di Dio che porta con sé una responsabilità. Se viviamo così come viene, viviamo come gli animali. L’uomo deve imparare a diventare uomo. Può anche scegliere di essere animale, e abbiamo avuto anche diversi esempi nella Storia… Ma essere uomo non è un dato di fatto, è un traguardo: lo sei ontologicamente, ma devi comunque diventarlo. Siamo passati attraverso le guerre perché non vogliamo capire. Ma dovremmo anche comprendere che noi possiamo fermare le guerre rivolgendoci a Dio. Preghiamo e digiuniamo! In Cattedrale il Santissimo Sacramento è esposto tutti i giorni: attende la preghiera per la pace di tanti cuori, di tante vite».
Andrea Antonuccio
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