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Laboratori di fraternità

Verso le Unità pastorali: intervista a monsignor Guido Gallese

Eccellenza, la scorsa settimana sono iniziati i “Laboratori di fraternità”, di cui abbiamo già dato notizia su Voce. Ce li racconta?

«Questi Laboratori sono composti dai nove sacerdoti moderatori delle Unità pastorali, e da quattro rappresentanti di ogni Unità chiamati dal moderatore. Sono un luogo in cui si lavora per costruire una fraternità, cioè una modalità di stare insieme da fratelli. Come viene descritto nel Nuovo Testamento, in cui si vede che le comunità sono caratterizzate da questa vita di condivisione e amore. E c’è il dato teologico: siamo fratelli in quanto effettivamente figli di uno stesso Padre. Quindi il Laboratorio di fraternità è il “cuore” delle nostre Unità pastorali: persone che vivono come una famiglia, come fratelli. Persone che vivono la vita cristiana».

Come dovrebbe essere la vita cristiana nelle Unità pastorali?

«È fatta da una comunità che vive tutte le dimensioni che sono narrate negli Atti degli Apostoli. Perché se nessuno di noi è in grado di vivere ciò che viene detto negli Atti e nel Nuovo Testamento, allora capite bene che il nostro essere Chiesa è un po’ come quelle scenografie da film del Far West: c’è la facciata dell’edificio, ma dietro non c’è l’edificio! Ma se vogliamo chiamarla comunità cristiana, che ci sia almeno qualcuno che vive tutte le dimensioni della vita, riassunte nelle quattro coordinate dettate da papa Francesco nell’udienza del 25 novembre 2020, ribadite anche nella Udienza con la nostra Diocesi del 17 settembre: “Erano perseveranti nell’insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere” (At 2,42)».

Non è tanto facile vivere queste coordinate…

«Il Vangelo è talmente impegnativo ed esigente che tendiamo a farci degli sconti. Ma dentro un’Unità pastorale ci vuole qualcuno che provi a vivere senza “se” e senza “ma” la vita cristiana. Il Laboratorio di fraternità ha questo obiettivo, e lo persegue in un contesto di condivisione, cercando di costruire una vita di fraternità tra i suoi membri».

Nei primi due incontri del Laboratorio che cosa ha visto?

«Tante persone che ancora non si conoscono bene e non sono abituate a interagire. È un inizio: vedremo se effettivamente da questo gruppo eterogeneo e “monadico”, diciamo così, uscirà fuori qualcosa di unitario. In molti laici ho anche visto che questi Laboratori sono stati percepiti come una novità, come un “finalmente!”. Lo scopo non è creare dei consigli d’amministrazione, ma vivere la Chiesa. Il Nuovo Testamento ci trasmette l’insegnamento di Gesù, non solo la Parola di Dio, su cui preghiamo e facciamo condivisione, ma anche l’insegnamento che viene dalla trasmissione del deposito della Fede nei secoli attraverso il Magistero della Chiesa. In modo particolare tra noi, ad Alessandria, questo avviene attraverso il Vescovo, che è successore degli Apostoli e quindi ha il compito di tramandarne l’insegnamento. Chi prescinde dal rapporto con il proprio vescovo intraprende una strada che lo porta fuori dalla Chiesa. La Chiesa funziona in un altro modo: è nella comunione tra pastori e popolo di Dio che si genera una vita cristiana vera».

Questi Laboratori sembrano interpellare i laici molto da vicino.

«Nella comunità ci sono i pastori. Nei Laboratori abbiamo coloro che saranno i moderatori delle Unità pastorali: i presbiteri, in virtù del sacramento dell’Ordine, hanno un compito di discernimento sui carismi. Prima di tutto delle persone che fanno parte della comunità, e poi di discernimento, anche profetico, nel leggere la realtà alla luce della Parola di Dio. Ma quando noi guardiamo nel Nuovo Testamento ci rendiamo conto che il pastore, il presbitero, in una comunità non è l’unico depositario di tutto questo, cioè non è quello che dice: “Adesso facciamo così” e tutti fanno così, e punto e chiuso. Nella comunità cristiana ci sono dei profeti: non necessariamente sono presbiteri, anzi, solitamente sembrerebbe di no. Nel senso che non troviamo spessissimo degli indizi che ci dicano che i profeti sono persone col sacramento dell’Ordine… I profeti sono coloro che leggono la Parola di Dio nell’oggi: leggendo la Parola di Dio sono capaci, per un carisma che hanno ricevuto, di leggere la Parola nell’oggi della comunità».

E il ruolo dei pastori?

«Il pastore, quando ha a che fare con laici vivi, è collaboratore della loro gioia. Questa è la grande sfida, dove il punto è avere una comunità gioiosa! Altrimenti a che cosa si collabora? Il Papa dice: “A volte davanti, a volte in mezzo, a volte dietro”, a seconda di come si esprime lo Spirito e attraverso chi. Certamente, avere un laicato vivo chiede una cura più impegnativa rispetto a un laicato morto. I morti, una volta seppelliti, vanno avanti per conto loro (sorride)… Ma credo che faticare con i vivi valga decisamente la pena!».

Andrea Antonuccio

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