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Speciale Centauri/4: Paolo Simoncelli, papà di “Sic”

Speciale Centauri 2o23

Marco Simoncelli, “Sic”, come lo chiamano tutti, è nato a Cattolica il 20 gennaio 1987, ma ha sempre vissuto a Coriano, in provincia di Rimini. È stato campione del mondo della classe 250 nel 2008, e poi è approdato alla Moto GP. Ha perso la vita a soli 24 anni, il 23 ottobre del 2011, durante il Gran Premio di Sepang, in Malesia. Dopo la sua morte il padre Paolo (nella foto) ha creato la Fondazione “Marco Simoncelli”, che si occupa di progetti umanitari legati allo sport e alla formazione di giovani in difficoltà.

Paolo, chi era Marco?

«Parti cattivo (sorride). Marco era un ragazzo normalissimo, semplice che inseguiva il suo sogno. E lo ha inseguito fino in fondo, fino alla fine. Direi che era un ragazzo, un figlio normale a cui piaceva stare in famiglia e con gli amici… Voleva bene a tutte le persone che aveva intorno».

Immagino il dolore di quel giorno a Sepang… però tu adesso hai un volto sorridente. Ci dici come fai?

«Io credo che la tranquillità, il nostro star bene, mio e di mia moglie, dipenda proprio dal fatto che non abbiamo rimpianti. Ecco, abbiamo fatto tutto quello che serviva a Marco per essere felice, per inseguire il suo sogno. Rimpianti zero. E se il destino era questo, vaffanc… al destino».

Sei stato dal Papa, e mi pare che tu gli abbia anche detto delle cose rispetto al tuo rapporto con il suo “datore di lavoro”…

«(Sorride) È stato bellissimo, sono stato invitato dal presidente della Federazione e naturalmente sono andato. Anche perché questo Papa mi piace. Allora, arriviamo alla visita e tutta la delegazione era emozionata: ognuno aveva un regalino, alcuni si inginocchiavano e gli baciavano la mano. Quando è arrivato da me, gli ho preso il crocifisso che aveva al collo e gli ho detto: “Sono arrabbiato col tuo capo”. E lui mi ha risposto: “Hai ragione”. Poi ci siamo abbracciati. Devo dire che è stato un momento speciale».

E da un dolore così grande è nato qualcosa di costruttivo: la Fondazione Marco Simoncelli.

«La Fondazione è stata una idea di Carlo Pernat, che era il manager di Marco, e onestamente io all’inizio non sapevo neanche cosa fosse. Poi, nel giro di qualche mese, ho dovuto fare dei “corsi accelerati”, perché la gente ci ha seguito in maniera esagerata. Quindi dovevamo far qualcosa e farlo bene. Dopo di che, siamo diventati una onlus, e con il 5xmille continuiamo a fare progetti di vita. Sembra una stupidata, ma è difficile spendere i soldi degli altri. Non si deve sbagliare, perché chi ce li dà crede in noi. Quindi bisogna stare attenti».

All’inizio ti ho chiesto chi è Marco. Adesso ti chiedo: chi è Paolo Simoncelli, oggi?

«Un padre disperato, anche se non sembra. Porto avanti il nome di Marco, sia con la Fondazione sia con la squadra corse, che veramente mi aiuta a non morire, essendo impegnato con la testa e avendo le giornate sempre piene. Chi sono? Sono un uomo normale, e a volte incontro altri genitori che hanno avuto disgrazie più grandi delle mie. E negli abbracci riesco a comunicare, o a ricevere, qualcosa di strano. Per me l’abbraccio è una cosa importantissima».

Se avessi qui davanti Marco, che cosa faresti?

«Se l’avessi davanti, oggi, faremmo il bagno in piscina insieme. E lo abbraccerei (sorride). Dopo, ogni tanto, mi faceva anche arrabbiare, eh… Però, era un ragazzo veramente vicino a tutta la famiglia: il nonno, la nonna, la mamma, il babbo, la morosa. Pensa che la Kate (Fretti, la fidanzata di allora del figlio, ndr) è addirittura rimasta a vivere con noi, è diventata una seconda figlia. Questi sono i miracoli di Marco. Guarda, voglio raccontarti questo…».

Racconta.

«Qualche domenica fa ero ad Assen, in Olanda, per una gara del MotoGP. Ho incontrato delle persone e mi hanno fatto vedere i tatuaggi di Marco… Se potessi te ne farei vedere uno, bellissimo, che un signore si è fatto su una gamba, completo. Io mi emoziono sempre: perché si tatuano il nome di Marco e il 58, il suo numero, come un qualcosa di irraggiungibile, che gli dà la forza di andare avanti. La forza che gli fa cercare il meglio durante la giornata. E questa per me è una cosa emozionantissima (si commuove)».

Idealmente, davanti alla Madonna dei Centauri è come se ci foste anche tu e tuo figlio Sic.

«Certo! Un abbraccio grande a voi e a tutti i partecipanti a questa manifestazione. Un abbraccio grandissimo».

Testi raccolti da Andrea Antonuccio
Foto di Giorgio Ferrazzi

I Centauri in DIRETTA

Anche quest’anno seguiremo la 78a edizione dei “Centauri“.

Sabato 8 luglio dalle 18.30, sul piazzale del Santuario della B. V. della Creta di Castellazzo Bormida, ci sarà la presentazione delle delegazioni dei partecipanti al motoraduno. Al termine, il Rosario per i defunti, con monsignor Guido Gallese, vescovo di Alessandria.

Domenica 9 alle 10, sempre al Santuario, la Santa Messa dal vescovo. A seguire, il talk Benvenuti Centauri, con interviste e approfondimenti, condotto dal direttore di Voce Andrea Antonuccio. Tutto in diretta streaming su diocesialessandria.it/centauri2023

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