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Storie di salvezza e di esistenze rinnovate

Triduo di San Francesco

Lunedì scorso, 2 ottobre, in una delle serate del Triduo in preparazione alla Festa di S. Francesco, abbiamo organizzato un momento conviviale con apericena, e al termine abbiamo ascoltato le testimonianze di alcuni ragazzi della Comunità Cenacolo di Madre Elvira. La condivisione attorno alla tavola ha creato un clima fraterno e che ha permesso di gustare ancora meglio il momento di grazia delle testimonianze. Ed è stato davvero un momento di grazia!

Nicola e Raffaele, sono da circa un anno in comunità: storie dure di una vita prigioniera nelle tenebre della droga, e Dio che ti viene a prendere quando meno te lo aspetti, quando non vedi più una via d’uscita e ti resta solo il suicidio come soluzione. Sì, perché il Signore ti viene a cercare fino all’ultimo, fino in fondo, fino all’inferno da cui pensi di non poter più uscire, e la sua misericordia è più grande del Male e delle tenebre. Se afferri quella mano tesa sperimenti la potenza della risurrezione che ti fa rinascere, ricominciare la vita; ma lo fa attraverso una comunità, con il cuore di persone che ti amano, con le mani di fratelli che ti servono e ti accompagnano passo dopo passo, attraverso un’esperienza di fede che apre un senso nuovo ai nostri giorni.

La comunità è luogo di redenzione, di vita nuova, di rapporti fraterni sinceri, edificanti seppur faticosi, ma è la rigenerazione di persone, di anime, di storie che stavano per essere buttate nella spazzatura perché ormai inservibili.

Lukasz e Marco, dopo il loro percorso di recupero, desiderano prolungare la loro presenza in comunità per mettersi a disposizione dei ragazzi nuovi che arrivano, per aiutarli a vivere. E nella comunità scoprono un tesoro, uno stile di vita. Ecco allora che Lukasz si sposa, forma una famiglia, oggi ha quattro figli e tutti vivono in Comunità mettendosi a disposizione totalmente per i giovani.

Marco, dopo essere passato come ospite nella Comunità per guarire dalla droga, vi rimane poi per diversi anni a servire e guidare i giovani. Alla morte di Madre Elvira (avvenuta il 3 agosto scorso) si sente toccato e provocato da quella vita spesa per ragazzi drogati e decide di lasciare il lavoro, la casa e la vita in società che nel frattempo aveva ricostruito. Decide di lasciare tutto per tornare alla Comunità, chiedendo di essere mandato nelle case in terra di missione per aiutare i drogati.

È impressionante l’analisi che i ragazzi fanno delle loro storie. La droga è solo la conseguenza di ferite, problemi e vuoti che hanno sperimentato nelle loro famiglie: padri e madri che si separano, mancanza di dialogo in casa, genitori che non hanno mai tempo da dedicare ai figli… quindi subentrano le compagnie (e oggi il mondo dei social media) che diventano il rimpiazzo della famiglia, l’alternativa di un’educazione e il surrogato di un affetto che però è solo veleno.

La Comunità non toglie solo il dramma della droga ma aiuta a riconoscere queste ferite, a guarirle e a ricostruire l’esistenza. È un percorso non facile, a volte molto arduo, ma i ragazzi scoprono la presenza di Gesù, la preghiera, la vera amicizia, il dono di fratelli che si mettono a disposizione per aiutarti. E si ricomincia a vivere.

Lunedì sera, 2 ottobre, abbiamo potuto vedere come uno squarcio di Cielo. Le vite di questi ragazzi, la loro storia, è storia di salvezza, di redenzione, e ti viene da dire: davvero Gesù è risorto! Veramente è l’unico che può strappare l’uomo dalle tenebre e dalla morte per dargli nuova vita.

Padre Giorgio Noè

 

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